La narrazione della Violenza di Genere: ruolo cruciale dei Media e della Società
Violenza di Genere e Femminicidio: Una Sfida per i Media
Violenza di genere, violenza sulle donne, femminicidio, violenza di coppia: è nella narrazione che viene data a questi fatti che il linguaggio gioca un ruolo fondamentale, tanto nei media tradizionali e mainstream quanto sui social. Avete mai sentito parlare di "delitti passionali" quando, in realtà, di passione non c’è nulla? Il lavoro di comunicazione e di sensibilizzazione da parte dei media e di tutte le associazioni contro la violenza è fondamentale.
Definizioni e distinzioni chiare
Comincio dicendo che violenza contro le donne non è solo femminicidio, violenza di genere non è solo violenza contro il genere femminile e violenza contro le donne non è sempre violenza di genere.
Diverse forme di violenza
Scienze sociali e statistiche registrano molte forme di violenza contro le donne. Il femminicidio, cioè l’omicidio della donna <<in quanto donna>> è il risultato estremo della violenza contro le donne e, secondo le ultime rivelazioni, la tendenza più preoccupante del fenomeno. Diverse manifestazioni di violenza contro le donne sono, negli esiti, tutte meno gravi del femminicidio, ma non per questo meno degradanti o umilianti per la dignità e la libertà delle donne. Oltre al femminicidio si verificano violenze fisiche non letali di varia entità e natura, una vasta casistica di violenze a specifica connotazione sessuale, violenze psicologiche e morali, violenze sul luogo di lavoro, espressioni di violenza economica. Violenza di genere non sempre significa violenza contro una donna. In senso stretto e proprio, la sociologia descrive la violenza di genere come una <<modalità di relazione sociale tra uomo e donna nella quale uno dei due attori sociali, alternativamente l’uomo o la donna, non viene riconosciuto come persona e viene perseguitato in una situazione di asimmetria totale di forze e di risorse>> fino all’<<annullamento del soggetto che assume lo status di vittima>>. Tuttavia, non c’è statistica, non c’è casistica più o meno recente in cui le donne non appaiono vittime designate dalla violenza di genere.
Perfino nello stalking, gli atti persecutori menzionati dall’articolo 612 bis c.p. in astratto perpetrabili tanto da uomini quanto da donne, nell’85% dei casi gli autori risultano uomini. Così non è difficile immaginare perché nelle manifestazioni di violenza di genere, la percentuale di donne-vittima cresca fin quasi a sfiorare la totalità delle vittime.
Si può dunque comprendere perché in ambito criminologico proprio la donna e non l’uomo, sia individuata come uno specifico tipo vittimologico. E perché in psicologia venga coniugata al femminile la nozione di violenza psicologica intra-coniugale come <<attacco diretto contro la fiducia in sé e l’autostima di una persona>> che si esplica in <<critiche costanti, il ridicolizzare, le continue accuse di infedeltà, l’incapacità di tollerare il disaccordo, il minare l’autorità materna davanti ai figli, il controllo continuo dei movimenti e la pretesa che la partner renda conto del suo tempo, l’umiliarla in pubblico o davanti ai figli>>.
Infine: violenza contro le donne non vuol dire per forza violenza di genere poiché non in tutte le violenze dirette contro donne <<il genere femminile della vittima è causa essenziale e movente del crimine stesso>>.
Violenza di genere: caratteri comuni e distintivi
Specificato le differenze tra crimini di genere tengo a precisare le analogie.
Ci sono tre caratteri comuni e distintivi: il carattere transculturale, intergenerazionale e strutturale.
La violenza di genere è transculturale perché non riguarda soltanto una o alcune aree geografiche, anzi, il fenomeno risulta trasversale a culture e religioni anche molto diverse tra loro e talvolta perfino più grave in Paesi il cui modello educativo e relazionale uomo-donna è tradizionalmente considerato molto avanzato. I parametri da considerare sono molti: la parità salariale, il welfare, il ruolo delle donne nelle posizioni apicali etc..
La violenza di genere è intergenerazionale perché i figli che assistono alla violenza del padre nei confronti della madre o che l’hanno subita, hanno una probabilità maggiore di essere autori di violenza nei confronti delle proprie compagne e le figlie di esserne vittime. Questo ci dice chiaramente che così i maschi imparano a praticare la violenza e le femmine, troppo spesso, a tollerarla.
Stereotipi e Pregiudizi: L’anticamera della violenza di genere
La violenza di genere è strutturale, cioè fortemente radicata in quanto <<si combina con la diffusione di stereotipi di genere>>.
“Per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”.
“Gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche” e ancora
“E’ l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia, non la donna” o
“Spetta all’uomo prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia”.
Stereotipi che diventano l’anticamera del pregiudizio:
“Se una donna subisce una violenza sessuale è sua la responsabilità, d’altra parte, una donna, è in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole”.
“Una donna, può provocare una violenza sessuale con il suo modo di vestire”.
Oppure, “una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe è in parte responsabile”. Potrei continuare ancora…
Ma non lo faccio. Perché non vi nego, che solo scriverle certe cose, mi fa rabbrividire.
“Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla”.