Il falo di Sant'Antonio: addio all'inverno
"Nevicò ancor prima di sera e prima ancor che cumbà Saverio suonasse le campane per la funzione, la fanoia ardeva incredibilmente alta: la festa di Sant'Antonio era iniziata"
(Gerardo Acierno, Pignolerie)
Ogni anno, per tutta la penisola italiana, la sera del 17 gennaio vengono accesi numerosi falò dedicati a Sant'Antonio Abate, che secondo la tradizione simboleggiano la fine dell’inverno e l’imminente arrivo della primavera.
Le origini di questa tradizione risalgono al III secolo d. c., quando dall'Oriente si diffuse la dedizione per la figura di questo singolare personaggio, un asceta di origini egiziane che si ritirò a vivere nel deserto, fondando quello che sarebbe stato il primo degli ordini eremitici, ideali capostipiti dei monaci medievali.
Col passar del tempo la dedizione del popolo per Sant'Antonio non venne mai meno, tanto che durante il Medioevo venne presa la decisione di festeggiare la sua festa il 17 gennaio, giorno in cui mori nel suo eremo.
Ma la tradizione di accendere nella notte del 17 gennaio dai falò per simboleggiare la fine dell’inverno risale a molti secoli prima di Sant'Antonio e ha le sue origini nella Irlanda celtica.
Infatti in quel periodo i Celti festeggiavano il dio Lug, signore della morte e della resurrezione, che era sempre accompagnato da un cinghiale, uno degli animali simboli delle popolazioni primitive europee, e il rogo simboleggiava non solo la fine dell’inverno, ma anche le fiamme infernali.
E nel Medioevo, dopo lunghe e continue trasformazioni, la cultura cristiana si impossessò di questo personaggio e della sua storia, sovrapponendo ad esso la più rassicurante figura di Sant'Antonio Abate, con la sua barba bianca e il bastone pastorale, mentre il rogo perse le sue caratteristiche pagane, diventando un rito di passaggio tra due stagioni e il cinghiale divenne un più innocuo maialino, allevato dai contadini per piatti prelibati.
Molte sono le tradizioni legate a questa festa nel milanese, tra cui quelli che, se le fiamme del rogo andavano verso ponente, l’annata dei campi sarebbe stata buona, ma al contrario, non sarebbe andato tutto per il meglio.
Sempre a proposito del falò si diceva che, se qualcuno malato di herpes zoster lo avesse toccato, il santo lo avrebbe miracolosamente guarito da tutti i suoi mali.
Ci sono anche facezie e proverbi dedicati a questa festa, ad esempio se qualcuno aveva perso un oggetto caro si rivolgeva a Sant'Antonio dicendo:
“Sant'Antoni da la barba bianca, fasem trovà quel che me manca”
mentre le zitelle e le ragazze in età da matrimonio solevano dire:
“O beato Sant’Antonifasem fa un bun matrimoni”
Invece i contadini, a proposito del freddo invernale, spiegavano che:
“A Sant’Antoni, frècc da demoni, a San Sebastian, frècc da can, a San Bias, el frècc l’è ras”
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