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Poesia e Simbolismo: Analisi di "Veglia" di Giuseppe Ungaretti

Proseguendo nella mia ricerca del simbolismo contenuto nelle poesie, questa volta, dopo San Martino di Carducci, voglio considerare una poesia di Giuseppe Ungaretti, precisamente “Veglia”, scritta nel dicembre del 1915 e incentrata sul tema della guerra.

Veglia

Un’intera nottata
Buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
Ho scritto
lettere piene d’amore
non sono mai stato
tanto
attaccato alla vitapoesia veglia ungaretti mf ai

La poesia inizia evidenziando il momento: era notte. Specificare "un’intera nottata" sottolinea la lunghezza e la pesantezza di questo tempo. Qui la notte assume la sua simbologia più negativa: l'oscurità, la morte, il mistero, l’attesa, la paura, l’inconscio. Buttato per tutta una notte a vegliare, probabilmente in una trincea, il poeta cerca di resistere all’inevitabile sonnolenza. Colpisce il verbo “buttato”, che evoca un gesto o una situazione né gentile né delicata, sicuramente subita nella tragicità del momento, tanto più condivisa nella vicinanza a un compagno d’armi massacrato, che non può più parlare né dare o ricevere conforto.

La “bocca digrignata” esprime tutto l’orrore della guerra, capace di trasformare un sorriso in un gesto privo di dignità. Questa bocca è volta al plenilunio, ossia verso una luna piena. La luna, simbolo femminile, richiama la donna, la madre, la tenerezza, l’amore. E questa bocca ormai inespressiva è rivolta proprio verso questi richiami, come ultimo desiderio.

Il poeta porta poi l’attenzione sulle mani del soldato morto, evidenziandone la “congestione”, ossia la loro rigidità e il loro gonfiore dovuto alla rigidità cadaverica. Tutti sappiamo dell’importanza pratica e simbolica delle mani, di quanto esse manifestino, nel loro agire, l’intimo sentimento di chi le usa. Vederle così inerti e fredde colpisce profondamente la sensibilità del poeta, tanto che egli sente come se queste mani penetrassero nel suo animo, suscitando sentimenti contrastanti che il silenzio, imposto dalla situazione, accentua.

Emerge però il calore dell’amore, che la scrittura - qualcosa di tangibile che può essere assorbito penetrando nell’animo di chi legge - porta in superficie. Quest’amore accresce il desiderio e la determinazione di restare attaccato alla vita. Il verbo “attaccare” è significativo poiché sottolinea la tenacia nel non soccombere, nonostante la vicinanza della morte, rappresentata purtroppo dal suo compagno.

È evidente che, pur con poche parole, la poesia sottolinea la tragicità della guerra e, in risposta, esalta la gioia e la bellezza della vita, a cui vale la pena “attaccarsi”, cioè vivere intensamente.

Anche questa poesia, come tutte d’altronde, testimonia il vissuto di un’anima, un’esperienza che può durare anche solo un attimo, proprio come la durata di un fulmine, ma che ha la capacità di accendere qualcosa dentro di noi, di dare ai sentimenti la libertà di fuggire dal cuore e dalla mente, per comunicare con il mondo. La Poesia, con la “P” maiuscola, così come la Musica, con la “M” maiuscola, sono espressioni profonde dell’anima.

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