La Chiesa paga le tasse sugli immobili?
È questa una domanda che si sente di frequente, a volte anche con uno spunto di polemica maligna; ebbene, andiamo a vedere come stanno le cose.
Per farlo attingo dalla pubblicazione fatta dal vescovo presidente dell'Amministrazione del patrimonio delle Sede Apostolica – Aspa -, per cui documento ufficiale a disposizione di tutti.
Si legge, su internet, giornali o dalla viva voce di chi pensa di sapere tutto, di una cospicua evasione di Imu e dell'immense proprietà immobiliare del Vaticano o Enti religiosi, analizziamo allora i dati. La maggioranza degli immobili posseduti sono chiese, che non rendono nulla anzi, sono fonti di notevoli spese di manutenzione, di riscaldamento e di salvaguardia del patrimonio artistico presente.
Sulla questione degli immobili bisogna distinguere gli immobili dati in affitto, che sono poi quelli che danno una resa, e per i quali le imposte vengono regolarmente pagate senza sconti o riduzioni.
L'Ici, l'imposta comunale sugli immobili, prevedeva l'esenzione per quegli immobili degli Enti senza fine di lucro e integralmente utilizzati per finalità socialmente rilevanti.
Questo tipo di esenzione non attiene solo alla Chiesa Cattolica, ma ne beneficiano tutte le altre Confessioni religiose, tutti i partiti politici, tutti i Sindacati e tutte quelle realtà che realizzano le condizioni previste dalla Legge. (e qui si vede quando la critica è volutamente scorretta poiché si cita solo la chiesa tralasciando, a mio avviso volutamente, gli altri beneficiari).
Il ragionamento che giustificava l'esenzione era semplice: i Comuni rinunciano all'imposta perché il vantaggio che la comunità riceve da tali attività è di gran lunga superiore, e alla fine si traduce per un vantaggio per le casse comunali e/o statali. Contrariamente a quanto molti hanno scritto e continuano a scrivere, l'esenzione non si è mai applicata alle attività alberghiere, anche se gestite direttamente da istituti religiosi. L'esenzione si applicava alle sole attività ricettive svolte senza percepire alcun reddito, ad esempio case famiglia o strutture per l'accoglienza dei profughi.
Papa Francesco ha espressamente dichiarato che le tasse dovute sugli immobili di proprietà ecclesiastica che svolgono attività commerciali si devono pagare.
Oggi sappiamo che le imposte hanno cambiato nome, ci sono l'Imu, la Tasi e l'Ires.
Come ulteriore contributo alla chiarezza, precisa il vescovo Presidente, e per focalizzare il discorso su dati certi, riporto le tasse pagate nel 2019 in Italia dall'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa), l'Ente vaticano che gestisce gli immobili intestati direttamente alla Santa Sede:
5.750.000 euro di Imu e 354.000 euro di Tasi, versati per oltre il 90% al Comune di Roma, dove gli immobili si trovano. Si aggiungano 3.200.000 euro di Ires, e si arriva alla bella cifra di 9.300.000 euro. Non è ancora finita perché a queste somme vanno aggiunte quelle della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, la Propaganda Fide, il Vicariato di Roma, la Cei, gli Ordini e le Congregazioni religiose.
Il Vescovo conclude col chiedere a quanti accusano di evasione, di partire dalla realtà dei fatti, e qui i fatti esplicitati rispondono alla domanda del titolo dell'articolo.
Credo che la richiesta del Vescovo sia quanto mai lecita, chi fa informazione e formazione deve agire con onestà e correttezza professionale; dire le cose come realmente sono, a meno che l'intenzione sia quella di screditare e nuocere, allora la questione è tutta un'altra.