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Disagio giovanile e crisi della famiglia: verso una presa di coscienza

  • Mirella Elisa Scotellaro

Complice la crisi economica e quella dei valori familiari, sui ragazzi d’oggi incombono trappole spesso invisibili.

Il disagio giovanile non è una malattia, ma è parte dell’età evolutiva, per cui le inquietudini,  il malessere psicologico e i conflitti che normalmente accompagnano questa fase della crescita, di solito si risolvono spontaneamente con esito positivo.

Può accadere che le situazioni di sofferenza personale come l’insicurezza o il senso di inadeguatezza permangano, oppure si aggravino, dando luogo a disturbi più o meno importanti della personalità di carattere patologico, ma fortunatamente, nella massima parte dei casi,si tratta soltanto di problemi temporanei   (potrebbe quasi  dirsi “fisiologici”), tipici della normale transizione dell’adolescente verso l’età adulta.

La famiglia- oggi più che mai sotto pressione per le prospettive di impoverimento e per l’incertezza sul futuro – spesso non ne percepisce la reale entità, e non valuta nella giusta misura alcune peculiari difficoltà che, se trascurate, possono trasformarsi con il passare degli anni in un qualcosa di più serio. Trasmette essa stessa ansia  e paure, rinunciando così ad esercitare un ascendente sulla prole,  arrivando a sottovalutare e declassare a semplice maleducazione, o a crisi passeggere dell’umore, determinati sintomi che richiederebbero  maggiore considerazione.

I ruoli-guida all’interno del gruppo familiare si sono involuti, apparendo oggi inadeguati o comunque sbiaditi, e arrivando ad evidenziare una diffusa - e frequentemente inconsapevole -  carenza cronica  di “leadership”  genitoriale. Non di rado, infatti, lafigura materna, assorbita dalla necessità di conciliare il lavoro con le incombenze domestiche, fatica a trovare gli strumenti e la disponibilità mentale per seguire e sorvegliare tutti i comportamenti e le relazioni dei figli, mentre quella paterna– a volte sminuita dal continuo senso di frustrazione e di impotenza nei confronti delle problematiche economiche (e delle crisi coniugali che sovente ne scaturiscono), altre volte invece troppo presa da ambizioni professionali, si ritrova concretamente svuotata del suo ruolo tradizionale di autorevole pater familias; ragion per cui, in buona sostanza,  (ora per un motivo,  ora per l’altro) uno o entrambi  i genitori finiscono per essere poco presenti ovvero, loro malgrado, scarsamente capaci di polarizzare l’interesse e la cooperazione dei ragazzi; né vengono sostituiti da altre adeguate figure di riferimento, nel silenzio-assenza delle istituzioni.

Accade allora, inevitabilmente, che i figli finiscano per passare interi pomeriggi ad autogestirsi tra i compiti a casa, un uso incontrollato del computer (altamente rischioso!), e i programmi televisivi dai contenuti non sempre adatti a loro(basti pensare alle scene di inaudita violenza, riscontrabili purtroppo anche nella cosiddetta “fascia Protetta”). Durante questo arco temporale, oppure la sera tardi mentre i familiari dormono, minorenni e maggiorenni  - in assoluta “privacy” - possono essere indotti nella tentazione di varcare il “confine del proibito”, lasciarsi coinvolgere in esperienze illecite, e fare le peggiori conoscenze possibili: tutto questo  attraverso la rete che,da meraviglioso mezzo di trasmissione della conoscenza, può subdolamente trasformarsi in strumento tecnologico  per accedere al mondo dell’illegalità in tempo reale, stando comodamente seduti davanti ad una tastiera, a pochi metri da ignari familiari che si trovano nella stanza accanto...

La scuola, da parte sua, non riesce sopperire, se non in minima parte, al vuoto affettivo e valoriale che circonda i ragazzi, disponendo di  risorse finanziarie limitate, nonché di programmi formativi rispondenti a tutt’altra  tipologia di esigenze.

In una siffatta cornice, non resta difficile comprendere  il disorientamento di tanti giovani, che – sentendosi adulti -  fronteggiano inermi, e relativamente soli, il compito di gestire i propri stimoli, sollecitati da un autentico bombardamentodi informazioni(visive e audiovisive) le quali, attraverso i media e la pubblicità, propongono incessantemente nuovi potentissimi idoli (studiati a tavolino per motivi commerciali, ed in grado di competere in maniera assolutamente vincente sulla concorrente figura del genitore): il successo ad ogni costo, il potere della perfezione fisica, l’auto più veloce, il profumo più costoso, l’abito firmato, l’assunzione di superalcolici per fare colpo sull’altro sesso, l’uso spregiudicato e strumentale dell’aspetto estetico e della forza fisica, e quant’altro…

L’attrazione esercitata da simili modelli alimenta a dismisura un immaginario destinato a scontrarsi con la dura realtà contemporanea, fatta purtroppo per molti versi di disoccupazione, se non di precarietà, di frustrazioni e di rinunce. E’ proprio allora che la scorciatoia della criminalità, la trappola della droga, o l’abisso dell’alcolismo, intervengono su delle personalità, ancora fragili e plasmabili, a colmare il buio interiore e quell’assenza di valori che solo gli irraggiungibili beni materiali  - ingannevolmente - sembrano poter riempire!

Gli stessi problemi di squilibrio dell’autostima (l’insufficienza o l’eccesso), o l’atteggiamento di “autoesclusione sociale”, frequenti in giovane età, possono portare di per sé stessi ad una situazione conflittuale con l’ambiente esterno, rispetto al quale il soggetto  -  caricato di aspettative troppo grandi in relazione alle proprie potenzialità -  può giungere al punto di averne una percezione falsata, cosicché la struttura sociale in cui egli è inserito arriva ad apparirgli ostile, o comunque non conforme ai propri bisogni. Ne possono conseguire reazioni individuali che rispondono a dinamiche complesse, e che(nelle situazioni più gravi, e al verificarsi di particolari condizioni) possono scatenare comportamenti anche socialmente pericolosi: bullismo, atti di violenza fisica su cose o persone, abbandono scolastico, rifugio nella tossicodipendenza, fino ad arrivare a comportamenti totalmente distruttivi o autolesionisti, e tali da poter culminare  - in casi estremi -  con l’omicidio e/o il suicidio.

Per fronteggiare problematiche di tale portata e di tale delicatezza, è fondamentale ricercare con prudenza  quasi pedagogica una posizione di sereno equilibrio nel rapporto con i ragazzi al fine di consentire, nell’evitare inutili allarmismi, il discernimento e l’attenzionamento selettivo di quelle condotte e di quegli atteggiamenti che possono rappresentare in via preventiva il sintomo di un disagio più complesso, tendenzialmente soggetto ad incamminarsi  verso strade pericolose; dunque bisognoso di assistenza e di sostegno.

Il recupero dei valori familiari, e del ruolo centrale della famiglia nella comunità, resta il presupposto imprescindibile di questo percorso obbligato.

Mirella Elisa Scotellaro 

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