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I miracoli di David LaChapelle in mostra al MUDEC

La Fotografia trasognata, insieme a una notevole carica dissacrante e a vari richiami all’Arte del passato, sono i protagonisti di una grande mostra al MUDEC di Milano.

L’artista del quale sono esposte le opere, nelle sale di Via Tortona, è lo statunitense David LaChapelle, pilastro planetario della tendenza iperrealista dell’Arte contemporanea, che trova, nella Fotografia, un grande, e straordinario, mezzo d’espressione. Curata da Denis Curti e Reiner Opoku, la mostra, aperta dal 15 aprile all’11 settembre 2022, intende esplorare un LaChapelle nuovo e inedito, lontano da quello mainstream, quasi da pubblicità, che gli appassionati di Arte contemporanea conoscono bene. Attraverso novanta opere, l’esposizione intende presentarci gli ultimi lavori dell’artista, da sempre attento ai temi sociali e ai diritti umani. Queste ultime opere sono frutto di ricerche artistiche che durano sin dai suoi esordi.

David LaChapelle, Revelations, 2019David LaChapelle, nato nel 1963 nel Connecticut, muove i primi passi con Andy Warhol e, non a caso, le sue prime opere sono omaggi al genio di Pittsburgh così come a Lichtenstein e Rauschenberg. Con il passare degli anni, però, dalla Pop Art, il suo stile si è evoluto verso una tendenza all’iperrealismo trasognato, con fotografie che trasudano di luci e colori, nelle quali uomini e donne si muovono all’interno di una dimensione nuova, figlia della consapevolezza del tempo in cui viviamo. E non è un caso che, da tale tendenza, nasca una forte carica dissacrante insita nella sua opera, in grado di trasformare situazioni, stilemi e temi per natura dogmatici, come il Sacro, in quanto di più lontano dagli archetipi dei secoli passati. LaChapelle, però è artista che si confronta con questi modelli, fornendo soluzioni personali e lavorando, costantemente, a parallelismi con il passato. Per LaChapelle, e il percorso di mostra lo testimonia, l’Arte è sguardo critico sull’animo umano e sulle mille sfaccettature che lo caratterizzano, ma anche espressione di un’umanità calata nel Cosmo e nell’ambiente in cui vive, con opere anche di denuncia tanto sulle discriminazioni razziali e di genere quanto sul dramma dei cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo il Pianeta. Le sue ultime opere si pongono come forme di Fotografia gestuale, nella quale il movimento delle braccia o gli sguardi dei suoi soggetti divengono portatori di significati profondi, echi del passato e moniti per un futuro ancora non troppo remoto.

Il sottotitolo della mostra è I believe in miracles. LaChapelle ci crede, nei miracoli, ma li cala in una dimensione attuale e li trasforma in concretezza, quasi a volerceli far toccare con mano. Il miracolo non è più, come nei secoli passati, il prodigio a cui la folla assisteva impietrita, cominciando, poi, a recitare litanie, bensì un evento che rompe la linea piatta del presente e che si manifesta, grazie alla tecnica dell’artista, in qualcosa che supera la carica trascendente e si pone, a tutti gli effetti, come un evento realistico e umano. Non a caso, la mostra si apre con la bellissima Apparizione della Madonna a San Francesco, versione quotidiana di un soggetto tipicamente “da pala d’altare”, su cui generazioni di pittori, specie nel ‘600 e nel ‘700, si cimentarono. Ora, una bellissima donna africana, con in braccio un bambino, appare a un San Francesco quasi efebico nella radura di una foresta pluviale: l’opera, a tutti gli effetti un miracolo, trasforma una raffigurazione dogmatica in una soluzione realistica e contemporanea, a partire dalla scelta del soggetto di Maria, non più ragazza bionda vestita di rosso e blu. L’opera è forse la più dissacrante tra quelle in mostra, ma anche la più intensa.

Seguono opere legate al ricordo degli esordi dell’artista con Warhol. LaChapelle omaggia, attraverso immagini riprodotte quasi “con lo stampino”, alcune star della nostra epoca, da Pamela Anderson a Lady Gaga, da David Bowie a Madonna e a Uma Thurman, raffigurate in pose iconiche. L’artista, inoltre, omaggia anche il maestro Warhol e l’icona per antonomasia, Marilyn Monroe, in una curiosa opera nel quale due caricature della Diva, una in versione bionda e l’altra mora, sono incorniciate da un ritratto corrucciato del genio di Pittsburgh.

La seconda grande prova dell’artista, negli ultimi anni, è stata Deluge (2006), ovvero un grande progetto fotografico ispirato al Diluvio Universale e all’Arca di Noè dipinti da Michelangelo nella Cappella Sistina. Quest’opera è frutto della riflessione dell’artista sulla vita che sta per finire sotto la spinta di eventi atmosferici estremi che alludono alla perdita di ciò che è materiale. Il formato scelto rimanda alle tavole del ‘400 fiorentino, in particolar modo al Pollaiolo, mentre la scelta stilistica, oltre che a Michelangelo, fa pensare anche a un’altra opera drammatica, come La Zattera della Medusa di Théodore Gericault. Sullo stesso filone, tra il 2009 e il 2010, LaChapelle si trova a riflettere sulle opere di Botticelli: nascono, così, opere come Rinascita di Venere, in cui la potenza sensuale della Dea è simboleggiata dalla conchiglia raffigurata al centro, e Rape of Africa, riflessione personale su Marte e Venere del pittore fiorentino, nella quale, però, la divinità antica è sostituita da una donna africana in abito tradizionale, palese allusione allo sfruttamento delle sue risorse da parte delle grandi potenze mondiali e alla fame che le popolazioni del Continente sono costrette a subire. 

Tra il 2019 e il 2021, LaChapelle lavora a una serie di opere dedicate all’estraniamento dell’umanità nella tecnologia. Nasce così un’altra opera simbolica esposta in mostra, ovvero Revelations, nella quale una coppia di anziani si abbraccia davanti a un paesaggio desolato, spettrale come durante il primo lockdown, in cui emergono negozi con le porte sbarrate. Questo scenario allude all’individualismo e all’egoismo sempre maggiore nella società odierna, e, nel riprodurlo, l’artista ha pensato anche a un passo della seconda lettera di San Paolo a Timoteo. 

Tra gli ultimi progetti di LaChapelle emerge anche Spree, trittico dedicato ai cambiamenti climatici e al rapporto, ormai conflittuale, tra Uomo e Natura: il modellino di nave, costruito appositamente dall’artista per creare l’opera, si incaglia in un mare di ghiaccio a simboleggiare la rottura della simbiosi tra uomo e ambiente, e tra l’umanità e la civilizzazione. Un dramma che, secondo l’artista, porterà anche noi a incagliarci, esattamente come la nave da lui raffigurata. A tale opera si affianca, a livello tematico, una serie del 1999 nella quale LaChapelle denuncia lo spreco di plastica e ne evidenzia le masse presenti negli Oceani, specie in Redeeming Paradise

A chiudere la mostra è una serie, sempre del 2019-20, dedicata alla memoria della pittrice Georgia O’Keefe, le cui opere sono state un punto di riferimento per l’artista durante i suoi anni alle Hawaii. I fiori e le nature morte raffigurate da LaChapelle sono un omaggio non solo all’artista, ma anche alla Natura e alla sua magnificenza, al suo fulgore e alla sua bellezza, di fronte alle minacce dei cambiamenti climatici e, in generale, alla mano devastatrice dell’uomo.

David LaChapelle. I believe in miracles
MUDEC, Via Tortona 56, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì-mercoledì-venerdì-domenica 9.30-19.30; giovedì-sabato 9.30-22.30
Biglietti: Intero 15,00 €; ridotto 13,00 €
Info: www.mudec.it

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