Il mese di Febbraio nei detti meneghini
Il mese di Gennaio è pronto a lasciare il posto a Febbraio, ecco allora alcuni detti milanesi inerente questo mese, il più corto dei "dodici fratelli".
- Febrar l'è curt ma l'è pesg che on turch. Lo si diceva per indicare che il mese di febbraio spesso è un mese duro, soprattutto dal punto di vista del clima.
- L'acqua de fevree l'impieniss el granee. Modo di dire tipicamente contadino in cui si evidenzia che se febbraio è piovoso, il grananio si riempie.
- El sô de fevree el mèna l'òmm in del carlee. Vuole avvertire che il sole di febbraio può ingannare e portare l'uomo nel carnaio. Per carnaio si voleva intendere la fossa comune degli ospedali dove venivano inumati i morti. Conosciuto anche come foppon, ossia grande fossa, cimitero.
- A la Serioeula de l'inverna semm foeura. Ossia, alla festa della Madonna della Ceriola – cioè dei ceri – che cade il 2 del mese, dall'inverno più rigido siamo fuori. È la festa della Candelora, che corrisponde alla " purificazione di Maria", dove si portavano in processione le candele che poi, benedette, si portavano a casa per usarle in caso di malattie. Una chiesetta detta della Ceriola è quella che si trova sulla punta di Montisola nel lago d'Iseo.
- El dì de san Bias se benediss la gola e el nas. Il giorno di San Biagio, che è il tre di febbraio, si usa benedire la gola e il naso. A Milano era usanza mettere da parte una fetta di panettone aperto a Natale, e poi mangiarlo, ormai secco, a san Biagio. Qualcuno preferiva farlo rosolare nel forno per renderlo più croccante.
- El quattòrdes l'è san Valentin e gh'emm la primavera de visin. La primavera è vicina. Questa data è più conosciuta in quanto è la festa degli innamoraa, in cui è usanza scambiarsi dei piccoli doni tra gli innamorati.
- Arriva il carnevale, che gli ambrosiani chiamano El carnevalon, poiché dura più che altrove, infatti, va dal mercoledì delle Ceneri alla prima domenica di Quaresima. Nùmm gh'èmm el mercoldì, el giovedì grass, el venerdì e el sabet grass.
- In occasione del carnevale si svolgeva anche la "fera de Pòrta Genova" cont i gioster, cioè con le giostre. Tra le varie attrattive vi era la pesciada in del cuu, ossia il calcinculo; i gabbi volant, le gabbie volanti, i tirasegn, l'òmm di coccoritt coi pianetta, che era quello che ti dava un foglietto colorato scelto dal suo pappagallo e che recitava previsioni sul tuo futuro. Ancora, el castell di stremizzi, delle paure; el salon di specc, che ti deformavano la figura. Non mancavano el marronatt – quello delle caldarroste - , el sorbettee, cioè il gelataio, il venditore di zucchero filato, detto zuccher a la gran plumm, la bancarella dei dolciumi, che i più intransigenti chiamavano el banchett di porscellad, ossia delle porcherie. Vi si poteva trovare, tra i vari dolciumi, i caramellaa, come zaccarei e niscioeul – mandorle e nocciole -, canimel de zùccher- caramelle di zucchero-, el croccant, apostrofato anche come straccadent, ossia staccadenti. Vi erano anche i ziffolòtt de menta, ovvero i fischietti alla menta, che veniva usato anche come soprannome di coloro che, ingenuamente, si facevano turlupinare.
È doveroso ricordare che queste fiere rappresentavano, un tempo, quasi l'unica fonte di divertimento per il popolo, ed erano davvero molto partecipate da adulti e piccini. Io ricordo ancora molto bene quella che si teneva a Niguarda, in piazza Belloveso, in occasione della festa di san Martino.
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