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Piazza Vetra a Milano

vetra-milanoL'attuale Piazza Vetra, già citata nella Storia della Colonna Infame, dove Alessandro Manzoni rievoca la storia secentesca dell’untore "...arso in via della Vetra de’ cittadini...", vede il suo nome derivare, secondo alcuni, da quello del canale “vectra”, corso d’acqua maleodorante in cui confluivano gli scarichi della città,  secondo altri invece colonna infame stampa deriverebbe da “vetro”, e si riferisce ai vetri usati dai conciatori per raschiare le pelli. I conciatori infatti venivano anche chiamati "vetraschi".

Il luogo inizialmente insalubre è stato poi bonificato, ma anche storicamente utilizzato per le pubbliche punizioni e le esecuzioni delle condanne a morte, come ci ricorda il Manzoni.

La zona, tra le più celebrate della Milano storica e inglobata dall’area del parco delle Basiliche, ha quindi assunto una veste polivalente e spesso contradditoria, vista la vicinanza con due luoghi di culto di importanza assoluta: la Basilica di Sant'Eustorgio, una delle chiese più antiche di Milano che in origine conteneva le reliquie dei Re Magi, e la Basilica di San Lorenzo Maggiore alle Colonne, eretta tra il IV e V secolo e considerata a lungo il più grande edificio a pianta centrale di tutto l’Occidente.

Piazza Vetra ha anche molte storie misteriose legate al suo luogo e ad accadimenti storici più o meno recenti. Uno di questi è l'assassinio della prostituta Rosetta per mano di un cliente che a sua volta fu assassinato dalla mala milanese.

Una canzoncina popolare recita:
“Il tredici di agosto
In una notte scura
Commisero un delitto
Gli agenti di questura.
Hanno ammazzato un angelo
Di nome la Rosetta
Era di Piazza Vedra
Battea la Colonnetta…

Ricordiamo che Piazza Vetra è stata per molto tempo una delle zone più temute della città in quanto luogo deputato alle esecuzioni capitali di chi veniva condannato  per eresia o tacciato di essere un untore o un strega e quindi arsa sul rogo.
Anticamente per accedere alla piazza si doveva attraversare il "ponte della Morte" che portava al patibolo che per più di 800 anni (dal Mille circa fino al 1814) tolse la vita a migliaia di persone. Si può ricordare il caso di Gian Giacomo Mora e del testo che possiamo leggere nella "Colonna Infame" di Alessandro Manzoni:

“.. Che i nominati Piazza e Mora, denunziata ad essi prima la morte, sieno torturati, adoperando anche il canape. … Che posti sur carro sieno condotti al luogo solito del supplizio, per via sieno tanagliati con ferro rovente nei luoghi ove hanno commesso il delitto; davanti alla bottega del Mora sia ad entrambi mozza la mano destra; sien loro sfracellate le ossa all’usato; si innalzi la ruota, essi vi sieno intrecciati vivi: dopo sei ore scannati; poi si ardano i cadaveri, le ceneri si gettino al fiume; la casa del Mora sia spianata, e sullo spiazzo eretta una colonna che abbia nome d’infame, e porti una iscrizione del fatto. ..”

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