Busto Arsizio: Cameriere in bikini, ovvero l'arte del buon gusto
Busto Arsizio (Varese), Febbraio 2016. Ombrelloni, cartelloni raffiguranti spiagge dorate, acque cristalline, surf. Bellissima l’ambientazione scelta da un noto locale del Varesotto, che accompagna i suoi clienti in Florida per il tempo di una cena.
Dopo qualche minuto di attesa, posso accomodarmi e iniziare a sfogliare il ricco menu. Al momento di ordinare, si presenta una giovanissima cameriera in shorts e bikini: non posso trattenere uno sguardo perplesso. Mi guardo intorno. Vedo un’altra cameriera, similmente (s)vestita, forse un po’ più sorridente della collega. Noto, poi, altri due ragazzi intenti a prendere le ordinazioni: strano, loro non sono in costume. Tra i membri dello staff spicca, infine, un distinto signore (il direttore?), rigorosamente in giacca e cravatta (niente costume, nemmeno per lui).
Ordino un hamburger, molto saporito; anche gli altri avventori sembrano soddisfatti, mangiano e chiacchierano in allegria. Pago il conto, esco. Ho mangiato bene, in un locale accogliente. Tuttavia, continuo a ripensare alle due cameriere in costume, come se il loro (e il mio!) pallore, i 17-18 gradi del locale e i clienti avvolti nei loro caldi maglioni di lana non ricordassero continuamente che la Florida è lontana.
Al di là di facili moralismi (veri o presunti) e di polemiche sessiste (perché i camerieri non sono in costume?), la scelta di fare indossare alle ragazze capi così estivi risulta quanto meno discutibile, oltre che non necessaria. Non sarebbero bastate, per creare la giusta atmosfera, camicie colorate a stampa floreale, oppure t-shirt con una stampa originale? Soprattutto - mi rivolgo ai più cinici - siete davvero sicuri che un paio di cameriere in bikini attiri un maggior numero di clienti? Se le giovani in questione lavorassero in un chiringuito, su una meravigliosa spiaggia caraibica, potrebbe funzionare; a Busto Arsizio è senza dubbio più arduo.
«Un po' di cattivo gusto è come una bella spruzzata di paprika. Tutti abbiamo bisogno di una spruzzata di cattivo gusto», pare abbia dichiarato Diana Vreeland, storica firma della rivista Harper’s Bazaar e direttrice di Vogue America, oltre che donna di grande eleganza. Sono d’accordo: ben venga l’uomo d’affari che in vacanza indossa solo canotta e bermuda, ben venga un maglione un po’ troppo eccentrico, una gonna un po’ troppo corta, se ci va. Ma una pallida cameriera un po’ troppo nuda, in pieno inverno, in piena città, no. Ahimè, la Florida è ancora lontana.
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