Omaggio a Verdi e a Milano Topolino e il Codice Armonico

Questa settimana, sul numero 3028 di Topolino, è pubblicata la storia “Topolino e il Codice Armonico” di Francesco Artibani e Paolo Mottura, già autori nel numeri 3003 – 04 della bella parodia con i paperi di “Moby Dick” di Melville.
La storia, con il suo riuscito mix di avventura, mistero e musica, rappresenta un affettuoso omaggio a Giuseppe Verdi e alla Milano di fine Ottocento, che stava da poco uscendo dal periodo delle guerre d’ indipendenza, anche se molti nostalgici sognavano ancora di riunirsi all’Austria.
Nel fumetto Topolino e Pippo viaggiano con la macchina del tempo, ideata dagli scienziati Zapotec e Marlin in una storia di Bruno Concina nel 1985, fino alla Milano del 1872, ai tempi della prima dell’Aida, per risolvere il mistero di uno spartito dell’opera lirica che presenta delle singolari variazioni rispetto all’originale.
Grazie all’aiuto del cigno di Busseto, che si sente piuttosto indispettito per il fatto di essere stato esautorato dalla direzione dell’orchestra della Scala a favore del più giovane Rossetti, i due eroi scoprono che alla base di tutto c’e una cospirazione, guidata del perfido barone Cadregoni, di alcuni nostalgici austriaci che intendono uccidere durante la prima scagliera l’arciduca Alberto degli Asburgo e il duca Carlo di Beust, scatenando cosi una guerra tra i due stati che riporterebbe l’Italia sotto il domino austriaco.

Una nota interessante è che i due autori, oltre a molti e precisi riferimenti alla vita di Verdi, come la sua vita con la moglie Giuseppina Strepponi nella tenuta di Sant’Agata, offrono uno spaccato davvero notevole sulla Milano di quel periodo.
Ad esempio, durante il loro arrivo nel passato Topolino e Pippo finiscono in uno dei canali dei Navigli milanesi, che allora erano in piena attività con tanto di traghetti quotidiani, almeno fino alla seconda metà del Novecento.
Inoltre ad un certo punto i due eroi visitano la fabbrica del gas di Milano, che era stata aperta nel 1845, dove i lavoratori, tra cui numerosi bambini, lavoravano in condizioni disumane, con il frequente rischio di morire per un incidente o per una malattia, come la tisi o la tubercolosi.