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Oncologia e Robotica: medicina e tecnologia per la salute dei pazienti

Oncologia e robotica, due settori  che stanno viaggiando in simbiosi, che mirano a un a medicina efficace e efficiente per la cura dei pazienti.  la  ricerca e  la  scienza ad oggi hanno continuato e  continuano a compierepassi da gigante per garantire delle cure  mirate alla lotta  del male del secolo: i tumori.

In  passato i tumori incutevanosolo paura e terrore, oggi con la scoperta  di nuove tecniche, la medicina ha ottenuto  nuovi traguardi, nuove vittorie, è riuscita attraverso la robotica  a ottenere  conoscenze sia per quanto riguarda i tumori, la tipologia, il loro modo di comportarsi nel corpo  sia come intervenire per  bloccare l'avanzare dei tumori. Il tutto per i salvare  le  preziose vite di tante persone, grandi e piccini.

Abbiamo voluto chiedere il parere di un eccellenza della chirurgia oncologica italiana ed internazionale, Il Dottor Mario Annecchiarico.

Dott. Mario Annecchiarico Laureato e specializzato presso l’università Federico II di  Napoli, ha conseguito il diploma in chirurgia generale ed il dottorato di ricerca in scienze chirurgiche e tecnologiche diagnostico-terapeutiche avanzate, con una carriera professionale per gran parte dedita all’applicazione e allo sviluppo delle tecniche di chirurgia mininvasiva robotica, attualmente direttore dell’unità complessa di chirurgia generale e oncologica dell’azienda ospedaliera di rilievo nazionale ed alta specializzazione San Pio di Benevento.

Dottore, Come l’oncologia continua ad affrontare questa patologia, che spaventa tutti?

L'innovazione tecnologica ha contribuito negli anni ad ottenere importanti progressi nel trattamento dei tumori, da ogni punto di vista, come per esempio gli studi genetici, lo sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici nuove tecniche diagnostiche e  non ultimo  in chirurgia  e soprattutto in chirurgia oncologica, con un peso pari a quello che può avere l’introduzione  di un nuovo farmaco chemioterapico. Una di queste innovazioni è rappresentata senza alcun dubbio dalla chirurgia robotica massima evoluzione delle tecniche chirurgiche mininvasive che furono introdotte circa 30 anni fa con la chirurgia laparoscopica

La medicina abbraccia sempre più nuove tecniche di intervento, lei spesso parla di robotica , cos’è e perché il suo utilizzo?

La chirurgia robotica è una tecnica chirurgica mininvasiva introdotta agli inizi degli anni 2000 derivante da un progetto della NASA che prevedeva la possibilità di eseguire interventi chirurgici a distanza e magari raggiungere pazienti in situazioni difficilmente reggiungibili. Da li c’è stata una continua evoluzione dei sistemi robotici fino a quelli attualmente in commercio. Sostanzialmente la chirurgia robotica è una tecnica che offre  la possibilità di eseguire interventi di chirurgia maggiore con tecniche mininvasive,  garantisce una visione dell'anatomia e del campo chirurgico migliore di quella che può avere l'occhio umano in  chirurgia tradizionale con un  interfaccia tecnologica tra chirurgo e paziente dotata di hardware e software che migliora la perfomance dell’operatore con il contributo di numerose caratteristiche di questo approccio come per esempio la magnificazione delle immagini e quindi del  campo operatorio, l’eliminazione del tremore fisiologico, la possibilità di integrazione di  immagini, e tanti altri aspetti che  offrono indubbi vantaggi al paziente sia in termini  di risultato oncologico che di ripresa post-operatoria, con degenze più brevi e rapido ritorno alla normale attività quotidiana o all’inizio di un trattamento farmacologico complementare. Ma la cosa a mio avviso più interessante è che come tutte l’innovazioni tecnologiche è un sistema infinitamente implementabile,  che negli ci riserverà ancora molti cambiamenti tutti finalizzati ad una maggiore qualità di cure dei pazienti, in particolare di quelli oncologici. Per citare il compianto Steve Jobs bisogna essere preparati a  “pensare differente” alla chirurgia del futuro!

Tante le sue pubblicazioni, cosi tanto l’impegno per la ricerca, si afferma spesso che prevenire è meglio che curare, Cosa significa per lei prevenzione?

Prevenzione a mio avviso è avere cura di se stessi da parte dei pazienti ma anche implementazione dei programmi di screening da parte delle istituzioni. Mai come in questo periodo abbiamo visto come lo screening è fondamentale per la prevenzione e la cura dei tumori. Purtroppo la pandemia è stata causa di un buco nero enorme in questo tema, il dirottamento di gran parte delle risorse umane (spesso esigue) e organizzative da parte delle strutture sanitarie sull’emergenza Covid ha danneggiato molto spesso i programmi di screening, interrotti per lunghissimo tempo, che unito alla paura dei pazienti di recarsi nelle strutture sanitarie sarà ahimè causa di perdita di tante vite per patologia tumorale, che aumenterà ancora di più il conto da pagare a questo virus.

La pandemia, un evento improvviso che ha lasciato un segno indelebile nelle nostre vite, per gli operatori sanitari è stato un momento complicatissimo di duro lavoro, Quanto ha inciso questo periodo nella cura dei pazienti e come è stato affrontato?

Come anticipavo prima, la pandemia ha creato e creerà ancora per molto tempo tanti effetti negativi sulla salute dei cittadini. A mio avviso la naturale impreparazione iniziale del sistema sanitario ha generato un messaggio, amplificato dai media, che gli ospedali fossero luogo di contagio e luoghi da cui bisognava star lontani; a questo si sono aggiunte tutte le carenze di un sistema che per anni era stato il principale bersaglio dei tagli alla spesa pubblica e di conseguenza messo in una condizioni in cui era difficile fronteggiare ad una tale situazione. Ma ciò nonostante credo che tutti gli operatori sanitari abbiamo fatto il massimo sforzo per cercare di garantire le cure ai propri pazienti, soprattutto ai pazienti oncologici, non va però dimenticato che sono stati rinviati migliaia di interventi in Italia che se pur per patologia benigna sono interventi che creano disagio ai pazienti e l’esecuzione di essi richiederà uno sforzo da parte degli operatori sicuramente non inferiore a quello messo in campo fino ad oggi, situazione questa che per forza di cose dovrà essere tenuta presente dalle istituzioni competenti e cercata di essere risanata nel più breve tempo possibile.

Tanti i cittadini che non riescono ad accedere alla cura, una sanità pubblica spesso indebolita da quella privata, meno accessibile e tanto costosa, tutto  questo causa di povertà economica e  diseguaglianza sociale.

La salute è vita, la vita un diritto, cosa ne pensa di tutto questo?

Io credo che la tutela della salute dei cittadini oltre ad essere un diritto sancito dalla nostra costituzione sia un dovere morale che in primis le istituzioni e tutti noi operatori sanitari abbiamo verso la popolazione. Ebbene spero che questa pandemia lasci almeno la consapevolezza di quanto sia necessaria e indispensabile la centralità della sanità pubblica, parlo di centralità perché in questo anno e mezzo sono emerse troppe differenze nella gestione dell’emergenza sanitaria, e per la prima volta forse non sempre a  favore delle regioni del nord dove sono concentrati i più importanti centri di diagnosi e cura del nostro Paese, credo che la salute dei cittadini debba essere garantita e tutelata allo stesso modo dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, e l’opportunità di accesso alle cure debba essere la stessa per tutti gli italiani questo senza demonizzare in assoluto la sanità privata ma magari rivedendo molte realtà di privato convenzionato che assorbono risorse che potrebbero servire a migliorare la sanità pubblica e non a caso queste situazioni sono particolarmente concentrate nel meridione del paese dove da sempre si registrano le maggiori criticità nella sanità pubblica.

Un curriculum di eccellenza, lei sarebbe stato uno dei tanti cervelli in fuga dall’ Italia, invece ha deciso di rimanere in Italia e addirittura ritornare al sud, a Montemiletto, in provincia di Avellino, dove vive con la sua famiglia.  Un atto di grande generosità in un posto dove c’è tanto ancora bisogno, a causa di tanti giovani , laureati e specializzati che lasciano il proprio paese, per mancanza di opportunità. Cosa l’ha spinto a fare tutto questo?

Guardi, io lasciai la mia terra verso la fine della corso di specializzazione in chirurgia per gli stessi motivi che la lasciano ancora oggi tanti giovani, ma la mia necessità maggiore non era solo quella del posto di lavoro ma era soprattutto quello di poter crescere e migliorare nella mia professione, ma dopo 14 anni di lavoro in una terra bellissima come la Toscana, che porterò sempre nel mio cuore, con un sistema sanitario pubblico tra i più efficienti in Italia, quando mi si è ripresentata la possibilità di tornare a “casa” ho deciso che fosse giusto coglierla. L’ho deciso non senza pensarci, non senza dubbi ma negli anni in cui ho lavorato in Toscana e frequentato vari centri del nord Italia, ho visto tanta, troppa gente del sud fare lunghi viaggi per affrontare i loro problemi di salute, e ho sempre pensato che tutto ciò non fosse giusto, ho sempre pensato che ognuno dovrebbe avere la possibilità di affrontare la propria malattia nel posto in cui vive, vicino ai propri affetti, vicino alla propria vita, ho pensato di poter contribuire anche io nel mio piccolo ad evitare qualche “viaggio della speranza” e di essere di aiuto alla gente della mia terra,  contribuendo nell’opera che, ogni giorno, fanno tanti ottimi professionisti miei colleghi che lavorano negli ospedali del sud. E a proposito di questo sostenuto  dal mio Direttore Generale Dott. Mario Ferrante, che ringrazio pubblicamente, ho fortemente voluto instituire un programma di chirurgia robotica nella nostra Azienda Ospedaliera “San Pio” di Benevento, per poter offrire all’utenza del territorio quanto di meglio si possa avere in termini di trattamento chirurgico mininvasivo al pari di qualsiasi centro di eccellenza nazionale ed internazionale.

Vorrei farle una domanda personale, lei è anche un bravo padre di famiglia, quanto è difficile secondo lei riuscire a conciliare la sua professione con quella di genitore, in un lavoro di responsabilità come il suo?

Ecco, questo forse molte volte risulta essere più difficile che affrontare qualsiasi intervento chirurgico, bisogna sicuramente trovare dei compromessi cercando di fare il massimo e anche oltre per la propria famiglia e per i propri figli. Io personalmente ho un solo bambino, che come per ogni genitore è la cosa più importante al mondo, e quello che quotidianamente cerco di fare è impiegare il poco tempo che ho a disposizione per stare con lui nel migliore dei modi, cercando di non fargli sentire mai la mia professione come una causa di scarsa presenza o attenzione nei suoi confronti, spero di poterci sempre riuscire ma di sicuro non è sempre facile!

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