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Gianfranco Zingarelli e la musica che resiste al Covid

  • Eleonora Boccuni

Intervista al tastierista/bassista dei Precious, la Tribute Band dei Depeche Mode, il quale ha evidenziato le difficoltà che il settore sta attraversando da più di un anno.

La musica è salvezza per l’anima, la musica è evasione, la musica è l’astrattezza di cui tutti necessitiamo, perché senza sarebbe impossibile vivere. Ogni suono, ogni rumore e anche il silenzio sono musica in quanto rappresentano quella ritmica cadenzata da note che vengono concepite dalla passione del compositore (musico, cantautore e/o strimpellatore).gianfranco zingarelli intervista

Non v’è differenza in chi, tra le note o il pentagramma di uno spartito, trova il suo spazio per comunicare in maniera cadenzata alternando musica, parole e, soprattutto, emozioni che si legano a ricordi di un momento vissuto sulla melodia di quel determinato pezzo! Ecco perché, la musica, assume un ruolo fondamentale anche nel corso della pandemia, in quanto è ciò che ci fa sentire vivi, ma, soprattutto, più vicini. E, dunque, vista la coeva situazione in cui viviamo da più di un anno, abbiamo colto l’occasione per comprendere al meglio ciò che, in realtà, vivono coloro che compongono, si esibiscono e fanno musica, proprio come: Gianfranco Zingarelli, il bassista, tastierista, programmatore e (parte del) coro dei Precious, la Tribute Band dei Depeche Mode.

Il gruppo nasce nel 2012 a Taranto e, da quel momento, possiamo dire con certezza che hanno infiammato i palchi di tutta Italia, ma non solo, in quanto hanno fatto tappa anche in Inghilterra, dove si sono esibiti in maniera eccelsa (come sempre). La loro idea è quella di riprodurre, nel corso delle esecuzioni dal vivo, in maniera fedele l’impatto sonoro e gli arrangiamenti che i Depeche Mode portano in giro per il mondo da oltre 20 anni.

Infatti, la cura per i dettagli è fondamentale per loro: batteria rock, suoni synth ed elettronica (con videoproiezioni e screen realizzati anche in proprio). Assistere ai loro concerti è un’emozione unica, dato che la loro bravura non fa minimamente pensare che, coloro che gli spettatori hanno dinanzi ai loro occhi, sono, in realtà, una tribute band. Persino il frontman ha una peculiarità unica al mondo, la sua somiglianza sia fisica che nella timbrica ricordano in maniera ineguagliabile quella del giovane Dave Gahan, rendendoli, praticamente, unici al mondo. Mentre, a Gianfranco Zingarelli è affidato il compito di interpretare le canzoni eseguite da Martin Gore, anche nelle versioni pianoforte e voce.

A livello musicale, qual è l'impatto creato dalla pandemia? “Sicuramente è stato devastante. Sappiamo tutti che gli effetti sul mondo dello spettacolo hanno praticamente azzerato questo settore. A gennaio 2020 nessuno poteva immaginare anche lontanamente uno scenario di proporzioni simili e, di fatto, siamo stati colti di sorpresa”.

L'universo musicale è immenso, ma, a tuo avviso, riusciranno (tutti i gruppi e gli artisti) a resistere a questa emergenza? “Diversi artisti durante questo periodo hanno comunque provato a tener viva la fiamma della musica, alimentandola con piccoli concerti in streaming oppure rendendo visibili gratuitamente esibizioni dei loro tour più famosi. Penso che probabilmente i gruppi con meno vissuto alle spalle o con meno amalgama tra i componenti, possano risentire di questa situazione nefasta. Ovviamente, mi riferisco alla realtà di musica dal vivo in cui mi trovo con le mie band, perché credo che comunque a livello professionistico ci saranno pian piano margini per riprendere con i concerti aperti al pubblico, come l'esperimento fatto qualche giorno fa a Barcellona”.

Il Covid-19 ha silenziato questo mondo? “Mi duole dirlo, ma in parte sì. La musica vive di pubblico, di condivisione, di contatto. Tutto ciò ci è stato privato da un maledetto virus. Tuttavia questo periodo per molti artisti è stato fucina per la composizione di nuovi brani, pertanto credo che nonostante il silenzio, il sottobosco musicale continui a bruciare silente e prolifico, pronto per riprendere di nuovo ad infiammare i palchi”.

Se dovessi trasformare la sequenza genomica del virus in sequenza musicale, quali versi e/o che brano useresti? “Che bella domanda! Così al volo mi vengono da associare le subdole mutazioni del virus ad una sequenza musicale prog, con cambi di ritmo, tempi dispari e variazioni orchestrali. Ma sono stato troppo buono: credo che assocerei il virus ad una brutta e pessima canzone!!!”.

In che modo, voi musicisti, supererete questo momento? “Ci confrontiamo quotidianamente coi ragazzi, un po' per esorcizzare il quotidiano pesante e routinario, un po' per buttar giù idee che non vediamo l'ora di provare e di far ascoltare a chi ci segue. Siamo in contatto tra le varie band presenti sul territorio e siamo tutti fiduciosi di poter tornare ad esibirci, sebbene sappiamo che le cose saranno molto diverse da prima e lo saranno per molti mesi ancora, purtroppo…”.

Infine, pensi che la canzone di Eugenio Finardi, "La musica ribelle", possa essere un inno di rinascita per tutti voi? “Lo spirito della canzone e la melodia gioviale si sposano bene come inno di rinascita, ma non me ne volere... propongo “Where's The Revolution” dei Depeche Mode. Un inno e un invito alla presa di coscienza delle masse per riappropriarsi della propria vita, dei propri diritti, della propria dignità. ‘The train is coming, so get on board!’”.

D’altronde, abbiamo potuto constatare che la musica nel mezzo della pandemia ha subito drastici cambiamenti. In particolar modo, chi non ha sentito il “peso” di questo problema sanitario (che dura da oltre un anno) è, sicuramente, l’artista o i gruppi musicali famosi che, nel corso degli anni, grazie ai concerti e ai dischi venduti sono, pur sempre, rimasti popolari. Mentre, al “piccolo artista” o al menestrello che coglie l’occasione per esibirsi (o per farsi conoscere) sul palco di un paesino di provincia, gli è stata “tolta” questa possibilità proprio a causa dell’emergenza in corso.

È anche vero che la tecnologia moderna ci permette di poter usufruire di questi mezzi al fine di creare una sorta di concerto virtuale, ma, bisogna anche ammettere che, non sarebbe la stessa cosa e, ovviamente, bisogna essere anche piuttosto affermati per poter arrivare a mostrarsi o farsi ascoltare da quanta più gente possibile. Ergo, è piuttosto semplice dedurre che la pandemia ha evidenziato, ancor di più, quelle differenze che, come una similitudine, intravediamo nella società. Una triste condizione che, come auspicano in molti, speriamo possa cambiare il prima possibile.

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