Disturbi alimentari e tagli dei fondi: cosa cambia per pazienti e famiglie?
A pochi giorni di distanza dall’approvazione dalla legge di bilancio che cancella 25 milioni di euro che erano stati stanziati dal Governo a favore del contrasto dei disturbi alimentari è necessario diffondere una vera e propria cultura della prevenzione. Una cultura che metta al primo posto il benessere dell’individuo, la vita, la serenità, la gioia e il piacere dei rapporti sociali.
L’obiettivo di questi fondi era quello di rinforzare la rete degli ambulatori multidisciplinari su tutto il territorio italiano dedicati al trattamento dei DCA, Disturbi del Comportamento Alimentare. Un aiuto concreto per i pazienti che è venuto a mancare quest’anno. Ho l’occasione di approfondire questo tema con Davide Casati, consigliere regionale del PD, membro della Commissione III – Sanità.
- Buongiorno Davide, quali ripercussioni avranno i tagli apportati dal Governo?
Buongiorno. C’è ovviamente molta preoccupazione perché questi 25 milioni di euro a livello nazionale (con ricadute territoriali sul biennio 2023-2024) sono stati destinati per incrementare l’offerta ambulatoriale, di reparto, residenziale e semiresidenziale con particolare attenzione alla fascia di età 15-24 anni per il contrasto dei DNA (disturbi della nutrizione dell’alimentazione). Di recente il Ministro della Salute Schillaci ha dichiarato che saranno stanziate le risorse oggi assenti nella Legge di Bilancio, speriamo sia davvero così. Questi fondi nazionali sono distribuiti tra le Regioni e per la Lombardia sono 4.195.000 euro sul biennio (per l’ATS di Bergamo sono 463.264 euro).
- Informazione, formazione, potenziamento delle strutture pubbliche, cure e ricerca. Quanto contano?
Non ci sono alternative alla prevenzione e quindi all’informazione e alla formazione, con annesso potenziamento delle strutture pubbliche. Nella nostra Regione – dove manca un monitoraggio effettivo della situazione - l’ultimo dato disponibile risalente al 2019 riporta una situazione per la quale i minori affetti da disturbi alimentari e presi in carico dal servizio sanitario lombardo sono stati circa 1.500 e 3.000 gli adulti ma si tratta della fotografia della punta dell’iceberg di una patologia che si stima coinvolga circa 500mila persone sull’intera popolazione lombarda (dati Fondazione The Bridge). Di fronte a queste stime non possiamo stare fermi.
- I disturbi alimentari pare siano diventati la seconda causa di morte tra i giovani. Da tre anni a questa parte è stata istituita la Giornata del fiocchetto lilla, ma bisogna far rumore. Anche perché questa problematica si è acuita con la pandemia. Ecco perché il taglio dei fondi, che aveva permesso di assumere 780 professionisti del settore, è una grande sconfitta. La rete di cura diventerà più fragile e queste patologie saranno trattate quasi esclusivamente nel privato. Ma non tutti possono permetterselo. I disturbi alimentari, quindi, diventeranno una malattia per ricchi?
Il rischio è evidente e già sta avvenendo per altre tipologie di malattie dove il ricorso alla sanità privata con il pagamento delle prestazioni a carico del paziente è ormai una scelta obbligata. Mi auguro davvero che non sia così per i DNA, dove anche l’Assessore Regionale Bertolaso, in risposta ad una nostra question time dello scorso 16 gennaio, ci ha risposto che anche di fronte a dei tagli di fondi nazionali, per la nostra Regione questa è una priorità e si troveranno le risorse necessarie per affrontare questa importante problematica, ulteriormente peggiorata dopo la pandemia. Monitoreremo che sia davvero così.
- Quanto conta l’opinione pubblica?
Moltissimo, e fa la differenza. “Bisogna fare rumore” e non restare indifferenti.
- Per il territorio di Bergamo so che ti stai spendendo molto per il centro per i disturbi del comportamento alimentare di Piario. Quanto conta questa struttura per il territorio lombardo?
Può essere una struttura davvero importante per tutta la nostra Regione e non solo Bergamo quindi. Un centro di eccellenza e all’avanguardia, in rete anche con l’Università per l’attività di ricerca. Ma serve il personale che oggi ancora non c’è. Il Centro di Piario non è finanziato coi fondi statali ma regionali che sono già stanziati ma ci sono difficoltà nel reclutamento del personale, che spero presto vengano superate.
- Infine, cosa chiediamo alla regione?
Mantenere le promesse fatte. Avviare il prima possibile il Centro di Piario concludendo le assunzioni di persone previsto e stanziare tutte le risorse necessarie per contrastare i DNA, investendo sulla sanità territoriale e sulla prevenzione, coinvolgendo anche le scuole.
Grazie Davide.