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Seguendo le orme milanesi di Stendhal

stendhalMarie Henri Beyle, alias Stendhal, da molti conosciuto negli studi scolastici per i suoi scritti, tra cui ricordo: La Certosa di Parma, il Rosso e il Nero, Cronache Italiane; così com'è anche nota la “sindrome di Stendhal”, che lo stesso descrive nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”, e che consiste in un’affezione psicosomatica che provoca vertigini, tachicardia, allucinazioni e confusione, in soggetti particolarmente sensibili e ricettivi che osservano un’opera d’arte di straordinaria bellezza.

Fatto questa precisazione, vengo al motivo dell’articolo che il titolo lascia intendere, ovvero, seguire gli spostamenti che Stendhal ha fatto nella nostra Milano, cui era particolarmente legato.

Il suo primo ingresso in città lo fece nel giugno del 1800, come soldato nell'armata del Primo Console Napoleone Bonaparte. Il suo primo alloggio fu il Palazzo Borromeo d’Adda e, in seguito nel Palazzo Bovara. In via Manzoni n. 39-41 vi è il Palazzo settecentesco dei Borromeo d’Adda, appartenuto al Sestiere di Porta Nuova, in milanese Porta Noeuva, che era posta a nord della città, aprendo la via per Monza. Stendhal ne rimase tanto affascinato che ne scrisse nelle sue cronache, iniziando con queste parole: “entrai in una corte magnifica. Scesi da cavallo molto meravigliato e ammirando tutto. Salii per una scalinata superba….. Ero affascinato, era la prima volta che l’architettura mi faceva questo effetto”.

Palazzo Bovara, il cui nome esatto è Palazzo Bovara Busca Benni, in stile neoclassico, si trova in Corso di Porta Venezia, 51. In questo palazzo, siamo nel periodo napoleonico, era sede dell’ambasciata francese, che ospitò Stendhal allora diciassettenne, il quale lasciò scritto: “Sur le cours de cette Porte Orientale c’est passèe l’aurore de ma vie”, che tradotto significa: “Nel corso di questa porta Orientale sono trascorsi gli albori della mia vita”.

La sua carriera militare lo obbligò a lasciare l’Italia per altri paesi europei, sino a quando, alla caduta di Napoleone, si ritirò in Italia per altri sette anni, quasi tutti trascorsi a Milano, dove s’interessò di musica e pittura. Seguendo le sue letture, sappiamo della descrizione di sue passeggiate lungo i Bastioni di Porta Orientale, oggi conosciuta come Porta Venezia.

Sappiamo che ha frequentato la casa del poeta milanese Carlo Porta, che chiamava confidenzialmente “La cameretta”, e che si trovava in via Montenapoleone. Anche Casa Manzoni, in Via Morone, era meta di presenze e d’incontri speciali con amici, che avevano chiamato “ Il crocchio”, per distinguerlo da un semplice ritrovo come un “caffè”. Il nome “ crocchio” era stato scelto probabilmente per il suo significato di “gruppo di persone che discutono o chiacchierano”. Poiché anche il nostro francese doveva fare i conti con la quotidianità della vita, e con le scarpe cui dover rifare, probabilmente, la suola, ecco rivolgersi al calzolaio sito nella contrada di Santo Stefano in via Borgogna, 358, di nome Anselmo Ronchetti, artigiano anche del Porta e di Foscolo. Altre mete del nostro scrittore furono il ristorante Villard, poi Hotel Marino, presso il Teatro alla Scala, così come il Salotto di Breme, sempre nei pressi. In via delle Asole, oggi conosciuta come Piazza Santa Maria Beltrade, vi era l’Albergo del Pozzo, da Stendhal conosciuto perché spesso gradito ospite, così come il Palazzo cinquecentesco Spinola, sito in Via San Paolo 10, dove vi era la Società del Giardino, e dove il letterato era ospite durante balli e festeggiamenti, oppure Palazzo Roma, in Via Borgonovo e Palazzo Clerici, in Via Clerici, 6.

Che Stendhal amasse la nostra Milano è fuori dubbio, tanto che sulla sua lapide al cimitero di Montmartre il suo epitaffio inizia con queste parole: Henri Beyle, milanese. Nella nostra città esiste la via Stendhal, che si trova tra la Via Solari e la Via Cola di Rienzo.

Un breve itinerario che ci porta a conoscere meglio non solo un artista, ma la nostra bella Milano. 

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