Inno alla Morte nella moda?
L'Ubiquità dei Teschi nella Moda contemporanea
Inizio col precisare subito la motivazione di questo titolo. Il mio riferimento è su quell’abbigliamento, soprattutto di magliette, ma anche spille e ninnoli vari, che raffigurano teschi, scheletri se non addirittura espressioni più truculente, (ho notato in un negozio di cineserie una maschera che raffigurava un volto una cui metà era soggetto alla putrefazione), indossato anche da bambini/e.
Perché i Teschi? Significato e Controversie
Indubbiamente ognuno è libero di vestirsi come meglio crede, mantenendo tuttavia un certo decoro per rispetto della sensibilità altrui. Ma vedere persone che indossano un capo in cui campeggia un teschio o peggio mi porta a considerare, visto che ogni oggetto ha un suo preciso significato, che sia un omaggio alla Morte; l’esatto contrario della Vita.
Qualcuno sostiene che “è proprio per inneggiare alla vita che si sfoggiano i teschi,” una affermazione che mi pare assurda. Se voglio inneggiare alla vita, raffiguro oggetti il cui significato simbolico è legato a questa. Che siano volti sorridenti, campi fioriti, ma non un teschio che è chiaramente significativo della morte.
Se ne vuole qualche esempio: un tempo i reparti militari d’assalto della Grande Guerra, oppure gli Ussari ottocenteschi, e altri ancora, per terrorizzare i nemici avevano un teschio come emblema. Sui prodotti tossici o velenosi non è forse evidenziato un teschio? Sulle cabine o i fili di alta tensione non vi è la scritta che dice: “attenzione pericolo, con un teschio che ne evidenzia l’eventuale fine del disattento?”. Come si fa a sostenere che questi teschi inneggiano alla vita proprio faccio fatica a comprendere, visto che parlano di morte.
L'Illusione di ingannare la morte
Altra affermazione di chi ama queste rappresentazioni è questa: “è importante scherzare sulla morte, o almeno parlarne, per ingannarla.” Che si possa fare delle battute sulla morte ci può anche stare, non illudendosi però che la si possa esorcizzare. Parlarne? Sicuramente sì, ma con i dovuti modi e in maniera intelligente e costruttiva.
In questo contesto, ricordo il famoso detto latino “Memento mori”, che ha origine nell’antica Roma, poi ripreso dai Monaci Trappisti con il motto “ricordati che devi morire”, per invitare l’uomo e la donna a mettere da parte la superbia e altri comportamenti non consoni al buon vivere.
Altra pura illusione è quando si afferma: “per ingannarla”. Una affermazione di una ingenuità sorprendente. Ingannare la morte? Non c’è mai riuscito nessuno, forse nei film, in qualche racconto, nelle favole, ma la realtà è ben altra cosa. Mi sovviene alla mente il testo di una canzone che ben descrive proprio di come non sia possibile ingannare la morte; la canzone ha il titolo: Samarcanda. Ne riporto solo la parte centrale, ma l’invito è quello di ascoltarla interamente.
Fiumi poi campi, poi l'alba era viola,
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era su la porta quella nera signora
stanco di fuggire la sua testa chinò:
"Eri fra la gente nella capitale,
so che mi guardavi con malignità,
son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale,
son scappato via ma ti ritrovo qua! "Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per ascoltar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua.
La disquisizione potrebbe continuare ancora, tuttavia, un semplice articolo ha i suoi spazi di contenimento, e a questi mi adeguo. Ribadisco però che le cose, tutte, lanciano a chi le osserva un messaggio, a volte chiaro a volte più nascosto. Voler cambiarne il senso alterandone il simbolismo intrinseco è un nonsenso che porta a una confusione non sicuramente educativa.