Un caporeparto denuncia condizioni da medioevo
La lettera in allegato è la triste testimonianza della realtà del precariato in Italia. Un realtà corrotta ed illegale ma ancora protetta da uno spesso velo di omertà.
Questa triste e illegale realtà riguarda una grande azienda della grande distribuzione che opera nel nostro paese.
Per motivi di privacy non verrà nominato nè l'autore nè l'azienda incriminata.
La storia che sto per raccontare è la storia di un giovane neolaureato come tanti che si incontrano oggi e di cui sente spesso parlare.
Un giovane che si affaccia per la prima volta alla finestra del mondo del lavoro.
Una finestra dalla quale guarda i suoi sogni correre e un futuro misterioso ma pieno di promesse.
Dove guardando lontano immagina un giorno di trovare il lavoro che ha sempre sognato.
Dove vede un uomo e una donna che tornano a casa la sera stanchi ma felici.
Questa è la mia storia.
Una storia vera.
Sono stato assunto in A****** SpA agli inizi del 2006.
Navigando su internet mi imbattei nel sito di questo grande colosso multinazionale della GDO.
Sito interessante. Coinvolgente. Bei colori. Di facile lettura.
Individuo la voce “lavora con noi”. Si apre la finestra.
Cito testualmente: “ Entrare in A****** significa far parte di una squadra fresca, affiatata, pronta ad accompagnarti e supportarti nella tua crescita professionale.
Per questo proponiamo un progetto di sviluppo personale e professionale di grande interesse per ciascun collaboratore.
Il nostro obiettivo è quello di rendere i nostri Collaboratori responsabili, professionali, appassionati e valorizzati.”
Apro la finestra sottostante. Compaiono il profili richiesti ai quali e possibile candidarsi.
Una figura colpisce immediatamente il mio interesse: Capo reparto.
Cito testualmente:
Se hai voglia di metterti alla prova, imparare e soprattutto crescere con noi.... Stiamo ricercando giovani ricchi di carattere e tenaci, dotati di buone capacità organizzative e relazionali, predisposti alla gestione di gruppi di persone ed al lavoro di squadra, orientati al risultato e al cliente, con buone capacità di adattamento ma soprattutto con l’umiltà necessaria a mettersi in gioco e ad imparare. I candidati ideali sono laureati (da tutti i corsi di laurea) da inserire in azienda come Allievi Capi Reparto che, attraverso un percorso formativo intenso e qualificante sia teorico che pratico, potranno diventare i futuri Capi Reparto A******.
Doppio clic. “ Curriculum correttamente inserito”.
Dopo poco meno una decina di giorni fui chiamato per il colloquio.
C’era un casino di gente. Venivamo divisi in gruppi. Una prova scritta e due colloqui.
Feci tutto in un paio d’ore, forse tre non ricordo, e tornai a casa.
Dopo una settimana esatta fui contattato: Assunto.
Ero felice. Il mio primo lavoro.
Capo reparto con contratto a tempo indeterminato.
Una squadra da gestire. Non mi sembrava vero.
Partii per questa avventura pieno di speranze.
Ricordo ancora il mio volto riflesso nel finestrino del treno che correva.
Era volto felice. C’erano due occhi meravigliosi.Due occhi pieni di luce.
Una luce che ormai è scomparsa da tempo.
Sono passati quasi tre anni da quel momento.
Tre anni di umiliazioni e vessazioni. Di ingiurie e calunnie. Di discriminazioni e ingiustizie. Di sfruttamento e di precariato.
In A****** l’organizzazione del lavoro è prontamente e fermamente indirizzata ad un perverso sistema di riduzione del costo del personale, ma nello stesso tempo, alla continua ricerca di risultati ottimali.
Qualcuno mi potrebbe dire: “…si…ma è tipico di ogni azienda che abbia finalità lucrative e di crescita…”.
Invece No.
In A****** è un caso a parte.
A****** attua metodi illegali eludendo in piena regola il Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti di Azienda del Commercio e del Terziario stipulato il 24 luglio del 2004 a Montegrotto (Padova).
La sua politica economica è rivolta al totale sfruttamento e annientamento della risorsa umana.
Brevemente.
L’organizzazione del lavoro tipica di ogni punto vendita si caratterizza come segue:
- Direttore
- Capi settore
- Capi reparto
- Addetti vendita
Le prime due figure ( Direttore e Capi Settore ) sono coloro che dirigono la giostra.
Sono quadri che nella maggior parte dei casi occupano quella posizioni per meriti che “prescindono” dai risultati di carriera effettivamente ottenuti.
E’ gente mediocre, perlopiù diplomata, che fa e deve fare solo gli interessi aziendali.
Gran parte di loro non hanno famiglia e vivono nell’azienda. Conosco casi di quadri che hanno dormito sulla sedia del loro ufficio fino al giorno successivo per poi riprendere tranquillamente lavoro.
Gli addetti sono la maschera con la quale coprirsi la faccia verso le autorità e i controlli esterni. Tra quest’ultimi si possono contare sulle dite di una mano quanti hanno un full-time e un contratto a tempo indeterminato. Godono di questi privilegi soprattutto gli “anziani”, cioè coloro che arrivano dai resti della vecchia Città Mercato.
Il resto tutti part - time e contratti determinati.
E tanti ma tanti “allievi capo reparto”.
Le future vittime. Il maggior investimento in termini di risparmio di costi da parte di questa azienda.
Perché le vittime???
Ve lo spiego subito.
Gli allievi capo - reparto sono per la maggior parte gente laureata.In poche parole gente che ha bisogno d’inserirsi al più presto.
Per loro è previsto un periodo di formazione di circa due mesi che tutto è tranne che un periodo di formazione.
L’allievo - caporeparto sono solo due braccia in più per tredici - quattordici ore al giorno.
Viene “invitato” a timbrare solo l’entrata. Per la timbratura d’uscita ci pensa l’ufficio dl personale.
Se dopo i due mesi di prova è ancora vivo avrà l’indeterminato e starà in attesa di un posto di capo - reparto in qualche ipermercato quando un suo collega sarà licenziato o si è dimesso.
In A****** il turnover di questa figura è particolarmente elevato: solo il 3% degli assunti come allievi arriva a finire il periodo di prova.
Ed i capi reparto che arrivano ai tre anni è più o meno il 4% di quelli che hanno avuto la nomina riesce ad andare avanti.
I motivi di tutto questo???
I capi reparto non hanno una squadra da gestire. E’ pura fantasia.
Se hanno degli addetti il loro numero è sempre esiguo a quelle che sono effettivamente le esigenze vere e, nel 90% dei casi, ha un contratto part - time che non ti permette di organizzare in modo ottimale il lavoro che interessa tutta l’arco della giornata.
Di conseguenza il responsabile “teorico e pratico” di tutto e tutto è il capo reparto.
Di tutto e tutto intendo: gestione della vendita, ordine nei banchi, correttezza dei prezzi e dei cartelli promozionali di tutti i prodotti ( il numero di prodotti da gestire in un reparto arrivano anche a quota 10.000), rapporto coi fornitori, assistenza al cliente e caricamento e ordine del banco,pulizia e ordine del magazzino ( dove il sistema di illuminazione è sempre scarso e il servizio di climatizzazione sempre assente e dove le condizioni di sicurezza sono totalmente inesistenti).
Naturalmente tutto questo dovrebbe avvenire nel normale orario di lavoro, o meglio, quello prescritto dal contratto collettivo nazionale citato in precedenza: all’art. 63 e 64..
Gli articoli in questione prescrivono un orario settimanale di 40 ore e l’obbligo dell’azienda di esporre in modo visibile gli orari da praticare. A tutti: addetti e capi reparto.
Ed, inoltre, questi orari devono essere comunicati all’Ispettorato del Lavoro.
Inoltre l’articolo 83 prevede il diritto per il lavoratore al giorno di riposo settimanale che gli permetta di non lavorare sette giorni consecutivi, quando si lavora la domenica.
Inoltre tra un giorno e l’altro d’impiego lavorativo ci deve essere uno stacco di almeno di 11 ore.
Naturalmente, come prova che avvenga tutto questo c’è il “sistema elettronico di timbratura del badge” , che lascia una traccia oraria in termini di entrata e di uscita del dipendente che entra e di chi esce.
Questo sistema vale solo per gli addetti vendita.
Non per i capi reparto.
Mi spiego meglio.
I capi reparto sono obbligati dai loro superiori a timbrare solo l’entrata, non l’uscita.
Di quella si preoccupa l’ufficio del personale sotto l’avida direzione dell’RRU e del Direttore.
In poche parole il capo reparto sa quando entra ma non sa quando esce, ma in ogni caso il suo orario giornaliero sarà sempre - sulla carta - otto o meno , a secondo di come raggiungere le quaranta ore settimanali.
Perché non timbra??
Perché ti dicono esplicitamente di “non timbrare..”
Il capo reparto entra di mattina e va via dopo 14 - 15 ore e non prima. TUTTI I GIORNI.
E queste tredici ore saranno caratterizzate non solo da lavoro amministrativo nella gestione degli ordini e dei prezzi di vendita. Ma, soprattutto, della sistemazione del banco ed il suo caricamento. Questo significa prendere le pedane le strutture in metallo necessario e caricare il banco( più delle volte alte quasi due metri…)
Da solo con camicia bianca e cravatta che a fine serata diventeranno come il colore dei cartoni.
Questo tutto da solo perché il tuo addetto a fatto già le sue cinque ore e poi da solo quello non riuscirà quasi mai a finirti un lavoro.
Inoltre, non dimentichiamoci, il servizio assistenza.
Se ti chiamano dalla vendita devi correre dal cliente e dargli tutte le spiegazioni di cui ha bisogno.
Inoltre il capo reparto deve essere fortunato perché se non ha nessuno che gli copre l’assistenza alla vendita fino a chiusura dell’ipermercato è costretto a stare lì fino a chiusura del centro commerciale. Avete capito. Dalla mattina. Questo tutti i giorni.
E ALLA FINE DELLA GIORNATA NON PUOI TIMBRARE L’USCITA.
Perché altrimenti sarebbero troppe ore giornaliere e troppi straordinari da pagare. Infatti il CCNL prevede che il datore di lavoro non può chiedere più di due ore aggiuntive al giorno ( art. 63 ), oltre al normale orario e non più di dodici settimanali.
Un capo reparto in media fa circa 80 ore a settimana ed è poco.
Non dimentichiamoci un punto importante: “ la sua paga è commisurata sempre a ciò che ha firmato nel contratto”. Quindi, il suo stipendio sarà sempre commisurato alle 40 ( dico quaranta ore..) settimanali.
Circa 1300,00 euro al mese.
Posso parlare di casi in cui ho cominciato alle sette di mattina e ho finito a mezzanotte( almeno due volte al mese è fisso...).
Oppure di casi quando ho cominciato alle otto di sera ed ho finito alle sei del mattino e sono ritornato a lavoro il pomeriggio del giorno stesso.
Difficilmente faccio la pausa durante il giorno e se la faccio devo avere con me sempre il telefono aziendale e correre in qualsiasi momento.
Quante volte ho pagato e lasciato lì il piatto di pasta cha avevo da poco comprato..
Quante volte alle cinque del mattino dopo dodici ore di allestimento di una zona promozionale sto in magazzino al freddo con gli occhi che mi lacrimano dalla stanchezza e le mani che mi tremano che cerco di manovrare un muletto nel modo più sicuro per me e per i beni aziendali intorno posizionare un bancale lì in alto in modo corretto prima che il “coge” intervenga dicendomi che ho una riserva uno schifo.
Il giorno di riposo???
Sei fortunato se riesci a farlo, anzi, se ti permettono di farlo.
Te lo dicono esplicitamente: “questa settimana si salta…“ .
Devi solo importi per farlo.
Ma dopo su di te cadrà l’inferno.
Al tuo ritorno avranno trovato sicuramente qualcosa, anche la più futile che non va, per darti fastidio..
Ma la cosa più interessante e speciale e che quando salti il giorno di riposo ( per il bene e la valorizzazione dell’azienda…) e vieni in azienda non devi timbrare altrimenti lasci “il segno” che hai fatto i sette giorni su sette.
Potresti mettere l’azienda in serie difficoltà con un controllo dell‘Ispettorato, anzi, rischi pure di essere contestato perché lì non ci dovevi essere.
Ma mi domando: “ se mi faccio male mentre lavoro o incorro in un grave incidente mentre torno a casa dopo una giornata in cui non ho timbrato…chi mi paga??”
La figura del Capo reparto è creata ad hoc per dall’azienda per garantirsi in ogni caso una copertura del reparto per il 90% della giornata. Gratis.
Attraverso un sistema di pressioni, vessazioni, congiure ed intimidazioni si è creato un “metodo logico per l’azienda” in un contesto illegale.
Naturalmente a chi racconto questa storia mi chiede il perché noi capi reparto non ci ribelliamo.
Beh…non tutti hanno il coraggio.
L’incertezza del mercato del lavoro, la crisi, un muto da pagare, una famiglia possono spingere una persona ad accucciarsi su se stesso e a vivere di questa situazione.
Sopportandola fino all’ulcera.
Ma anche in questo caso non serve a niente. Puoi anche dare l’anima. Ma quando i conti non tornano qualche stipendio deve saltare.
Infatti nell’ultimo periodo A****** sta attuando una importante politica di taglio del personale per contenere gli effetti della crisi.
Il punto vendita di Cinisello Balsamo e quello appena nato di Monza ne sanno qualcosa.
Nel primo in nemmeno un anno sono stati lasciati a casa circa 200 persone tra contratti non rinnovati e licenziamenti….ed un mondo di dimissioni.
Ogni pretesto e buono per lasciarti a casa.
Se non ci riescono in questo modo gli atti e i comportamenti di violenza morale o psichica in occasione di lavoro in questi iper, specialmente quelli che caratterizzano la piazza di Milano ( i neonati iper di Cinisello Balsamo e di Monza, Rescaldina, Vimodrone, Nervino ,etc..) sono all’ordine del giorno e stanno portando ad un degrado sistematico delle condizioni di lavoro idoneo a compromettere la salute e la professionalità nonché della dignità di ogni singolo lavoratore di questo posto e rimettendoci la stessa azienda, in modo serio, in termini di produttività.
Per non parlare dell’uso indiscriminato e illegale delle telecamere che ti seguono passo passo tutta la giornata violando la più piccola riservatezza, con l’intento di coglierti in un “comportamento sospetto e lesivo degli interessi aziendali” per lasciarti a casa.
Nessuno dei capi reparto è iscritto al sindacato.
Nessuno. Chi si iscrive al sindacato ha i giorni contatti. Si riverseranno su di lui tante di quelle lettere di contestazioni per futili motivi che né seguirà una lettera di licenziamento per giusta causa data la recidività di tali comportamenti, naturalmente, tutto questo in un contesto illegale.
Tutto questo è quello che è accaduto a me, anzi, che mi sta accadendo in modo ancora più feroce..
Ho cominciato ad urlare. Voglio parlare. Voglio denunciare.
Il problema è che sono ancora costretto all’anonimato per il bene che voglio alla mia famiglia. Ai miei figli ancora piccoli.
Non posso permettermi di rimanere senza lavoro in questo delicato periodo di crisi economica che sta vivendo il mondo intero.
I miei colleghi non sono capaci di organizzare con me uno sciopero.
Hanno paura.
Ma il coraggio non è mai stato non avere paura, le persone coraggiose sono quelle che affrontano il loro timori e le loro incertezze, e le ribaltano a loro favore usandole per diventare ancora più forti.
Mi rimane solo questa lettera con la quale denunciare al mondo intero la realtà cattiva e sprezzante di un azienda che al solo scopo di far moltiplicare i suoi profitti in modo esponenziale, non esclude, anzi, né fa l’arma migliore, di sfruttare i Capi reparto, perlopiù laureati, e quindi bisognosi di inserirsi al più presto e che difficilmente si lamenteranno pur di non ritornare di nuovo in mezzo alla strada.
lettera anonima