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Tra tradizioni ebraiche e sogno. La Pittura di Marc Chagall al MUDEC di Milano

I rapporti tra Arte e tradizioni folkloriche sono sempre stati marchio di fabbrica delle mostre del MUDEC di Milano. Ora, in questo solco, si colloca la nuova grande mostra dedicata alla Pittura di Marc Chagall.

Dal 16 marzo al 31 luglio 2022, nelle sale museali di Via Tortona, sono esposte oltre cento opere del maestro bielorusso (1887-1985), sotto la curatela di Ronit Sorek, provenienti dall’Israel Museum di Gerusalemme. Quella israeliana è una delle più grandi raccolte di opere di Chagall. Dell’Arte del maestro conosciamo moltissimo, anche perché è stato uno degli interpreti più completi della Pittura del Novecento, così come i suoi temi più diffusi, dall’amore per la moglie Bella Rosenfeld alla raffigurazione degli amanti in volo sul cielo della sua città natale, Vitebsk, sono tra le immagini iconiche più significative dell’Arte del XX secolo. Chagall è stato un uomo che ha saputo cogliere, interpretare e tradurre su tela o su foglio non solo le sue inquietudini, ma anche i grandi cambiamenti storici e sociali che la sua lunga vita abbracciò, dal crollo dell’impero zarista alla Rivoluzione russa del 1917, dai pogrom antisemiti che visse, da ragazzo, a Vitebsk, sotto lo Zar, all’orrore dell’Olocausto, attraversando due guerre mondiali. Chagall fu sempre, in fondo, un po’ bambino, spontaneo nel suo tocco e in scelte tematiche al limite del surreale (anche se non fu mai un vero surrealista), ma, con questo stile, si rivelò uno dei bardi pittorici del Novecento. Il pregio della mostra attuale del MUDEC è il fatto di saper indagare la Pittura, e l’annessa simbologia chagalliana, con il filtro della tradizione ebraica, a cui il maestro fece sempre, e costantemente, riferimento. L’ebraismo di Chagall non è una scelta di imperniare la sua Pittura esclusivamente sul binario religioso e messianico, ma, piuttosto, una patina identitaria attraverso cui rappresentare il suo tempo, i suoi cambiamenti, ma anche la nostalgia, che lo caratterizzò per tutta la vita, verso la sua Vitebsk.

Marc Chagall, Via Peskovatik a Vitebsk, 1923, Gerusalemme, Israel MuseumLe opere dell’Israel Museum di Gerusalemme prendono spunto da ciò. Punto di partenza è il primo elemento di cui Chagall fu cantore, ovvero quelle tradizioni tipiche degli ebrei dell’Europa orientale, e in particolar modo di quelli tedeschi, polacchi, ucraini e dei territori vicini (oggi in Bielorussia), che erano accomunati dalla lingua yiddish, un vero vernacolo che univa l’antico ebraico della Bibbia con parole e suoni tedeschi. Per Chagall lo yiddish non è solo una lingua, o meglio la lingua in cui lui e Bella scrissero da ragazzi, ma un mezzo di autoidentificazione con il suo microcosmo di Vitebsk. La prima sezione raccoglie disegni del maestro che fanno riferimento proprio a queste tradizioni e a questa lingua: ci sembra, improvvisamente, di trovarci tra gli ebrei di Vitebsk, durante le celebrazioni in sinagoga, ma anche alle loro cene rituali, oppure ancora di fronte a episodi curiosi, come La casa del nonno, incisione nella quale il maestro rievoca un racconto della madre relativo al nonno che prendeva il sole sul tetto di casa mentre mangiava un dolce tipico, con la nonna davanti all’uscio di casa a braccia alzate che lo implora di scendere. Un perfetto brano di humour ebraico, anzi yiddish! Nelle opere grafiche di Chagall troviamo una comunità assorta nelle sue tradizioni millenarie e sempre rappresentata con una verve carica di humour, nelle quali possiamo immaginare forti somiglianze con i personaggi di un famoso film come Train de vie di Radu Mihaileanu, soprattutto nella gestualità teatrale delle figure ed evidenti nella stampa in cui è raffigurata una preghiera durante una delle feste ebraiche annuali, in cui un corteo di uomini e donne incede con le braccia rivolte al cielo per invocare l’Altissimo. A fare da pendant, troviamo alcune tele dell’ultimo Chagall, eseguite in Israele in occasione della commissione dei pannelli decorativi per la Knesset, in cui raffigurò interni di sinagoghe ancora oggi esistenti nella zona di Haifa, con un'austerità quasi opposta alla vivacità delle stampe giovanili. 

Il secondo elemento che segnò il lavoro di Marc Chagall fu la nostalgia per la sua città d’origine, che rimase costante per tutta la sua vita. Chagall fu il cantore della nostalgia nei confronti dello shtetl, il villaggio-unità abitativa tipico delle popolazioni ebraiche sottoposte all’impero zarista. Anche la nativa Vitebsk era uno shtetl, così come moltissime cittadine in cui gli ebrei si stabilirono dal XVIII secolo, visto il divieto zarista, per loro, di vivere in grandi città e coltivare terre. Col passare dei secoli, tale unità territoriale divenne modello di vita ebraica tradizionale, ma anche di carattere chiuso e conservatore, in cui si conduceva un'esistenza modesta ma non povera, grazie alla rete di mutuo soccorso reciproco. Nello shtetl proliferava, inoltre, quell’umorismo che condizionò la produzione chagalliana. Il maestro ne fu sempre influenzato, tanto da far divenire la nostalgia per Vitebsk e le sue origini uno dei leitmotiv della sua produzione. Nelle stampe che affrontano tale tema, notevole è il tocco sentimentale che le caratterizza, soprattutto in quelle destinate a illustrare i libri autobiografici che la moglie Bella scrisse come memorie della sua vita, in particolar modo della sua infanzia a Vitebsk e dei suoi primi incontri giovanili con Marc. 

Un altro faro nella produzione chagalliana furono le sue fonti di ispirazione, i cui tre pilastri rappresentano i tre luoghi della sua vita: le radici ebraiche a Vitesbk, la Russia e la Francia. In mostra sono esposte tre serie di acqueforti dedicate alle tre opere che lui stesso considerò come punti cardinali per la sua produzione, ovvero la Bibbia, le favole di La Fontaine e Le anime morte di Gogol’. La serie dedicata alla Bibbia è un notevole tributo alle sue radici, sempre intriso di nostalgia per lo shtetl, ma anche grandioso nella resa dei volumi, ottenuti con intensi tratti di matita. Tale opera fu frutto del suo viaggio, nel 1931, in Eretz Israel, la Terra promessa biblica, su cui, da lì a poco, sarebbe nato lo Stato di Israele. Pochi anni prima, nel 1923, il grande critico e collezionista Ambroise Vollard aveva commissionato a Chagall una serie dedicata a uno dei capolavori della Letteratura russa, Le anime morte, scritto nel 1842 da Nikolaj Gogol’. L’opera è un’autentica denuncia delle condizioni di sfruttamento dei contadini nella Russia rurale della metà del XIX secolo, oltre che del sistema della servitù della gleba. Chagall ne trasse delle incisioni che accentuano il carattere tragicomico dell’opera di Gogol’, attraverso un notevole uso dell’iperbole, ma anche con un tocco realistico, che, a volte, ci strappa un sorriso, come nella rappresentazione del cocchiere Selifan, che ci pare uscito da un circo, oppure dal buffo protagonista Čičikov. Senza Gogol’ e senza Chagall, a pensarci, non avremmo mai avuto delle vere rappresentazioni della situazione della Russia rurale dell’Ottocento! Un altro motivo, inoltre, che indusse Chagall a lavorare alla serie sull'opera di Gogol' fu il loro comune destino di russi lontani dal Paese d’origine e che soffrivano di nostalgia per le proprie radici. Degli stessi anni è, anche, la terza serie incisoria esposta in mostra, dedicata alle favole di Jean de La Fontaine, in cui Chagall cercò, non solo, di rappresentare gli animali “moralmente umanizzati” dello scrittore seicentesco, ma di coglierne lo spirito più profondo, ancora in stretto legame con le tradizioni bibliche ed ebraiche, ma anche con la sapienza popolare dello shtetl. 

Marc Chagall, Coppia di innamorati e fiori, 1949, Gerusalemme, Israel MuseumLa conclusione della mostra è dedicata ai tre periodi francesi dell’artista. Il primo, a partire dal 1911, coglie l’effetto calamita che Parigi offriva ai giovani artisti ebrei provenienti dagli shtetl, con il suo liberalismo contrapposto al carattere chiuso delle comunità d’origine. In questa fase, Chagall conobbe le Avanguardie, specie il Cubismo, e ne fu influenzato, ma anche la sua tavolozza si schiarì e, una volta tornato a Vitebsk nel ’14, poté raffigurare con uno stile diverso la vita degli ebrei nella sua città natale. Nei successivi otto anni, Chagall acquisì fama notevole, tanto che, una volta tornato a Parigi, nel 1923, con Bella e la figlia Ida, Vollard gli commissionò le due serie di incisioni dedicate a Gogol’ e a La Fontaine (quest’ultima aspramente criticata in chiave antisemita in quanto eseguita da un artista russo ed ebreo, e non da uno francese e cattolico). A Parigi, Chagall divenne un nome di punta, tanto da riuscire ad acquisire, nel 1937, la cittadinanza francese anche se, nel ’41, fu costretto a scappare negli Stati Uniti in seguito all’occupazione nazista del Paese. Vi tornò, e definitivamente, nel 1948. In mostra sono esposti due fantastici autoritratti, realizzati appena dopo il suo secondo ritorno a Parigi: in uno di questi l’influenza cubista è molto evidente nella smorfia che deforma il viso, mentre, nell’altro, la risata pare ricordare fonti più antiche, legate alla ritrattistica francese barocca e rococò. Le ultime due opere, entrambe del 1948/49, sono un vero compendio della produzione chagalliana: la Coppia di innamorati con fiori è un’ultima testimonianza dell’amore per Bella, morta nel 1944, con evidenti rimandi alle opere giovanili con i due amanti in volo sullo shtetl, ma con una palese attualizzazione del paesaggio, ormai indissolubilmente legato al Sud della Francia, dove Chagall visse gli ultimi anni della sua vita. L’altra opera, di analogo soggetto, accoglie una vera suggestione proveniente dalla Pittura barocca, in cui si inserivano immagini sacre della Madonna col Bambino al centro di una ghirlanda di fiori: così, Chagall sostituisce il soggetto mariano con una coppia di innamorati (verosimilmente lui stesso e Bella), a farne un simulacro profano, oltre che un’autentica testimonianza d’amore e di nostalgia per i tempi passati, elementi ormai definitivamente tipici della produzione chagalliana.

Marc Chagall. Una storia di due mondi
MUDEC, Via Tortona 56, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì-mercoledì-venerdì-domenica 9.30-19.30; giovedì-sabato 9.30-22.30
Biglietti: Intero 14,00 €, ridotto 12,00 €
Info: mudec.it

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