Skip to main content

Alcuni capolavori del Surrealismo in mostra al MUDEC di Milano

Uno dei momenti più intensi dell’Arte del XX secolo mondiale è il protagonista della nuova grande mostra del MUDEC di Milano

Alcuni dei capolavori della stagione surrealista sono il perno dell’esposizione allestita nelle sale di Via Tortona dal 22 marzo al 30 luglio 2023. La mostra, curata da Els Hoek e Alessandro Nigro, prodotta da 24Ore Cultura e promossa dal Comune di Milano, presenta al grande pubblico circa 180 opere, provenienti dal Boijmans Van Beuningen Museum di Rotterdam, eseguite da alcuni dei massimi esponenti del Surrealismo, avanguardia che, al pari del Cubismo e del Futurismo, segnò lo spartiacque tra la prima e la seconda metà del ‘900 nella Storia dell’Arte mondiale. Si tratta di una collezione proveniente da uno dei musei di spicco del panorama olandese, al pari delle grandi istituzioni di Amsterdam, e particolarmente conosciuto per l’interesse rivolto alle avanguardie storiche e ai fenomeni contemporanei dagli anni ‘60 a oggi.

st 528

Eileen Agar, Figura seduta, 1956, Rotterdam, Boijmans Van Beuningen Museum

Il Surrealismo, contrariamente al Cubismo e al Futurismo, i quali scompaginano la forma della rappresentazione e la stravolgono, parte dalla loro lezione per condurre l’osservatore a una dimensione maggiormente interiore e, in particolare, rivolta all’onirico e alle dinamiche psicologiche che muovono tanto la creatività dell’artista quanto la vita di ogni giorno di qualsiasi essere umano. La lezione surrealista è sicuramente stravolgimento della percezione tangibile dell’oggetto rappresentato, ma anche adesione a una “sur-realtà” (da cui il nome del movimento), in cui veglia e sogno si compenetrano e nella quale inconscio e subconscio si incontrano, ottenendo risultati straordinari, talvolta privi di nesso logico ma ricchissimi di significati reconditi, spesso da ricercare nelle teorie psicanalitiche che, al tempo del primo manifesto, nel 1924, lasciavano agli artisti e ai letterati immense praterie per rappresentare, a figure e a parole, la profondità della mente umana e del nostro pensiero. Nato dalla disillusione nei confronti di quel progresso e quel dinamismo esaltato da Cubisti e Surrealisti, dopo la Prima Guerra Mondiale, il Surrealismo propone un nuovo modo di fare Arte radicando la ricerca nell’inconscio e nel sogno, ma anche nel ritorno alle origini e nel gioco: non a caso, le prime prove surrealiste sono, a tutti gli effetti, giochi in cui parole e immagini costituiscono un elemento di rottura, con un ponte aperto a un’altra corrente contemporanea, il Dadaismo. Il Surrealismo, così, iniziò a diffondersi dalla Letteratura alla Pittura, alla Scultura e, poi, al Cinema, con i film di Luis Buñuel, segnando la Storia per il suo essere privo di un’estetica di base e per la spontaneità creativa.

Non a caso, la mostra prende le mosse dal rapporto tra Surrealismo e Dadaismo, movimenti nati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro, ma che partivano, nella stessa maniera, da un rifiuto degli orrori della Grande Guerra e del nazionalismo esasperato che aveva condotto a essa, in nome dell’esaltazione dell’irrazionale e del ritorno all’interiorità e all’infanzia. Il Dada fu il fenomeno del ready-made, l’oggetto d’uso quotidiano trasformato in opera d’Arte, come dimostrato dal famoso Orinatoio di Marcel Duchamp, ma anche i primi Surrealisti sfruttarono queste potenzialità, dato che i due movimenti fecero Arte su binari che, spesso, si intersecavano, per creare curiose interazioni, che generarono una delle grandi rivolte culturali del XX secolo, i cui segni sono evidenti ancora nell’Arte di oggi. In questa prima parte, interessanti sono i ready-made di Man Ray, artista statunitense che è uno dei simboli del Surrealismo mondiale. Il suo ferro da stiro chiodato è, nel contempo, voglia di giocare con un oggetto quotidiano ma anche volontà di scandalizzare il suo pubblico esattamente come, negli stessi anni, facevano i Dadaisti. Sono esplorati anche i rapporti con i grandi dell’Arte del passato, come provato dalle illustrazioni di Max Ernst, con cui l’artista tedesco, simbolo della complementarità Dada-Surrealismo, riprende le figure femminili disegnate dai grandi del Rinascimento per farne una versione ironica e trasognata.

Segue una sezione dedicata all’intenso rapporto tra Arte e Psicanalisi tanto cara ai Surrealisti. Grazie alle teorie freudiane, gli artisti del movimento trovarono ampi spazi di rappresentazione di un sogno che era pura libertà individuale ma anche ribellione nei confronti delle convenzioni sociali, tanto da far affermare al teorico del Surrealismo, Andrè Breton, che la creatività fosse al servizio della raffigurazione dell’inconscio. Questa fu la base su cui si mosse l’artista più rappresentato in questa sezione, il catalano Salvador Dalì, che, con i suoi quadri “paranoico-critici”, seppe stupire il pubblico lanciando messaggi oscuri e misteriosi, ma sempre nella sfera onirica, con visioni quasi da incubo che, però, stimolassero lo spettatore nel cercarne significati reconditi. Molto curiosa è la rappresentazione della Venere di Milo a cassetti (1964), che diviene Allegoria della Psicanalisi: i cassetti alludono alle parti del corpo in cui i sogni, spesso di natura sessuale, sono custoditi. Sulla stessa scia si muove il belga Paul Delvaux, con opere che esaltano il rapporto Eros-Thanatos all’interno di scenografiche cornici che ricordano Pompei, Ercolano o l’antica Roma, con la volontà di attualizzare la Classicità.

Uno dei punti di forza della mostra del MUDEC è l’esplorazione del rapporto tra Surrealismo e culture primitive, da cui il movimento prese spunto per un’analisi delle origini dei sogni e del ritorno alla primitività, non solo creativa ma anche interiore. Per i Surrealisti, guardare alle origini non era solo tornare bambini, ma anche cercare le nostre radici, per capire gli archetipi da cui nascevano i sogni. Era un ritorno alla primitività non tanto antropologico, quanto psicologico. Questa sezione mette in rapporto le opere dei Surrealisti con alcuni manufatti delle collezioni permanenti del MUDEC con lo scopo di farci capire l’importanza di questo ritorno alle origini con cui i Surrealisti seppero distinguersi dai Cubisti. In questa sezione sono presenti opere di artiste come l'inglese Leonora Carrington o il cubano Wilfredo Lam, in cui la ripresa di modelli precedenti, come Bosch, viene a compenetrarsi con elementi onirici ma anche con un’ammirazione panica per la Natura figlia della spinta verso il Primitivo.

Dopo una sezione dedicata alle varie tecniche con cui i Surrealisti cercarono di ottenere lo slancio verso sogno e inconscio, dal collage al frottage e alla fotografia, è la volta di una parte incentrata su un altro dei grandi temi che segnarono l’Arte di questo movimento, ovvero il Desiderio. La sfera sessuale fu molto indagata dai Surrealisti, come conseguenza dell’interesse per la Psicanalisi freudiana. Si può affermare che Amore e Desiderio fossero due dei perni dell’esperienza surrealista, attraverso i quali poter capire e indagare una parte di sé, spesso repressa. I membri del movimento condividevano, spesso, le loro esperienze attraverso incontri di gruppo in cui si leggevano poesie e si analizzavano romanzi a tema, con l’obiettivo di aprire la mente e di sferzare l’atteggiamento moralista della società di allora. I Surrealisti rappresentavano la sessualità attraverso figure dai corpi distorti oppure con opere astratte che illustravano l’emozionalità dell’Amore, ma erano anche soliti usare tecniche e materiali che richiamavano sensazioni fisiche e una forma di gioco tattile e materiale. Per Breton, la sfera sessuale era “principio motivante del Mondo”. In quest’ottica, le donne occuparono un posto ambivalente nel movimento: da un lato muse o meri oggetti del Desiderio (e si pensi alle sperimentazioni di Man Ray), dall’altro elementi attivi, tra le più importanti figure del Surrealismo mondiale, da Leonora Carrington a Meret Oppenheim. L’artista più rappresentato della sezione è proprio Man Ray, con la sua Venere Restaurata, del 1936, simbolo di libera espressione di desideri repressi ma anche diretto rimando all’opera del marchese De Sade, i cui romanzi influirono sulla sua produzione artistica.

La stranezza e l’insolito sono l’elemento di chiusura della mostra. Da sempre, il movimento è interessato a quel caleidoscopio di oggetti tanto inusuali quanto fantastici con cui poter fare un’Arte mirante a esprimere il massimo della nostra interiorità e dei nostri processi mentali. Attraverso la lettura di un testo come I Canti di Maldoror, opera del conte di Lautreamont, del 1869, Breton capì la potenzialità della visione di questi oggetti come motore per creare e rappresentare Mondi strani e perturbanti, figli di una grande tradizione artistica. Non a caso, i Surrealisti videro tanto alcuni codici miniati medievali quanto l’opera di Hyeronimus Bosch come un precedente illustre per le loro visioni “sur-reali”. Su questa linea di pensiero fantastico, si innestarono le suggestioni del marchese De Sade e di Lautreamont, a creare una sorta di pantheon genealogico della creazione surrealista. Attraverso tali riferimenti si può capire la base della sovversione percettiva operata dai Surrealisti, con cui ogni oggetto perdeva il significato quotidiano per acquisirne uno nuovo, aperto a mille interpretazioni.

Gli artisti surrealisti, spesso, giocarono con accostamenti tra immagini e parole: è quanto fatto dall’artista che chiude l’esposizione e che, forse, è il massimo esponente dell’avanguardia surrealista: il belga Renè Magritte. L’artista, nelle sue opere, sovverte la realtà attraverso oggetti che acquisiscono, in linea con la filosofia del gruppo, carica simbolica, ma anche tramite giochi ottici che creano curiosi richiami. È il caso di La Maison du Verre, del 1938, in cui l’artista ritrae un uomo di spalle ma, sulla cui nuca, compare un volto umano, ma anche di Le reproduction interdite (1937), in cui appare, di nuovo, un uomo di spalle che si guarda allo specchio: questo, però, anziché riflettere la sua figura, la raddoppia, creando un gioco ottico che ci strappa un sorriso. Ciò è la volontà di Magritte, così come quella di tutti i Surrealisti, di stravolgere la nostra percezione e di mettere in discussione l’idea del reale insita in tutti noi per condurci verso raffigurazioni figlie delle proiezioni mentali e psicologiche e verso un mondo al di fuori della realtà: si tratta di un ritorno, come in un cerchio che si chiude, a quell’idea di “sur-realtà” teorizzata da Breton nel 1924.

Dalì, Magritte, Man Ray e Il Surrealismo. Capolavori dal Boijmans Van Beuningen
MUDEC, Via Tortona 56, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì-mercoledì-venerdì-domenica 9.30-19.30; giovedì-sabato 9.30-22.30
Biglietti: 16,00 € intero, 14,00 € ridotto
Info: www.mudec.it

Pin It