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Rileggendo la Rerum Novarum: quante affermazioni attuali

rerum novarum leone xiiiPer chi non lo sapesse la Rerum Novarum è la lettera enciclica scritta da Leone XIII nell'ormai lontano 1891. Come mai questo richiamo? Perché leggendola ho trovato affermazioni che, nonostante siano trascorsi 129 anni, sono più che mai attuali. Ne riporto alcune con accanto una piccola deduzione personale.

Nell'enciclica si afferma:

- La concordia fa la bellezza e l'ordine delle cose. Non si può certo negare, il problema è che la concordia, che significa accordo, armonia di sentimenti, idee eccetera e che etimologicamente diviene "con il cuore", purtroppo l'umanità è lontana dal realizzarla, infatti, se ci fosse concordia non ci sarebbero conflitti né incomprensioni né violenze.

- Perciò tra i molti e gravi doveri dei governanti solleciti del bene pubblico, primeggia quello di provvedere ugualmente ad ogni ordine di cittadini, osservando con inviolabile imparzialità la giustizia cosiddetta distributiva. Oggi, anno 2020 si è realizzato quest'invito?

- A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell'uomo. Basta guardarsi attorno per rendersi conto di quanta umanità è umiliata e calpestata. Dal semplice vedere una anziana raccogliere degli avanzi abbandonati a terra in un mercato qualcosa per mangiare, da coloro che non possono permettersi le medicine per curarsi, a cose più gravi come la riduzione in schiavitù di bambini/e obbligati a lavorare, a combattere a prostituirsi, e altre disgrazie umane che tutti ben conosciamo.rerum novarum

- È dovere sottrarre il povero operaio all'inumanità di avidi speculatori, che per guadagno abusano senza alcuna discrezione delle persone come fossero cose. Non è giusto né umano esigere dall'uomo tanto lavoro da farne inebetire la mente per troppa fatica e da fiaccarne il corpo. Anche questa giusta raccomandazione è ancora da realizzarsi in toto, basti pensare a coloro che lavorano nelle raccolte nei campi, sfruttati per pochi euro e costretti a lavorare per molte ore al giorno.

- Quando gli uomini sanno di lavorare in proprio, faticano con più alacrità e ardore, anzi si affezionano al campo coltivato di propria mano. Ne segue inoltre un altro vantaggio, cioè l'attaccamento al luogo natio. Ovviamente il campo è preso come esempio. Anche in questo caso ritengo che quanto affermato conferma la realtà, e lo sappiamo tutti poiché a chiunque è capitato di "far da sé" sa il piacere e la soddisfazione provata. Altro punto dolente è quello inerente l'attaccamento al luogo natio, oggi purtroppo molti luoghi, soprattutto montani, si stanno spopolando, causando un danno per tutti.

- È ingiustizia ed inumanità esigere dai privati più del dovere sotto pretesto di imposte. E qui casca l'asino, infatti, basta vedere quanto il nostro Stato fra tasse e imposte impone un regime ingiusto.

- Patire e sopportare è dunque il retaggio dell'uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v'è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle genti una via scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare il rimedio ai mali. Che le sofferenze facciano parte di ciascuno è ineluttabile, ed è bene star lontano da quei falsi profeti che promettono la felicità a buon mercato o rimedi sbrigativi che tolgono la dignità delle persone.

Parole, quelle scritte nell'enciclica, che, a mio modesto avviso, sono quanto mai attuali. Non è forse ora di cambiare un po' le cose?

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