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Quattro capolavori del Rinascimento fiorentino in mostra gratis a Milano

Come tutti gli anni, durante le feste natalizie, il Comune di Milano apre al pubblico la Sala Alessi del suo Municipio, ovvero Palazzo Marino, con l’obiettivo di ospitare alcune opere d’Arte provenienti da chiese o musei di altre città d’Italia e d’Europa.

Nel 2022, la protagonista è Firenze, con la sua epoca artistica più rilevante, il Rinascimento. Dal 2 dicembre 2022 al 15 gennaio 2023, infatti, è possibile vedere da vicino quattro opere dei più grandi maestri del Tre-Quattrocento toscano provenienti dai musei del capoluogo. Intitolata La carità e la bellezza, la mostra, curata da Stefano Zuffi e Domenico Piraina, è frutto di una sinergia tra Milano e Firenze, città che, storicamente, sono state tra i centri artistici della penisola durante la fine del Medioevo e i primi anni del Rinascimento, con maestri come Botticelli, Lippi, Brunelleschi, Pollaiolo a Firenze e Foppa, Bramante e Bergognone a Milano. Tutti artisti uniti da una grande volontà di innovare, superando la ieraticità medievale in nome delle nuove ricerche ottiche e della prospettiva teorizzata da Piero della Francesca e da fra’ Luca Pacioli destinate a far nascere l’Arte moderna. Contemporaneamente alla mostra di Palazzo Marino, dal 13 dicembre 2022, i municipi di Milano ospitano, nelle loro biblioteche, quattro opere del Seicento e altrettante della fine del XIX secolo, provenienti dalla GAM di Via Palestro, dalle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco e da altri istituti di beneficienza cittadini, che raffigurano il tema del rapporto tra carità e bellezza.

I due poli che danno il nome alla mostra sono i cardini della prima opera che ci accoglie all’ingresso della Sala Alessi, ovvero la scultura di Tino di Camaino (1280 ca. – 1337) raffigurante La Carità ed eseguita nel Secondo decennio del Trecento per il Battistero di Firenze. Tino, nato a Siena, fu allievo di Giovanni Pisano e, da lui, riprese uno stile scultoreo lontano dalla schematicità medievale e mirante al recupero della classicità romana, tanto da essere considerato, insieme al maestro, uno dei primi scultori rinascimentali nonostante la sua vicenda biografica si svolga un secolo prima dell’esplosione del fenomeno umanistico. Lavorò molto a Pisa ma soprattutto a Napoli, dove, per Roberto d’Angiò, creò grandiosi monumenti funerari e fu anche architetto. L’opera fiorentina, oggi custodita al Museo Bardini, attesta un linguaggio moderno e una plastica fortemente ispirata alla romanità così come alle figure realizzate dal maestro nel pergamo per il Duomo di Pisa, condotto attraverso figure geometriche e semplici, estremamente analoghe a quelle utilizzate, nello stesso periodo, da un suo illustre contemporaneo, un certo Giotto di Bondone.

Seconda opera in mostra è il delicatissimo tabernacolo di Beato Angelico (1395 ca. – 1455), frate domenicano il cui vero nome era Guido di Pietro. Nativo del Mugello, entrato nella congregazione domenicana di Fiesole, lavorò per gran parte della sua vita per le chiese fiorentine, tra cui San Marco, per la quale eseguì alcuni dei suoi capolavori, facendosi notare da papa Eugenio IV che lo volle a Roma per decorare parte della chiesa di Santa Maria sopra Minerva e alcuni ambienti del Palazzo Vaticano. Beato Angelico morì a Roma e, ancora oggi, è sepolto in Santa Maria sopra Minerva. Pochi sanno che l’Angelico è veramente un beato, visto che, nel 1984, papa Giovanni Paolo II lo ha riconosciuto come tale. L’opera dell’Angelico è un ponte tra due epoche, vista la resa volumetrica delle figure umane e del paesaggio già rinascimentale che, però, si staglia su un fondo oro ancora di eredità medievale e tardogotica. Questa caratteristica pervade anche il tabernacolo in mostra, eseguito nel 1434 ca. e proveniente dal Museo di San Marco, scintillante nei suoi colori e nel bagliore del fondo oro e scenografico nel suo essere un mix di Pittura, Intaglio e Oreficeria.

Filippo Lippi, Madonna col Bambino, 1466 ca., Firenze, Palazzo Medici-RiccardiSegue la Madonna col Bambino di Filippo Lippi (1406-69), opera eseguita nella tarda attività del maestro, intorno al 1466. Si tratta di una delle ultime opere del Lippi, ormai anziano, poco prima della sua partenza per Spoleto, dove lavorò alla decorazione dell’abside del Duomo e dove morì. Fiorentino e frate carmelitano, il Lippi visse l’epoca d’oro della sua città, negli anni di Lorenzo il Magnifico, Brunelleschi e Botticelli e lavorò moltissimo per le chiese del capoluogo toscano ma anche per Prato, specie per il Duomo. Proprio a Prato, dove era priore di un monastero, ebbe una relazione con una monaca dalla quale nacque un figlio, Filippino, divenuto anch’egli pittore. L’opera del Lippi, proveniente da Palazzo Medici-Riccardi, è frutto della Cultura umanistica di cui Firenze, all’epoca viveva e che esportava al di là dei confini medicei: una Madonna dal volto ovale e perfetto, erede di una grande passione per la classicità unita alla grazia derivante dalla filosofia neoplatonica del Ficino e del Landino, si staglia di fronte a una nicchia che ricorda l’Architettura di Brunelleschi e di Leon Battista Alberti.

Ultima opera in mostra è la Madonna col Bambino, proveniente dal Museo Stibbert e opera di uno dei grandi della Pittura del Rinascimento e della Storia dell’Arte, quel Sandro Botticelli (1445 ca. – 1516) autore della Primavera e di altri dipinti iconici per gli appassionati ma anche per chi, di Arte, ferrato non è. Si tratta di un’opera tarda del Botticelli, risalente agli ultimi anni del ‘400, in cui il pittore, ancora sconvolto dalla morte del mecenate di una vita, Lorenzo il Magnifico, avvenuta nel 1492, venne influenzato dalle predicazioni di Girolamo Savonarola. A guardare bene la piccola tavola, siamo lontanissimi dal Botticelli allegorico delle grandi imprese medicee ma anche di quella campagna decorativa che lo vide protagonista in Vaticano, nella cappella Sistina, insieme al Perugino e al Ghirlandaio. I toni sono molto più scuri e i colori non sono più lo scintillante florilegio della Primavera, così come il volto di Maria è colto in apparente semplicità e anche il paesaggio sullo sfondo sembra essere stato immortalato quasi “per sommi capi”: tutti questi elementi sono figli dell’inquietudine interiore che caratterizzò il pittore negli ultimi venticinque anni della sua vita. E tutto ciò è da ricercare nell’influenza che, su Botticelli, ebbe la visione apocalittica e moralista di Savonarola, mirante a un ritorno alla vita evangelica dopo gli eccessi e gli sfarzi del periodo del Magnifico.

Carità e bellezza
Palazzo Marino, Piazza della Scala 2, Milano
Orari: tutti i giorni 9.30-20.00
Ingresso libero
Info: comune.milano.it; mail serviziculturali@civita.art

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