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Ricordi di un tempo, il focolare

Alcuni giorni or sono, mi sono recato a trovare un parente in un piccolo borgo di montagna, nella sua modesta casetta dove da bambino trascorrevo le vacanze estive. Nel rivedere l’antico focolare, non vi nascondo che mi è venuto il magone. Mi sono tornati in mente quei momenti, quegli odori e profumi di un tempo, e sono ritornato, appena per un attimo, bambino. Il focolare, come immagino tutti sappiano, era il piano di pietre o di mattoni per accendervi il fuoco. Ma aveva un significato ben più grande: rappresentava la casa, la famiglia, il luogo dove si raccontavano storie di spiriti, streghe, dei morti che tornavano a sedersi proprio vicino al focolare e altre amenità che incantavano, soprattutto noi bambini.focolare foto milanofree ai

Sappiamo tuttavia che lo scopo del focolare era ben altro. Oltre che per riscaldare, era il luogo dove si collocava, legato ad una opportuna catena penzolante, il paiolo per cucinare gli alimenti, soprattutto la polenta, ma anche una minestra o una zuppa dopo aver dato una “buona pestatina al lardo”. Si può affermare che il focolare era il sacrario della famiglia, il centro della casa e di vita sociale.

Ricordo ancora quando, il giorno dell’Epifania, si trovavano appese sopra il focolare le calze di lana grossa con dentro qualche dolciume, delle noci, nocciole e l’immancabile mandarino. Nelle realtà villeggiane, si parlava di “fuochi” per indicare il numero delle famiglie residenti nel fare il censimento. Vi era poi il “capo fuoco”, ossia il capo famiglia che diveniva membro della Vicinia, ma solo se era originario del paese. E non mancava il cosiddetto “fuocatico”, una tassa – tanto per non cambiare – fissata per ogni “fuoco” presente in ogni villaggio.

Non mancava chi, a tempo opportuno, si prendeva la briga di ripulire il camino. Uno saliva sul tetto e lasciava cadere nel camino una lunga corda cui era legato un corto bastone che terminava con punte di rami, mentre l’altro, ai piedi del camino, tirava verso il basso per poi lasciare ritirare in su da colui che stava sul tetto. Così, la fuliggine si staccava dalla canna fumaria e precipitava in basso. Gli Spazzacamini ovviamente facevano un lavoro più meticoloso, ma era il loro mestiere.

Il camino si presta anche a una fioritura di modi di dire che voglio condividere.

  • Nero come la cappa del camino, voleva indicare uno piuttosto nervoso, arrabbiato.
  • Sono cose da dire sotto la cappa del camino, intendendo chi alza la voce sapendo di non correre nessun pericolo.
  • Essere come il gatto; ovvero stare sempre accanto al focolare perché freddoloso come un gatto.
  • Il fuoco fa allegria e buona compagnia; come dare torto a questa considerazione!
  • Dare la carbonella per i chierichetti, quando passavano a chiederla per metterla nel turibolo della parrocchia.

Non solo il focolare rientrava in alcuni modi di dire, ma anche la catena, indispensabile attrezzo presente in ogni camino. Con essa, ad esempio, si regolava l’intensità del fuoco, alzando o abbassando il paiolo appeso al suo uncino agganciato ai suoi anelli. Vi era il detto: "La catena non ha paura del fuoco", per indicare una persona solida, che non vacilla di fronte alle difficoltà. La catena rientrava anche negli esorcismi che si facevano per allontanare le streghe e i diavoli, seguendo un preciso rituale.

Un tempo durante la Settimana Santa si facevano le cosiddette “grandi pulizie” e ai ragazzini venivano date le catene incrostate di fuliggine affinché correndo sui sassi e tirandosele dietro perdevano il nero ridivenendo brillanti.

Oggi queste cose non le si vivono più, oppure solo in quelle occasioni che le Pro Loco del paese, durante una festa, le vogliono far rivivere. È bello che ciò venga fatto; tuttavia, chi non le ha vissute in prima persona non può assaporare né rivivere quei momenti davvero spensierati e piacevoli che avvenivano davanti al focolare, dove un fuoco allegro e vispo e un paiolo fumante ti invitavano a goderti quel magico momento.

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