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Abbazia di Chiaravalle: viaggio nel tempo a pochi passi da Milano

abbazia chiaravalleVisitare l’abbazia cistercense di Chiaravalle in un fresco pomeriggio di fine dicembre è un’esperienza a metà fra il mistico e il viaggio nel tempo. Solo percorrendo, nel silenzio della campagna e con lo sguardo rivolto al grande parco agricolo che fronteggia l’abbazia, il breve tragitto che dal parcheggio porta all'ingresso del complesso, sembra quasi impossibile pensare che solo pochi chilometri più in là ci sia la città simbolo dell’economia italiana, Milano, con il suo traffico, i suoi grattacieli e i suoi rumori. 

Milano è costellata di tante realtà monumentali, più o meno grandi, nelle quali si respira la Grande Storia, quella vera, quella dei libri.

Chiaravalle (Clairvaux, per dirla poeticamente alla francese) però ha un’aura tutta particolare, quasi magica. Non mi stupirei per niente se vedessi comparire, fra il fumo delle candele nella navata centrale della chiesa, il cavaliere del XIII secolo Etienne Navarre, del film Ladyhawke, oppure il frate Guglielmo da Baskerville de “Il nome della rosa”.

Perché in quest’abbazia, nonostante siano visibili anche a un occhio poco esperto i vari interventi e le ristrutturazioni che si sono susseguite nei secoli (la prima fondazione viene fatta risalire al 1135 circa mentre gli ultimi interventi rilevanti sono del 1600), il tempo si è fermato al medioevo, quando anche nell'Italia settentrionale esplodeva quel grande movimento di riforma della spiritualità cristiana che prende il nome di monachesimo. 

Percorrendo il viale di ghiaia che dall'ingresso del complesso conduce alla chiesa abbaziale non si può non notare il contrasto, in facciata, tra il porticato inferiore secentesco e poco più indietro la struttura in laterizio con bifora e oculo di epoca sicuramente precedente. Ed è proprio il rosso mattone il colore predominante in tutta la struttura, splendido esempio di architettura gotica italiana.
Al suo interno l’edificio presenta la consueta pianta a croce latina, con volte a crociera costolonate che poggiano su pilastroni cilindrici in laterizio privi di capitello. Questi pilastri, come maestosi alberi secolari, sorreggono la chiesa da così tanti secoli e fanno riflettere sulle grandi capacità ingegneristiche dell’uomo del medioevo, periodo storico tutt'altro che “buio” dal punto di vista artistico.

Come di un film non si rivela mai la fine, non mi voglio soffermare sulla bellezza degli affreschi che la chiesa ancora conserva, seppur in parte danneggiati dal tempo, per non svelare nulla di più al visitatore che vorrà addentrarsi in questa meraviglia dell’architettura.
Vi posso solo consigliare la “colonna sonora” di questa visita: il silenzio della campagna milanese, una buona compagnia e il rumore delle foglie secche che si sbriciolano sotto le scarpe in una giornata d’inverno.

Paola Cavioni

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