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I milanesi e la brianza

Qualche giorno fa, grazie a una pioggia insistente e fredda che non invitava a mettersi per strada, decisi di dedicarmi a sistemare vecchie fotografie e cartoline che se ne stavano, ormai da qualche anno, sparpagliate in un cassetto di un vetusto comò riposto in solaio.laghi-brianza

Nell’ispezione notai alcune fotografie e cartoline, probabilmente appartenenti ai miei nonni paterni, che ritraevano luoghi della Brianza, e subito un’idea si affaccia alla mia mente, quella di scrivere un articolo raccontando di quelle immagini e della loro storia.

I milanesi, è cosa nota, con la terra brianzola hanno avuto un rapporto di simpatia, infatti, le antiche famiglie patrizie e, in seguito, quelle della nuova nascente borghesia industriale, possedevano le loro ville proprio in territorio brianzolo, e le loro mete vacanziere e spensierate si svolgevano proprio nella quiete e salutare Brianza, avendo come periodo preferito dal mese di settembre sino alla festività di San Carlo, data ufficiale per il rientro in città.

La Brianza è un’area geografica della Lombardia, a nord di Milano. Il significato etimologico di Brianza deriverebbe dal celtico “brig”, col significato di colle, altura. Questa terra è costellata da numerosi specchi d’acqua e piccoli laghi, come ad esempio il lago di Annone, di Olgiate e altri; così come indicativo è il fiume Adda, che bagna la Brianza orientale. Termino queste breve note ricordando che il dialetto brianzolo è piuttosto affine a quello milanese, se pur con qualche variazione. I milanesi del tempo apostrofavano i brianzoli – brianzoeu – i “ falchett”, i falchetti.

Eccomi però al vero motivo dell’articolo, e la prima cartolina, ovviamente sono tutte in bianco e nero o color “seppia” e, dato il tempo, alcune si trovano in situazione un po’ precaria, tuttavia ancora decifrabili, che mi capita tra le dita, riporta l’immagine di una barca a remi ancorata nelle acque dell’Adda. La barca riporta subito al racconto dei Promessi Sposi, identificandola con quella che portò Renzo e Lucia sulla sponda destra del fiume verso il loro esilio.barca-adda

La seconda cartolina, la più mal ridotta, riporta una veduta del fiume Lambro, su cui si affacciano alcune tra le più aristocratiche ville briantee.  Il Lambro è un fiume che era considerato metà aristocratico e metà plebeo, tanto che il cronista medievale Bonvesin de la Riva, lo definì “Lamber Merdarius”, forse alludendo alla melma che lo impregnava per un tratto, per la verità già fuori dal territorio brianzolo. Sul retro i saluti di persone che non ho mai conosciuto, ma questo, per il nostro fine non ha importanza. La cartolina successiva riporta il panorama dal ruvido profilo di montagna tutta a denti “di sega”, come una sega gigantesca da falegname, e che fu subito battezzata Resegone, datosi che per i brianzoli la sega è la “rèsega”.

Chissà quanti milanesi possono vantarsi di avere, almeno una volta, percorso questa montagna, magari al canto dell’intramontabile “Vecchio scarpone”. Una fotografia ritrae mia nonna sul lago di Alserio, non doveva essere una giornata molto soleggiata perché il cielo pare punteggiato di nubi. Si racconta che il pesce, nel lago, era abbondante e che i pescatori non facevano fatica a riempire le loro reti, tanto che i milanesi, siamo alla fine del Medioevo, avevano imposto, a questi, l’obbligo fiscale di fornire il pesce pescato.

Una cartolina sbiadita ritrae un’immagine di una statua, è la maschera di Gioppino, presa a prestito dalla terra bergamasca. Amante del buon vino e del buon cibo, incarna il sempliciotto rozzo ma di buon cuore. Oltre che maschera lo si vede anche come burattino. Sul retro si leggono, tra i saluti, queste parole: “I sciori i mandarem a badilare, e nun comandarem conte l baston”. Aria di protesta!

Tra l’antico ecco che trovo una fotografia molto più recente, che ritrae me e alcuni amici, davanti al “Buco del Piombo”. Ricordo che la gita era stata voluta e preparata con solerzia, poiché ci piaceva un mondo esplorare grotte, anfratti, passaggi più o meno “segreti”, un fascino e un’attrazione che ancora mi appartengono. La grotta si trova poco lontano da Erba, e si apre in una vasta parete bianca. È alta 45 metri e larga 38.

Al suo interno si possono ammirare stalattiti e stalagmiti.  Ecco l’immancabile cartolina raffigurante un santuario, precisamente quello della “Madonna del Bosco” nei pressi di Imbersago. Il santuario è secentesco e fu costruito dopo le apparizioni avvenute nel bosco soprastante. Imponente la scalinata che sale al santuario, legata fra l’altro alla concessione fatta dal Cardinale Schuster, ossia di concedere trecento giorni d’indulgenza per ogni gradino a chi la percorre recitando il rosario. Ecco due cartoline che riproducono due ville, la villa Agnesi, a Montevecchia e la villa Belgioioso a Merate. La villa Agnesi, tra le altre cose, è appartenuta alla famiglia che diede i natali alla celebre matematica milanese Maria Gaetana, che si prodigò anche nell’aiuto ai sofferenti. Una milanese col “coeùr in man”. La villa Belgioioso è sicuramente più conosciuta, è un ottimo esempio per intendere il fasto delle dimore signorili del Settecento. L’edificio si prolunga in scalinate e terrazze, con giardini e superbi viali, prati e boschetti da fiaba. Non mancano fontane e corsi d’acqua che abbelliscono e impreziosiscono l’edificio.

Un’ultima sbiadita fotografia ritrae un verde prato occupato da pecore intente a brucare la tenera erba, probabilmente erano in transumanza, oppure il fotografo era in un attimo di passione naturalistica, chi lo sa! Le cartoline e le fotografie brianzole sono esaurite, così anch’io termino quest’articolo che, per un attimo, lasciandomi trasportare dall’immaginazione, mi ha fatto vivere un sapore di vecchia Brianza.

Il Barbapedana

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