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L’adulto, il fanciullino e la Quaresima

Vi siete travestiti in modo originale? Avete lanciato coriandoli e stelle filanti? In bocca vi è rimasto ancora il dolce retrogusto di zeppole e chiacchiere?quaresima

Bene, allora vuol dire che avete festeggiato alla grande rispolverando la parte bambina che si nasconde in ogni adulto. E’ il famoso bambino interiore di junghiana memoria, che va alimentato perché è da qui che scaturiscono lo stupore, la creatività, la giocosità, il contatto con lo spirito, così come la vulnerabilità, il bisogno; insomma, quei lati di noi che ci rendono umani, sensibili, spontanei, trasparenti.

Purtroppo siamo talmente frastornati dalla carriera, dalla competitività, dall'avidità, da non essere più abituati a prestare voce a questo “fanciullino”: crescendo si mette in moto un sistema protettivo che utilizza alibi e maschere per affrontare la quotidianità. Con il rischio di non sapere neanche più chi si è veramente. Altro che Uno, Nessuno, Centomila!

Ma tornando al Carnevale, come tutti i divertimenti, perché rimanga tale non va protratto oltre il dovuto.

E così anche questa parentesi di trasgressione ora si chiude. Da un punto di vista simbolico il carnevale portando con sé caos e sregolatezza nell'ordinario quotidiano rappresenta una breve fase di rinnovamento.

Ancora una volta c’è un’ allineamento perfetto con i ritmi della natura, che richiede poi una buona depurazione per favorire la rinascita primaverile. Ecco dunque sopraggiungere la Quaresima, periodo di “disintossicazione” dai bagordi legati ai vizi capitali: il non mangiare carne, ormai, rimane una osservanza indicativa, visto il dilagare di svariate mode alimentari che la escludono a priori dai cibi concessi. Piuttosto, ciascuno dovrebbe individuare qual è la sua rinuncia personale ed impegnarsi poi a rispettarla per i quaranta giorni che trascorreranno, in attesa della solenne festa pasquale.

L’idea di sopportare un piccolo sacrificio, scelto personalmente, e legato alla propria capacità di resistere alla tentazione, aldilà del significato religioso che si trascina dietro, è comunque una forma educativa caduta, ahimè, in disuso e che invece tanto bene ci farebbe. Si tende a spianare il terreno ai figli, a smussare gli spigoli delle avversità invece che affrontarle, ad optare per la comodità a 360°, dimenticando che ci vuole un briciolo di allenamento anche in questo per non scoraggiarsi al primo ostacolo, e non mollare la presa davanti ad un imprevisto.

Lungi da me promuovere lo spirito masochistico: la vita non è sacrifico, ma è fatta di sacrifici, questo sì.

Dipende da come li si affronta. E’ cosa risaputa che i soldi non regalano la felicità ma facilitano l’esistenza, come è vero che uno spirito felice vede rosa laddove tutti vedono nero. E quindi avrà un’ orizzonte cristallino davanti a sé per valutare, soppesare e scegliere a mente lucida, senza perdere fiducia nelle proprie capacità.

Non è forse l’istintività, priva di schermaglie e pregiudizi, che ormai si tende a relegare nel mondo dell’infanzia, l’approccio migliore per raggiungere un buon livello di serenità e di accettazione del sé?

Eppure quando si entra nel mondo dei “grandi” si deve diventare seri, responsabili, adulti, dimenticando che “il bambino rappresenta l’inizio e la fine, la creatura che esiste prima dell’ uomo, ma anche la creatura finale, o meglio, una anticipazione di quello che la creatura sarà, una anticipazione della vita oltre la morte” (Jung). Crescere è una tappa obbligata e necessaria, ma deve avvenire in modo totalitario e senza soluzione di continuità. Dunque restare bambini pur diventando adulti, per poter attingere continuamente alla fantasia, alla spontaneità, alla creatività con cui riempire il vuoto che ci assale, la mancanza di entusiasmo, l’insoddisfazione del presente, la vergogna delle proprie emozioni e dei propri interrogativi. Lo sguardo infantile, incantato imposta un’ apertura verso il mondo e verso gli altri, spingendo verso la vita, cogliendone il suo aspetto più elevato.

Ecco allora lo spunto per un qualche buon proposito quaresimale, partendo dall'importanza di riscoprire l’autenticità, alla trasparenza, all'ingenuità.

Buon inizio di quaresima, ovvero riflessione, introspezione, meditazione con questa “ode alla vita” di Martha Medeiros

"Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità".

Chiara Collazuol

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