La satira amara di Fiorello e il disgusto d’un padre
Sul palco dell’Ariston, Rosario Fiorello mette in mostra uno spettacolo che ha indignato una buona percentuale degli italiani, tra cui un padre che gli scrive una lettera sui social.
L’inizio del Festival di Sanremo era atteso da molti telespettatori, ma nessuno poteva immaginarsi di dover assistere a uno spettacolo presentato in prima serata dinanzi agli occhi di tutti. Parliamo di quanto messo in scena da Fiorello che, seppur con ironia, ha dato vita a uno sketch grottesco di cattivo gusto. Difatti, non ha ricevuto molti consensi, anzi, ha fatto registrare numerose critiche tra le quali quelle di un padre che ha deciso di inoltrargli una “lettera” sui social.
Ecco cosa gli avrebbe scritto:
“Gentile Rosario Fiorello, mi rivolgo a lei con questa lettera aperta che pubblicherò sui miei social. Lo scopo della mia lettera è di renderla edotto che - prosegue evidenziando quanto andato in onda - durante il festival di Sanremo, che io non ho seguito, lei non mi è sembrato molto "gentile" con me e credo con una buona fetta di suoi concittadini. Ho pensato molto prima di scriverle, tentando di mitigare rabbia e amarezza per le sue parole, credo volte a far "ridere" un uditorio più o meno vasto: D'altra parte - sottolinea - questo è il suo mestiere. Non voglio ovviamente insegnarle il mestiere, io sono piuttosto noioso, ma a volte si deve mettere il 'matto in piazza' per far ridere i cortigiani. Nel mio caso, in qualità di padre di un figlio danneggiato da vaccino, il suo sketch di ieri non mi ha fatto ridere, mi ha profondamente amareggiato. Mi permetto di dirle che se il suo mestiere comprende farsi beffe del dolore altrui, ridere e far ridere sulle pene e le lacrime di molti suoi concittadini, lei ha sbagliato mestiere - si legge poi - Se lei avesse raccontato una barzelletta sugli ebrei, sugli omosessuali, sui Testimoni di Geova, sugli handicappati, sui terroni e così via, cosa si sarebbe aspettato? Mio figlio non ha potuto vivere una vita normale e fortunatamente non ha visto la sua performance. Credo non avrebbe riso, come non l'ho fatto io. Non le racconto le peripezie sue e della nostra famiglia sino ai tribunali per i successivi rifiuti vaccinali. Non le racconto le lacrime alle riunioni Corvelva ove i genitori più fortunati erano quelli il cui figlio dopo il vaccino era deceduto. Non credo che lei non avesse in copione altre gag per quella serata. La mia domanda è: perché ha scelto quella? Perché non una bella barzelletta su forni crematori o sulle pratiche sessuali gaie?”.
Lo scritto prosegue con citazioni e affermazioni piuttosto forti che includono anche il periodo che stiamo vivendo: “Ridere del dolore altrui non è giustificabile con ignoranza dei fatti o buona fede. Lei ha aumentato la tensione sociale già esistente dopo due anni di comunicazione stalinista di tutto il mainstream. Mi era simpatico, sottolineo era. Ora evito il giudizio e comunque mi terrò lontano da spiriti e spiritosi come lei che spargono sale su ferite ancora aperte. Avrei molto altro da dirle ma - chiosa - uso un suo isolano: "«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… » Scelga lei la categoria. Buona Vita dott. V. S. P.”. Conclude specificando che la lettera è stata pubblicata sulla bacheca personale di Rosario Fiorello.