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Il Vescovo: storia e significato

cardinale-scolaVescovo, un termine sentito da tutti, così come sono conosciute alcune personalità che portano questo titolo.
Esattamente però cosa significa il termine vescovo? Da dove nasce? Che cosa distingue un Vescovo, ad esempio, da un Cardinale? Eccovi brevemente la storia.

Il termine vescovo deriva dal latino tardo “episcopum”, a sua volta derivato dal termine greco “episkopos”, ossia “soprintendente”, vale a dire colui che controlla, che vigila. L’istituzione della figura del Vescovo si deve ai primi Apostoli i quali nominarono delle persone, ovviamente tenendo presente i requisiti necessari, che mettevano a capo di una comunità di fedeli, affinché potessero continuare la loro missione, ecco perché un vescovo è considerato successore degli Apostoli.
Nel proseguimento della storia la figura del vescovo è stata poi definita come la più alta in grado della gerarchia dell’ordine sacerdotale e scelto per nomina del Papa, seguono poi i presbiteri, ossia i sacerdoti e poi il diaconato.

Quali sono i compiti di un vescovo?

Diciamo subito che è il responsabile, il pastore di una diocesi. La chiesa-edificio da cui il vescovo esercita il suo magistero, cioè insegnamento, è conosciuta come cattedrale.

L’elezione dei vescovi ha avuto una precisa evoluzione, nei primi secoli del cristianesimo erano eletti dal clero unitamente al popolo, nel Medioevo l’elezione spettava al Collegio dei Canonici di una cattedrale per poi, in epoca successiva passare direttamente alla Santa Sede. Nel 1917 una nuova regola stabilisce che i vescovi devono essere nominati solo dal Papa. Per essere promosso vescovo è necessario possedere precisi requisiti, che assolvano almeno questi cinque punti:

  • Dimostrazione di una Fede salda e di possedere virtù evangeliche, unitamente all’idoneità a poter svolgere la mansione.
  • Abbia buona reputazione.
  • Abbia almeno trentacinque anni (40 in Italia).
  • Sia, almeno da cinque anni, sacerdote.
  • Abbia conseguito la laurea dottorale, oppure la licenza in Sacra Scrittura, Teologia o Diritto Canonico, o che in tali discipline possa dimostrare di essere esperto.

L’ordinazione avviene con l’imposizione delle mani da parte di un vescovo consacrante. All’avvenuta consacrazione al nuovo vescovo sono consegnati: il Vangelo, l’anello, la mitra o mitria, il bastone pastorale.

Vediamo adesso qual è il significato di questi oggetti che il nuovo Vescovo riceve.

  • Il Vangelo comunica il dovere di annunciare la Parola di Dio e Gesù al mondo intero.
  • L’anello simboleggia la fedeltà all’impegno e al servizio episcopale, ed è l’emblema della dignità episcopale.
  • La mitria richiama alla santità, cui anche il vescovo deve aspirare.
  • Assume anche il carattere di elmo di difesa contro i nemici della verità.
  • Il bastone pastorale gli ricorda che è pastore delle anime del “suo gregge”, di cui deve occuparsi.

Oltre alle quattro insegne sopra citate, il vescovo può indossare la croce pettorale, la quale assume significato della fede e di segno visibile di appartenenza a Cristo. Lo zucchetto, di colore paonazzo, chiamato anche solideo, da “ soli Deo tallitur”, cioè che si toglie in onore di Dio, indossa, nelle cerimonie solenni, casula e piviale. Porta anche il pallio, che rappresenta la pecora che il pastore porta sulle spalle, inoltre, per le visite pastorali, indossa l’abito corale. Vi era anche l’usanza di indossare, solo per la celebrazione nelle Messe pontificali, dei guanti bianchi, chiamati anche “chiroteche”, e avevano il significato morale di purezza Il ministero, o meglio, servizio del vescovo, si sviluppa attraverso tre direzioni, che evidenziano le caratteristiche del Cristo, ovvero regalità, profezia, sacerdozio.

La dimensione regale, che è servire, vede il vescovo responsabile dell’attività pastorale nella e della Diocesi.
La dimensione profetica, che è l’insegnamento, vede il vescovo insegnare con autorità la dottrina rivelata da Dio.
La dimensione sacerdotale vede il vescovo impegnato nella celebrazione e amministrazione dei Sacramenti.

Anche tra i vescovi esiste una gerarchia, dove il grado più alto è quello di Patriarca. Esistono inoltre appellativi diversi, i vescovi cattolici romani si appellano con il termine Eccellenza Reverendissima, mentre ai patriarchi di rito cattolico orientale si appellano sua Beatitudine. Il termine Santità, nel rito latino, spetta solo al Papa. Nella Chiesa cattolica il termine Eminenza è riservato solo ai cardinali.

Non mi dilungo oltre, l’intenzione è di stimolare la curiosità e l’interesse verso una figura, quella del vescovo, con cui, anche noi milanesi, condividiamo la storia.

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