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La Responsabilità oggettiva

Mi dedico a questo articolo spinto da una motivazione sollecitata dagli avvenimenti legati ad atti di violenza sempre più presenti nella nostra cosiddetta civile società. Troppo spesso, a mio avviso, si sente affermare: “non era cosciente al momento dell’atto”, “non era in grado di intendere e volere”, “non sapeva quello che faceva” e via dicendo. Ma è sempre proprio così? Questo mi ha portato a rivedere quello che mi hanno insegnato, e così ho ripreso in mano il vecchio libro e sono andato a rileggerne alcuni capitoli. Mi permetto allora di fare un sunto che, ovviamente, ognuno è libero di recepire, contestare o respingere.responsabilita morale ai mf

Criterio Oggettivo di Moralità

L’oggetto, l’intenzione e le circostanze costituiscono il criterio oggettivo di moralità. Ora resta da esaminare quale sia la responsabilità o colpevolezza morale della persona che agisce. Vi sono però due distinguo: un conto è valutare se un’azione è buona o cattiva in sé, e un altro è determinare il grado di responsabilità e quindi di colpevolezza da parte di chi compie quell’azione.

È evidente che la responsabilità soggettiva dipenda dalla consapevolezza e dalla libertà della persona che sta agendo. Libertà garantita dal libero arbitrio che ogni persona sana di mente possiede. Il libero arbitrio è un concetto teologico e filosofico secondo il quale ogni persona ha il potere di decidere gli scopi del proprio agire e del proprio pensiero, perseguiti tramite la volontà, in quanto la sua possibilità di scelta origina dalla persona stessa e non da forze esterne, come il destino, il determinismo, la predestinazione o il fatalismo. Fatta questa precisazione, proseguo nel discorso. Constatato che la consapevolezza e la libera adesione alla volontà sono le condizioni soggettive indispensabili perché si abbia un’azione umana, è evidente che queste condizioni determinano la responsabilità morale di chi opera.

Esempi di Responsabilità Morale

Un esempio: un’offesa è oggettivamente sempre un’offesa, tuttavia, riguardo alla responsabilità del soggetto, una cosa è che sia voluta, e un’altra è che quella offesa sia il risultato di un malinteso.

Il sapere quello che si sta facendo, ossia la consapevolezza nelle azioni, detta anche piena avvertenza, e la libertà, vale a dire il voler fare ciò che si sta facendo, si chiama anche deliberato consenso. Queste sono le “condizioni soggettive” indispensabili per determinare la responsabilità di chi agisce.

Piena avvertenza significa conoscenza lucida, coscienza chiara di ciò che si sta compiendo. La persona, contrariamente agli animali, “sa quello che fa”, quindi ne è responsabile in toto.

Consapevolezza e Deliberato Consenso

Se io vado in giro portandomi, ovviamente celato, un coltello a serramanico o, peggio ancora, un’arma, sono perfettamente consapevole che quell’arma può offendere e uccidere, al di là che io ne faccia uso o meno. Chi fabbrica, ad esempio, mine anti-uomo, sa perfettamente che il loro scopo è quello di mutilare o uccidere, quindi vi è piena avvertenza di ciò che si sta compiendo. Perciò, moralmente si è colpevoli, anche se non è il titolare dell’azienda o l’operaio che si occupa di posizionare le mine.

È anche possibile che una persona non abbia, o abbia solo parzialmente, “piena avvertenza” oppure “deliberato consenso” circa l’azione che compie, in quanto è parzialmente o interamente incapace di un giudizio morale. Ciò equivale a dire che quella persona non è responsabile, o lo è solo in parte della sua azione.

Responsabilità Ridotta

Se una persona agisce inconsapevolmente, cioè senza la piena avvertenza, la piena consapevolezza delle proprie azioni, è evidente che non possiamo considerarla del tutto padrona del suo operato e quindi può risultare non responsabile o non del tutto responsabile dell’azione commessa. Proviamo a pensare a un’azione compiuta da una persona malata di mente. Facciamo l’ipotesi che questa persona si introduca in un appartamento per rubare del cibo e dei vestiti perché ne abbisogna. Oggettivamente sta compiendo un furto, ma soggettivamente la sua colpa è nulla in quanto non è in grado, essendo un malato mentale, di capire ciò che sta compiendo.

Qui potrebbe entrare in gioco anche l’ignoranza. Tuttavia, è bene precisare che se una persona di proposito vuole “non sapere”, perché così non si sente responsabile di nulla, oppure trascura di proposito gli insegnamenti, la sua colpa è già a monte perché è responsabile della sua voluta ignoranza.

Deliberato Consenso e Responsabilità

Vediamo adesso la questione del deliberato consenso, che significa adesione completamente libera, ossia autonoma, della volontà all’azione che si compie, quindi liberamente scelta, per cui piena responsabilità e indice di punibilità. Potrebbe evidenziarsi un’azione involontaria o dove non vi sia un deliberato consenso pieno, queste ovviamente hanno una minore gravità rispetto alle altre.

Un esempio: sto guidando e per un attimo mi distraggo e investo un pedone che, a sua volta, distrattamente, non rispettava le regole della circolazione. Il fatto resta oggettivamente un fatto grave, tuttavia la mia responsabilità personale è attenuata per il fatto che non era un’azione volontaria. Anche se a mio avviso una responsabilità del guidatore esiste, in quanto non avrebbe dovuto distrarsi, a meno che questa distrazione sia dovuta a un fatto a lui estraneo, come ad esempio un’ape che gli fosse improvvisamente finita sul volto causandogli appunto una distrazione non voluta ma istintiva.

Il discorso potrebbe continuare, qui però mi fermo, sottolineando che queste conoscenze, indispensabili per un sano discernimento, siano troppo assenti negli insegnamenti educativi odierni, assenza che è necessario colmare per una società più consapevole e responsabile.

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