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I capolavori di Cezanne e Renoir in mostra a Milano

L’Impressionismo è, di nuovo, il protagonista di una grande mostra a Palazzo Reale di Milano.

Dal 19 marzo al 30 giugno 2024, nelle sale a pian terreno del palazzo di Piazza Duomo, sono ospitate cinquantadue tele di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) e di Paul Cezanne (1839-1906), due tra i più grandi maestri dell’Impressionismo che, con alterne fortune, hanno contribuito allo sviluppo del movimento, insieme a Manet, Monet e Degas, ma che hanno, inoltre, influenzato le generazioni future di artisti, a partire da Picasso. Due sono le istituzioni da cui arrivano le opere ed entrambe si trovano a Parigi: il Museo d’Orsay e quello dell’Orangerie. Concepita per celebrare i centocinquant’anni dalla nascita del movimento impressionista, la mostra è curata da Cécile Girardeau, conservatrice del Museo dell’Orangerie, e Stefano Zuffi, ed è promossa dal Comune di Milano insieme a Palazzo Reale.

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Pierre-Auguste Renoir, Mazzo di tulipani, 1905 ca., Parigi, Museo dell'Orangerie, © 2024 RMN-Grand Palais/Franck Raux/Dist. Foto SCALA, Firenze

Perché proprio questi due artisti? La risposta ci arriva da Paul Guillaume (1891-1934), mercante d’Arte che raccolse le opere dei due maestri, considerandoli capiscuola di una corrente pittorica al contempo classica e moderna. Proprio con la figura di questo illustre intellettuale della Parigi di inizio secolo, che lanciò, a Parigi, pittori come De Chirico e Modigliani, si apre il percorso di mostra, che ci presenta, su binari paralleli, la carriera di Renoir e di Cezanne attraverso i capolavori dei due musei parigini. I due artisti non instaurarono solo un sodalizio stilistico, suggellato dall’ammirazione di Guillaume, ma anche una vera, sincera e profonda amicizia, che durò tutta la vita (i due erano quasi coetanei) e che li indusse a frequentare gli stessi luoghi in cui dipingere, sempre en-plein-air, dai boschi appena fuori Parigi fino alla Provenza, baciata dal sole e dal clima mite, terra natia di Cezanne ma che divenne una meta del cuore anche per il settentrionale Renoir. Quest'amicizia si riverberò anche sulla produzione pittorica dei due artisti, con frequenti punti di contatto nel paesaggio, nel ritratto ma anche nelle rappresentazioni di interni, condotte, però, sempre, su due binari paralleli: uno stile più geometrizzante, nel caso di Cezanne, accanto a un tono più lirico e armonico da parte di Renoir.

Ciò si nota a partire dai ritratti di famiglia: Renoir immortalò il figlio terzogenito Claude in veste di clown con un taglio a figura intera che rimandava, ancora, alla ritrattistica del Settecento, con pennellate rapide e simili a quelle di Manet e Monet, mentre Cezanne, raffigurando la moglie, non solo scelse il formato a mezza figura, ma dipinse anche delineando nettamente i volumi, quasi al limite della scomposizione, con contorni spigolosi delineati da pennellate nere figlie della moda giapponista dell’epoca.

Anche nella Pittura di paesaggio, i due artisti furono diversi ma, allo stesso tempo, anche tangenti su alcuni aspetti. I paesaggi raffigurati da Renoir e Cezanne, come quelli di Manet, Monet, Degas, Utrillo, non erano quelli idealizzati dei pittori accademici o quelli agresti e bucolici tanto apprezzati nel Sei-Settecento, bensì immagini reali e realistiche della Natura che appariva davanti all’occhio del pittore. Così era e così l’elemento naturale veniva tradotto su tela senza inutili sensazionalismi di ricordo romantico. Pura e semplice visione, resa con giochi di luce e colore: con queste parole si potrebbe riassumere la rivoluzione impressionista. Ebbene, in questo contesto, Renoir non si distaccò mai del tutto dalla lezione degli amici Manet e Monet, raffigurando sempre campi inondati dal sole attraverso mix di colori che rendevano alla perfezione l’illuminazione naturale, ma si distinse da loro per composizioni più armoniche, come provato dalle bellissime Chiatte sulla Senna oppure dal Paesaggio algerino, ricco di suggestioni cromatiche e di luce. Cezanne, invece, puntò a una volontà di andare oltre, dando grande forza e vigore alla pennellata, anche grazie all’uso di colori sempre caldi, come prova, per esempio, La Roccia rossa, tela in cui è raffigurato uno sperone di pietra nelle cave di Bibemus, presso Aix, e nella quale il colore, che rende benissimo gli alberi mossi dal vento, fa da pendant alla roccia levigata dal lavoro dell’uomo, segnata da un contorno netto ed evidente.

Nel ritratto, Renoir sfruttò le conoscenze acquisite durante le lunghe visite al Louvre per lavorare a soggetti apparentemente classici, ma resi attraverso uno stile pittorico prettamente moderno, a partire dalle pennellate rapide, intense e a piccoli tratti. Nacquero così capolavori come la Donna nuda in un paesaggio, del 1883, in cui Renoir parve ispirarsi direttamente alla grande Pittura francese del Settecento, in particolare a François Boucher e a Honoré Fragonard, ma anche la Bagnante dai capelli lunghi, in cui la bellezza della modella fa tutt’uno con la Natura rigogliosa che la contorna, figlia della lezione della Pittura veneta del Cinquecento. Il Sei-Settecento segna anche un’altra opera di Renoir, la Ragazza con la lettera, in cui il pittore raffigurò la modella insolitamente pensosa (preferiva pose più vivaci) confrontandosi con modelli illustri, da Vermeer all’amato Fragonard. Cezanne, invece, praticò temi cari all’Impressionismo, ma se ne distaccò per la parte compositiva: prova ne è il Pranzo sull’Erba, che ricorda il celebre dipinto di Manet, ma in cui l’artista provenzale riempì la scena di figure appena abbozzate, semplificando le forme e utilizzando una tavolozza fredda con due sole macchie di toni caldi, nel vestito giallo della donna di spalle e nel rosso dei frutti nel cesto.
Non mancarono, nemmeno, momenti di forte intimità nei ritratti di famiglia eseguiti dai due artisti. Grandiosa è la prova di Renoir con Gabrielle e Jean, del 1895-96, in cui immortalò la governante Gabrielle Renard, colta nella sua bellezza e con una graziosa ciocca di capelli neri cadenti sulla fronte, mentre giocava insieme al primogenito del pittore, Jean, destinato, in futuro, a grande fortuna come regista cinematografico. Più semplice nella resa è il ritratto di Hortense, moglie di Paul Cezanne, in giardino. La Natura alle sue spalle è resa attraverso poche rapide pennellate verdi scure e blu, concentrate intorno alla donna, quasi a dare un’idea di non-finito, mentre la figura umana appare semplificata, quasi squadrata, con una resa simile al ritratto nella prima sala della mostra, con uno sguardo pensoso e assorto.

Il confronto tra i due pittori si ampliò anche ad altri generi, dal Nudo alla Natura Morta, grazie a una costante ricerca sulla figura umana e sugli oggetti quotidiani. Pur nella diversità dei loro approcci, negli ultimi anni della loro produzione, apparve evidente come la loro Pittura volesse andare oltre l’Impressione, con cui i critici definivano, con disprezzo, le opere eseguite quasi vent’anni prima da Manet, Monet, Degas, Utrillo e Pisarro. Il modus operandi di un Renoir o di un Cezanne era quello di cogliere, ovviamente, la positività della rivoluzione impressionista, ma mettendola a frutto attraverso un ritorno al disegno, al colore e, specie nel caso del primo artista, all’armonia. Poi, ovviamente, come detto poco sopra, gli approcci furono diversi: Renoir raffigurò bagnanti dai corpi perlacei o ragazze intente alla lettura o a faccende quotidiane con un taglio che induceva l’osservatore a provare un minimo di tenerezza, mentre Cezanne si soffermò sulla volumetria delle figure, che, ormai, pareva rivolgersi verso la geometrizzazione (si pensi alle Nature morte in mostra), segnando un passo importante nell’eredità che i due avrebbero lasciato ai posteri. Un punto di contatto tra i due si può notare nei due paesaggi invernali: sia Cezanne che Renoir scelsero di tratteggiare vedute di una Parigi innevata attraverso luce e colore, senza l’utilizzo di costruzioni prospettiche o architetture.

Si accennava all’eredità che i due lasciarono ai posteri. A questo elemento è dedicata l’ultima sala della mostra, in cui spiccano due opere di colui che vide, più di ogni altro artista, Cezanne e (in misura minore) Renoir come propri padri spirituali e creativi: Pablo Picasso. Il Grande nudo con drappeggio, appartenuto anch’esso a Paul Guillaume, del maestro di Malaga è, sicuramente, un omaggio a Renoir eseguito durante il periodo neoclassico, nel 1927, in cui guardò, oltre che ad Ingres e a Michelangelo, anche al pittore di Limoges, specie se lo si confronta con il suo Nudo femminile disteso del 1905-7, particolarmente influenzato da Tiziano e da Veronese, ma anche da Goya. La Grande Natura morta di Picasso, del 1907, invece, unica opera cubista della collezione di Guillaume, è un omaggio a Cezanne, del quale Pablo, più volte, ebbe a dichiararsi come “nipote” artistico. La scomposizione della forma e dei volumi verso una totale assenza di elemento prospettico e in direzione di un ritorno alla bidimensionalità è figlia di quelle forme spigolose dell’ultimo Cezanne, quasi pronte a esplodere nella deformazione dei valori plastici che il cubismo avrebbe generato come base della propria rivoluzione stilistica.

Cezanne/Renoir. Capolavori dal Musée de l’Orangerie e dal Musée d’Orsay
Palazzo Reale, Piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì chiuso, martedì-domenica 10.00 – 19.30; giovedì 10.00 – 22.30
Biglietti: intero 15,00 €, ridotto 13,00 €
Info: www.mostracezannerenoir.it

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