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La Pittura di Filippo De Pisis in mostra a Milano

La più ampia retrospettiva dedicata a Filippo De Pisis negli ultimi 50 anni: questa è la migliore descrizione della mostra allestita al Museo del Novecento di Milano.

mostra-filippo-de-pisis-pittura-natura-morta-museo-novecento-milanoDal 4 ottobre 2019 al 1 marzo 2020, la struttura museale di Piazza Duomo ospita questa grande esposizione dedicata al pittore ferrarese, uno dei più grandi esponenti dell’Arte italiana tra le due guerre mondiali e, in generale, di tutto il nostro Novecento. A cura di Pier Giovanni Castagnoli e della conservatrice del Museo, Danka Giacon, la mostra è promossa e organizzata dal Comune di Milano, dalla casa editrice Electa e dall'Associazione Filippo De Pisis. Attraverso una novantina di dipinti, la mostra intende essere un percorso, essenzialmente biografico e cronologico, nella pittura di Filippo, con l’obiettivo di svelarne l’innovatività e la centralità nel panorama dell'Arte del Novecento italiano, specie in relazione con l'opera di Giorgio De Chirico.

Sì, perché i percorsi artistici e biografici dei due artisti si intrecciarono in una città che fece da scenario alla nascita della Metafisica, ovvero Ferrara. La Ferrara in cui De Chirico giunse nel 1915 era un centro culturale di notevole interesse, ricco di gallerie e dove poté tessere rapporti sia con grandi artisti del tempo, come Carlo Carrà, ma anche con l’ambiente artistico locale. In questo ambito presero le mosse le prime esperienze artistiche di Filippo De Pisis. Nato nel 1896 da una famiglia nobile (il suo nome intero è Luigi Filippo Tibertelli De Pisis) e reduce da un breve apprendistato presso Odoardo Domenichini, la Pittura di Filippo guardò, dapprima, ai grandi maestri che eternarono, nei secoli passati, la città di Ferrara e i suoi signori, gli Estensi, dalla triade rinascimentale Cosmè Tura – Ercole de’ Roberti e Francesco del Cossa al manierismo del Garofalo e dello Scarsellino e al barocco di Carlo Bononi.

Fu, però, l’incontro con De Chirico e Carrà a segnare una svolta nella sua Arte, verso il superamento della barriera sensoriale e la nascita di quella Pittura trascendente che fu la Metafisica. Nei suoi anni ferraresi, cui è dedicata la prima parte di mostra, a contatto con De Chirico e il fratello Alberto Savinio, dipinse soggetti astratti ma anche nature morte dal taglio quasi surrealista, come quella che lui definì “isterica” del 1919. Nel 1920, Filippo si trasferì a Roma e, qui, nelle chiese, nei palazzi e nei siti archeologici, trovò linfa vitale per la sua Arte. A Roma conobbe Armando Spadini, che lo esortò a continuare sulla strada pittorica, ma anche il grande amico di una vita, ovvero lo scrittore veneto Giovanni Comisso. Nella galleria di Anton Giulio Bragaglia, pioniere, tra l’altro, del nostro Cinema, avvenne la sua prima mostra personale, con acquerelli esposti accanto alle opere di De Chirico.

La seconda parte è dedicata agli anni parigini. Nel 1925, un Filippo quasi trentenne approdò nella Capitale francese che, già da vent'anni, era il punto d’incontro prediletto per artisti e intellettuali di tutto il Mondo: vi trovò l’amico De Chirico, ma anche geni che segnarono la Storia dell’Arte del Novecento, come Georges Braque, Pablo Picasso e Henri Matisse. Qui, De Pisis iniziò a dipingere “en plein air”, come gli impressionisti, ma anche a visitare, come fece a Roma, musei e chiese, alla ricerca di un’ulteriore fonte d’ispirazione. A Parigi, la Pittura di Filippo divenne più naturalista, spaziando dalle nature morte, con vasti repertori di oggetti ed elementi vegetali e animali, alle vedute cittadine, frutto di osservazione della quotidianità urbana nella sua semplicità. La sua prima personale parigina riscosse ampio successo e De Pisis divenne punto di riferimento per la comunità italiana degli artisti nella Capitale francese.

La terza parte è dedicata ai soggiorni estivi in Italia, durante i quali De Pisis divenne anche un ottimo ritrattista. Particolarmente significativi sono i ritratti di montanari eseguiti durante le sue vacanze a Cortina o in giro per le località di villeggiatura del Cadore, tra il 1926 e il ’29, anni tra i più prolifici della sua carriera, o anche numerose vedute di villaggi alpini o delle città, come Bologna, Firenze o Venezia, in cui ebbe modo di soggiornare. In questi anni, entrò in contatto con Margherita Sarfatti ed espose alla Biennale di Venezia. Nelle sue nature morte, iniziarono a comparire omaggi ad altri artisti chiamati “quadro nel quadro”: sullo sfondo del soggetto, con il solito campionario vegetale e animale, comparirono opere di artisti suoi amici, come De Chirico, o di altri maestri del passato, come, per esempio, Goya.

Negli anni parigini, De Pisis divenne anche un pittore di paesaggio, anche grazie alla sua modalità esecutiva, con pennellate rapide e colori pastosi, sempre ottenute dipingendo all'aria aperta come i maestri dell’Impressionismo. Il paesaggio di De Pisis, però non è più un dato oggettivo e visivo, come lo intendevano soprattutto Manet e Monet, ma un elemento che si interiorizza, che diviene “stato d’animo”, come provato da opere come Rue de Dragon e Rue de Clichy. La stessa modalità operativa e di visione artistica condizionò i suoi ritratti, frutto dell’osservazione diretta dell’umanità parigina brulicante di girovaghi, clochard, emarginati e immigrati da tutto il Mondo, come provato dal bellissimo Marinaio francese (1930).

Negli anni ’30, De Pisis approfondì la pratica del ritratto, rendendola più introspettiva, esattamente come il paesaggio, e creando nature morte sempre più ricche di particolari. Nel 1931, la Biennale di Roma gli dedicò un’intera sala, mentre nel 1935 venne invitato a Londra per una mostra personale. Filippo rimase nella City per alcuni mesi, lavorando a paesaggi densi di umanità e di brulicante vitalità, come Ring Square, in cui forte è l’influenza di Giuseppe De Nittis. In questi anni proseguirono i soggiorni estivi in Italia, specie tra il Veneto e la Romagna, dove, nelle lagune ravennati e ferraresi, dipinse “en plein air”. I suoi ritratti di questi anni sono tra i capolavori della sua produzione, frutto di introspezione psicologica, osservazione diretta e resa del dato naturalistico, da Il Vecchio (1933) a Il Soldatino francese (1937), trasposizione ritrattistica di quanto avvenuto con le nature morte, circondate da una profusione inimmaginabile di particolari di complemento al soggetto dipinto.

Nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, De Pisis lasciò Parigi e tornò in Italia, rifugiandosi a Milano, dove aprì uno studio in Via Rugabella. Nel 1943, dopo i bombardamenti sulla città, che distrussero il suo studio, si rifugiò a Venezia, dove dipinse le due grandi nature morte esposte in mostra, che sono tra i suoi capolavori, influenzate, specie nelle dimensioni, dai teleri del Cinquecento del Tintoretto e del Veronese.

Finita la Guerra, De Pisis tornò a Parigi, ma trovò la città completamente cambiata e, deluso, ritornò per sempre in Italia. Iniziarono a manifestarsi i sintomi della malattia nervosa che lo avrebbe portato alla morte, ancora più accentuati dal rifiuto della Giuria della Biennale di Venezia di concedergli un premio, nel 1948, a causa della sua omosessualità. De Pisis venne ricoverato presso la clinica Villa Fiorita di Brugherio, dove, però, non mancò di eseguire opere estremamente poetiche e melancoliche come Il Cielo a Villa Fiorita (1952). De Pisis morì nel 1956 nel nosocomio di Brugherio, lasciando un’eredità significativa per gli artisti che avrebbero, nel decennio successivo, scardinato l’Arte italiana dai vecchi schemi, proiettandola verso un panorama mondiale.

De Pisis
Museo del Novecento, Piazza Duomo 8, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30-19.30; giovedì – sabato 9.30-22.30
Biglietti: Intero 12,00 € , ridotto 10,00 €

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