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Fecondazione assistita parola al nostro esperto il Dottor Luciano Petruzziello

luciano petruzziello

In un paese come l’Italia, dove la natalità è molto bassa, sono sempre poche le nascite che avvengono ogni anno, si continua spesso a parlare di fecondazione assistita.

Questa nuova tecnica di Riproduzione, definita da molti studiosi anche Procreazione Medicalmente Assistita (P.M.A.), consiste nell’insieme di alcune metodiche che permettono alcuni individui a procreare, cioè a dare alla luce dei figli.

Per comprendere meglio che cosa è questo tipo di trattamento, abbiamo voluto chiedere dei chiarimenti al Dottor Luciano Petruzziello, Medico Chirurgo specializzato in Ginecologia e Ostetricia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Biologo, e Dottore di Ricerca in Anatomia Umana, attualmente in servizio presso l’ U.O. di Fisiopatologia della Riproduzione dell’ Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino.

Dottore sentiamo spesso parlare di fecondazione assistita, in che cosa consiste, e per quale motivo si fa?

La fecondazione assistita, o meglio, le metodiche di Procreazione medicalmente assistita (P.M.A., o A.R.T., in inglese) sono quelle tecniche che combinano in laboratorio le cellule germinali dell’uomo e della donna, per far formare una nuova entità, l’ EMBRIONE. Avviene quindi, a livello extra-corporeo, quello che avverrebbe normalmente in natura con un rapporto completo e non protetto, nei giorni fertili di una donna non in menopausa, con la differenza che in questo caso è tutto preparato in “provetta”. Le metodiche hanno diversi gradi di invasività e di complessità, ma volendo spiegarla in maniera semplice possiamo dire che ci sono delle tecniche di I, II e III livello, da utilizzarsi a seconda della complessità del caso. Il motivo fondamentale per il quale si ricorre a queste tecniche è sostanzialmente l’infertilità.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’American Fertility Society (AFS), una coppia è da considerarsi infertile quando non è in grado di concepire e di avere un bambino dopo un anno o più di rapporti sessuali. L’infertilità può essere primaria quando nessuna gravidanza è riuscita ad arrivare a termine, e secondaria quando sopraggiungono gli aborti dopo aver conseguito alcune gravidanze normali. Si parla, invece, di infertilità idiopatica, quando non sussiste un fattore accertato che determini il mancato concepimento. Dal punto di vista medico, viene formulata questa diagnosi in seguito a due anni di rapporti non protetti e quando, dopo un’accurata anamnesi della coppia, non sono state evidenziate alterazioni di rilievo.

Avere un bambino è il sogno di tantissime coppie, quante sono le possibilità che attraverso questa tecnica una donna possa rimanere incinta e come si riesce a capire se è possibile accedere a questo tipo di trattamento?

In genere l’accesso a queste tecniche avviene, come detto prima, dopo un periodo di “prova” nella coppia (a volte diversi anni). Molte volte non se ne parla con il Medico Curante, né tantomeno con il Ginecologo. Pertanto, l’età media di accesso alle tecniche è in genere abbastanza elevata, e questo comporta una riduzione della probabilità di riuscita, oltre che ovviamente un grado maggiore di invasività. C’è da considerare che la donna, ancorchè giovane ed in perfetta salute, possiede un pool di ovociti che sono con lei, nelle sue ovaie, da quando è nata, da quando era essa stessa un embrione. Questa è, ad esempio, una grossa differenza con l’ uomo, dove il ciclo della Spermatogenesi dura circa 2 mesi e mezzo (74 giorni).

Conseguentemente, gli ovociti che restano ad una 40enne, sono, per qualità e quantità, sicuramente peggiori di quelli di una donna di 20 anni. Classicamente, la curva della fertilità di una donna ha un rapido declino dopo i 35 anni, con un andamento ancora peggiore dopo i 40, fino alla menopausa. Come se non bastasse, la probabilità di generare errori, o di esserne portatori, aumenta, facendo aumentare le probabilità di trisomie (13,18 e 21 principalmente, quindi la Sindrome di Patau, di Edwards, e di Down). Infine, esiste il problema del “contenitore della gravidanza”, quindi dell’utero, che è costituito principalmente da tessuto muscolare, ed è ovviamente meno responsivo nella 40enne rispetto ad una donna con la metà degli anni. Tornando alla domanda principale, possiamo dire, non essendo troppo precisi perché le variabili in gioco sono molteplici, che con le tecniche di I livello (Inseminazione Intra Uterina), abbiamo il 12% circa di probabilità di avere una gravidanza, mentre con le tecniche di II livello (FIVET - ICSI) la percentuale è circa il doppio, andando sul 20 – 22%. Diverso è il discorso della Fecondazione Eterologa, dove si utilizzano gameti provenienti da donatori terzi, quindi o Liquido Seminale od Ovociti. In questo caso le percentuali di successo sono molto più alte, arrivando a picchi del 55- 60 %.

In medicina, come lei sa ci possono dei benefici e delle controindicazioni. In questo caso quali potrebbero essere i benefici e quali le controindicazioni?

Come tutte le procedure mediche, anche qui possiamo andare incontro a delle problematiche e a degli effetti collaterali. Si tratta, per le tecniche di II livello, quindi FIVET ed ICSI, di stimolare la donna con delle Follitropine, per indurre la cosiddetta “superovulazione”, in modo da recuperare, con una metodica chiamata “Prelievo Ovocitario”, o Pick-Up, quanti più ovociti possibile, per poterli dare agli Embriologi in Laboratorio, farli trattare, e farli unire in vitro con gli spermatozoi del partner. Normalmente l’ ovaio di una donna è programmato per far maturare un singolo follicolo ogni mese, dal quale esce un singolo ovocita, ed ogni mese un ovaio è a riposo e l’ altro funziona.

Con questa metodica invece, entrambe le ovaie sono stimolate a produrre tantissimi follicoli, che noi ginecologi monitoriamo ecograficamente e biochimicamente, per evitare quella che è la SINDROME DA IPERSTIMOLAZIONE OVARICA, che è pericolosa per la paziente. La paziente in genere avverte però soltanto un senso di gonfiore e di pesantezza al basso ventre, dovuto all’ ingombro sterico dell’aumentata dimensione delle sue ovaie. In più, bisogna considerare che queste sono terapie iniettive, che vanno praticate ad orari precisi ed in zone del corpo specifiche (ad esempio sulla pancia), e anche abbastanza costose (anche se lo Stato, in parte, si fa carico della spesa, grazie al piano terapeutico).

Il parto è un momento molto faticoso e anche doloroso per la donna. Dopo che una paziente che ha subito un trattamento di fecondazione assistita ha partorito, Cosa si consiglia di fare?

Le donne e gli uomini che accedono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno alle spalle, spesse volte, storie molto travagliate. L’ età avanzata è solo una piccola quota del problema. Ci sono terapie chirurgiche perpetrate per anni, storie di neoplasie, endometriosi, traumatismi vari, o difetti genetici che erano misconosciuti. Portare a casa una gravidanza, per queste coppie, è, se possibile, un traguardo ancora più bello e più vissuto rispetto alle coppie che concepiscono in maniera spontanea. Pertanto, il nostro consiglio è di godersi questa parte finale della corsa che hanno affrontato, anche se con tutti i dolori (attenuati, per fortuna, dalla parto-analgesia) del travaglio di parto, e di viversi la nuova famiglia che si è creata.

Molte coppie ci mandano per mail, o per fax, le foto dei loro figlioli, e per noi, che siamo stati di supporto alla loro causa, è una gran bella soddisfazione. In Italia, purtroppo, oltre ai problemi di infertilità, che possono essere in comune con gli altri paesi del mondo, la denatalità imperversa perché lo Stato non supporta in maniera necessaria e sufficiente le giovani coppie, tutela molto poco le donne/mamme, e non crea una rete di assistenza per chi è da solo, magari lontano dai genitori/nonni/zii/parenti vari. Si potrebbe provare a lavorare e ad investire su questo.

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