Uomini e donne nella pubblicità italiana
Grazie ad una ricerca svolta dall’Art Directors Club Italiano (Adci), da Nielsen Italia, e da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’ateneo di Bologna è stata confermata l’idea, già sostenuta da molti, che la pubblicità italiana sia tra le più sessiste al mondo.
Nel 2008 il Parlamento Europeo ha approvato con 504 voti favorevoli la proposta di abolire la pubblicità sessista e degradante per le donne, segno che il problema riguardava molti paesi europei. Ma in Italia non sono stati notati miglioramenti. Il Presidente della Camera Laura Boldrini ha definito inaccettabile il fatto che “in questo Paese ogni prodotto, dallo yogurt al dentifricio, sia veicolato attraverso il corpo della donna”.
Il punto è che sono sempre i corpi delle donne ad essere ridotti a oggetti o a veicolare significati ambigui.
Sono state individuate sette categorie di modi di rappresentazione dei corpi in pubblicità: sessualmente disponibili, grechine (bellezze decorative che riempiono il vuoto ma che non rimandano e nessun significato specifico), ragazze interrotte (donne che vengono rappresentate senza una parte del corpo, solitamente la testa), manichini, pre orgasmiche, emotive e modelle.
Attenzione, queste categorie non riguardano esclusivamente le donne, anche il corpo degli uomini viene rappresentato così. La differenza sta nella percentuale di volte e nei soldi investiti nei due casi.
Prendiamo come esempio la categoria “sessualmente disponibili”: nel dicembre 2013 il 12,9% dei corpi delle donne utilizzati in pubblicità rimandava a questo significato, grazie ad un investimento di più di dieci milioni di euro; nello stesso periodo solo l’1,7% delle pubblicità che raffiguravano uomini faceva parte di questa categoria, con neanche cinquecentomila euro di investimenti.
Ma allora, come vengono rappresentati gli uomini? Semplice, come professionisti, modelli o sportivi. Le donne veicolano significati sessuali, poiché l'attenzione è tutta riservata al loro corpo perfetto, solitamente rappresentato nudo o seminudo; le immagini degli uomini rimandano al mondo del lavoro, quindi all’intelligenza, alla competenza e al potere. Le idee implicite che queste immagini introducono nel circuito mediatico e culturale sono uguali per uomini e donne? È parità di genere questa?
Sto forse esagerando? Giudicate voi. C’è un modo veloce ed efficace per capire quando una pubblicità è sessista: si tratta di quella che in semiotica è chiamata “prova di commutazione”. Iniziate col porvi la domanda: “E se ci fosse un uomo, al posto della donna, in questo annuncio?”. Se la vostra reazione non cambia, allora siete davanti ad una pubblicità giusta, corretta e che rispetta le donne; se invece l’immagine vi provoca imbarazzo, riso, o avvertite che c’è qualcosa che non va … vi siete già risposti da soli.