Un ricordo di quando si andava in Colonia
Terminate le scuole ecco l’attesa del proprio turno per partire per la colonia, possibilmente marina ma anche montana, che in gergo erano dette “colonie marine, montane, elioterapiche”.
Probabilmente molti che mi leggono hanno fatto quest’esperienza, personalmente fatta per undici anni consecutivi, dai sei ai sedici, con ricordi piacevoli e meno gradevoli.
La storia delle colonie estive è piuttosto antica, infatti, la prima colonia nasce a Lucca nel 1822, trovando subito un’accoglienza favorevole, tanto che durante la Prima Guerra Mondiale la Croce Rossa aumenta l’interesse per queste iniziative, attenzione che il fascismo incrementò ulteriormente. Dopo la Seconda Guerra mondiale, le colonie sono riconosciute a carattere formativo e educativo, e aperte non solo a persone svantaggiate; sappiamo poi che vari Enti favorivano queste pratiche per i figli dei dipendenti o per motivi diversi, come ad esempio per i figli dei mutilati di guerra o sul lavoro.
Tuttavia permettetemi di rivivere quei momenti. Per me, allora bambino, tutto iniziava quando vedevo la mia mamma che tornava dalla merciaia con una fascetta bianca con piccoli numeri rossi, quadratino che poi andava ad attaccare sulla biancheria che dovevo portarmi appresso. Poi, era solo questione di tempo, e così una mattina ti trovavi su una corriera, non ricordo esattamente se si partiva da via Fabio Filzi, o forse via Tonale?
Mi pare di rammentare che si era sul fianco della stazione Centrale, e quando tutti si era a bordo, veniva fatto l’appello, poi un ultimo saluto ai genitori, che per quasi un mese non vedevi ne sentivi più, e si partiva.
Le mete non erano sempre quelle, anche se alla stessa colonia, come ad esempio quella di Cesenatico, che ci si andava più di una volta. Ricordo anche Igea Marina, Marina di Andora, dove la colonia era un campeggio e per ricordo ho ancora in un cassetto la camicia “scozzese” che faceva parte della divisa in dotazione, Pietra Ligure, Cervia, Ospedaletti, Carenno, che era colonia montana, queste sono quelle di cui ricordo.
Altre cose che sono rimaste vive in me sono le divise che davano a noi maschietti alla partenza, calzoncini corti blu e maglietta a righe bianche e azzurre. Le camerate a più letti e le cruente battaglie a cuscinate che si facevano la sera, con immancabile romanzina da parte delle signorine che ci avevano in carico, con minacce di saltare il bagno il giorno dopo, bagno che ci pareva sempre troppo corto, infatti, ci sembrava di essere entrati da poco in acqua che già sentivamo trillare il fischietto che ci richiamava a riguadagnare la spiaggia, anche qui con minacce di non fare il bagno il giorno dopo se non si ubbidiva.
Una volta ritornati sulla spiaggia, un momento di ginnastica per asciugarci, poi tutti a fare merenda, un po’ di gioco ancora e poi si rientrava tra le mura della colonia in attesa della cena.
Dopo cena l’immancabile passeggiata per le vie del paese che ci ospitava, mentre il pomeriggio dell’ultimo giorno di permanenza le signorine ci accompagnavano in negozio ad acquistare un ricordino da portare a casa ai genitori.
La Domenica era un giorno un po’ diverso, la mattina vi era la Messa, a pranzo trovavamo anche il dolce e il pomeriggio spesso il bagno era, per noi ragazzi, un miraggio. Prima di terminare questo breve articolo ricordo, non posso non fare un’osservazione, e cioè che noi non sentivamo i genitori per un lungo periodo, salvo ovviamente in caso di necessità, superando, chi più facilmente chi con più fatica, quest’allontanamento, che comunque è stata un’esperienza che ha rafforzato, mentre oggi, grazie ai telefonini, si è sempre “attaccati al cordone ombelicale” dei genitori, creando, probabilmente, stati di ansia che non aiutano a quel sano rafforzamento d’animo.