Sei luoghi, sei città, sei curiosità lombarde
Ormai la Primavera è arrivata, e Pasqua è alle porte. Sappiamo tutti che questo è un periodo di gite per visitare luoghi di Cultura, anche se, quest’anno, l’emergenza coronavirus ci costringe a stare a casa.
Questa situazione, però, offre spunti interessanti per visite virtuali che, una volta passata l’onda, potrebbero divenire reali.
La Lombardia, con una varietà di paesaggi e di edifici monumentali unica in Italia, presenta molte occasioni per tali tour.
Proporrò, pertanto, sei luoghi da visitare situati in altrettante città e località significative della nostra Regione.
Mantova. Città dei Gonzaga
Il nostro tour parte da Mantova. La città dei Gonzaga, dei due laghi che delimitano, a Nord e a Sud, il Centro Storico e della mitica sbrisolona, è patrimonio dell’UNESCO dal 2008. Tra le molte attrattive artistiche, spicca un gioiello dell’Architettura rinascimentale, Palazzo Te. Questa grandiosa villa sorge appena fuori dal Centro Storico e venne edificata, tra il 1525 e il ’35, dal più geniale allievo di Raffaello, quel Giulio Romano che, proprio qui, creò il suo capolavoro, su committenza del duca Federico II.
L’artista, genio multiforme e poliedrico, per Palazzo Te fu architetto, pittore e scultore, creando un tutt'uno forse unico al Mondo, ma si improvvisò anche paesaggista, inglobando le nuove strutture rinascimentali, figlie delle teorie di Sebastiano Serlio, all'interno di preesistenti scuderie gonzaghesche situate su una piccola isola, separata dalle mura di Mantova dalla Fossa Magistrale. La sua architettura bugnata a pietra grezza, ritmata da colonne e lesene doriche, ben si adattò, sin da subito, ai giardini e alle acque circostanti. Giulio Romano scelse, come temi dominanti per la decorazione del palazzo, l’Amore e la Gloria Militare, sempre mediati dalla narrazione mitologica classica: nacquero così capolavori universali dell’Arte mondiale, come la Sala di Psiche o, ancor di più, quella dei Giganti, eccezionali per profusione decorativa e coinvolgimento emotivo, quasi teatrale, dello spettatore, oltre che per l’uso sapiente dell’illusionismo ottico, che, ancora oggi, ci rende partecipi, in particolar modo, della drammatica vicenda dei Giganti fulminati da Giove e travolti dalle macerie dell’Olimpo. La curiosità risiede nel nome del palazzo, in realtà toponimo che denota la zona: Te deriva dall'espressione medievale “tejeto”, legata o a una presenza di tigli oppure a capanne, dette “tegie”.
Montichiari. Dal duomo al castello
Da Mantova ci spostiamo nella Bassa Bresciana, a Montichiari, non molto distante dall'anfiteatro morenico del Garda. Il centro della cittadina è caratterizzato da due architetture, una sacra e un’altra profana: la prima è la grandiosa Parrocchiale settecentesca, molto simile al Duomo di Brescia, mentre la seconda è il Castello Bonoris, situato su un colle a dominio della città e della pianura circostante. Le prime tracce di una struttura fortificata risalgono al 1107, quando la cittadina era il feudo dei Longhi, ma con il passare dei secoli, tra distruzioni varie, l’area cadde in stato di totale abbandono. Ancora dopo l’Unità d’Italia, il colle era in preda al degrado, motivo per cui il Comune di Montichiari vendette l’area intorno al 1890 a una famiglia altoborghese di origine mantovana, i Bonoris, che, nella zona, avevano ricchi possedimenti agricoli amministrati seguendo le più moderne tecnologie dell’epoca. Gaetano Bonoris, nel 1891, grazie alla sua vicinanza alla Corte sabauda e ai suoi meriti filantropici, ottenne il titolo di Conte e, grazie a ciò, decise di intraprendere la ricostruzione del castello di Montichiari per farne la propria dimora e per ricreare un’atmosfera fiabesca, erede degli ideali romantici da lui tanto amati.
Per la ricostruzione venne chiamato il bresciano Antonio Tagliaferri, che si ispirò all'architettura medievale piemontese e valdostana, in particolar modo agli edifici torinesi del Parco del Valentino per l’Esposizione Universale del 1884, a loro volta modellati sui castelli di Fenis e Issogne. Per gli interni, il Bonoris chiamò gli stessi artisti attivi a Torino in quell'occasione, da Giuseppe Rollini per gli affreschi, che si rifanno a quelli tardogotici del Castello della Manta, ai fratelli Arboletti per i mobili e a Giuseppe Roda per il parco. Un piccolo angolo di Piemonte quasi al confine tra Lombardia e Veneto, quindi!
Bergamo, città ricca di Arte e Cultura
Da Montichiari, ci spostiamo a Bergamo, città ricca di Arte e Cultura. Siamo in Città Alta, in un angolo che tutti noi conosciamo: da Piazza Vecchia, passando sotto la loggia del Broletto, ci troviamo davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Sulla sinistra, si trova la Cattedrale, dedicata al patrono della città, Sant'Alessandro, la cui statua dorata domina il panorama cittadino dalla vetta del tiburio. La cattedrale bergamasca ha origini antiche, legate al luogo di martirio e sepoltura di Alessandro, ma quanto vediamo oggi è frutto di un massiccio intervento barocco, realizzato tra la fine del Seicento e l’inizio del secolo successivo, per mano, tra gli altri, di quel Carlo Fontana attivo anche per la Basilica di San Pietro in Vaticano.
L’interno, oggi, è un autentico gioiello di architettura barocca, ricchissimo per l’apparato decorativo. Accanto a opere rinascimentali, come le pale cinquecentesche di Andrea Previtali e Giambattista Moroni, è il Settecento a imporsi come secolo dominante nella decorazione pittorica del tempio, in particolare del transetto e del presbiterio. Qui possiamo trovare una vera e propria antologia della Pittura settecentesca veneta, riassunta in una serie di dipinti raffiguranti i santi legati alla città, Alessandro, Fermo, Rustico e Procolo, ma anche alcune figure quasi totalmente sconosciute, soprattutto vescovi e diaconi, sepolti, come il patrono, sotto l'altar maggiore, e note attraverso la devozione popolare cittadina. Alcune delle loro storie sono narrate nelle sei grandi tele che si trovano nel coro, eseguite dai massimi esponenti del Settecento veneto. Spicca, per brio compositivo, quella eseguita dal grande Giambattista Tiepolo nel 1743-45 e raffigurante il Martirio di San Giovanni Vescovo (è la seconda da sinistra), così come, per teatralità, la Sant’Asteria di Giambattista Pittoni.
Vigevano è capoluogo della Lomellina
Dalle prime colline orobiche, ci spostiamo nella Bassa, sulle rive del Ticino. Vigevano è capoluogo della Lomellina, famosa per la produzione calzaturiera, ma anche grande centro artistico e culturale, specie per i suoi monumenti, dal Castello al Duomo, risalenti all'epoca di Lodovico il Moro. Fu proprio il Duca di Milano, committente di quella Piazza Ducale (1492-94) capolavoro di urbanistica rinascimentale, a valorizzare anche molti mulini del circondario, legati al sistema idraulico per l’irrigazione dei campi e delle risaie.
Tra questi, c’è anche quello di Mora Bassa, che il Moro regalò alla moglie Beatrice d’Este come dono di nozze. Secoli dopo, durante l’epoca napoleonica, tale mulino, con gli attigui possedimenti, fu confiscato dalle truppe francesi ma, con la Restaurazione, venne assegnato alle nobili famiglie milanesi Archinto e Gropallo Saporiti. Di grande interesse per le sue grandi ruote idrauliche, è stato oggetto di restauro nel 2000. Dopo i lavori, è divenuto una sede museale e, oggi, ospita l'Ecomuseo, in cui si possono osservare riproduzioni di macchine e scritti di quello che fu il più grande genio della Storia d’Italia, Leonardo da Vinci. Per le scolaresche, il Museo offre visite guidate tramite webcam e piattaforma Google Hangouts.
Varese, la “città giardino”
Dalla Lomellina, torniamo ai piedi delle nostre montagne. Varese, la “città giardino”, è uno dei pollici verdi della Lombardia, ma anche centro artistico rilevante, come prova Villa Panza, tra le maggiori collezioni europee di Arte contemporanea. A Varese si trova anche la casa museo di Ludovico Pogliaghi (1857-1950), eclettico artista milanese autore, tra le altre cose, dei battenti bronzei delle porte del Duomo, e che tutti i laureati della Cattolica conoscono per l’immagine di Gesù che viene donata al momento della proclamazione.
Pogliaghi fu pittore, decoratore e scultore, e realizzò opere in tutta Italia. La sua casa museo, in cui abitò negli ultimi anni di vita, è la prova di quanto multiforme fosse la sua attività: ci si può destreggiare tra bozzetti, gessi e modelletti di dipinti, che spaziano dal Simbolismo al ritorno al passato, tramite una piccola fulminazione per il Liberty. Si tratta di una vera e propria “wunderkammer” in cui l’artista ha lasciato le tracce più significative della sua vita, durata quasi un secolo. La casa museo è situata alle pendici del Sacro Monte di Varese, all'interno di un bellissimo scenario naturale, da cui si può godere di un fantastico panorama che, nelle giornate limpide, spazia fino allo skyline di Milano.
Teglio, perla del rinascimento
Ultima tappa del nostro tour è la Valtellina. Andiamo a Teglio, dove sorge, all'ingresso del paese, Palazzo Besta, notevole testimonianza del Rinascimento valligiano, che ha inglobato un antico castello. Di dimensioni e ricchezza eccezionali per la zona, il palazzo è testimonianza della potenza dei Besta nell'economia valtellinese del XV-XVI secolo. Dal portale in pietra si accede al cortile, con raffigurazioni dell’Eneide cinquecentesche a chiaroscuro.
La cantina è testimonianza di quanto, già allora, la zona fosse rinomata per le uve alla base del pregiato vino Sassella. Le sale al piano nobile sono adorne di affreschi del Cinquecento, alcuni con episodi dell’Orlando Furioso, ma anche barocchi, e presentano rivestimenti in legno (stüe) caratteristici della zona. Al secondo piano, le sale conservano, ancora, le strutture lignee quattro-cinquecentesche e ospitano affreschi collocabili tra le metà del Quattrocento e il 1540. Oggi, sul sito del Palazzo è possibile effettuare una visita virtuale dell’edificio. I più piccoli possono avere anche due guide d’eccezione, Leo e Otto il Falcotto, trasposizioni animate del Leone e del Falco, simboli della casata Besta.
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