Lo Zafferano: una spezia dai mille usi
Quel colore giallo così caro ai milanesi nel risotto è dovuto a una spezia che viene da lontano, lo Zafferano, il cui nome deriva dall’arabo Zaafran, mentre il suo nome scientifico Crocus deriva dal greco Krokos.
Lo zafferano (Crocus Savitus Linneo) è una pianta che va dai 12 ai 40 cm di altezza. La spezia viene ricavata dagli stigmi, parte superiore del pistillo, dei fiori, tolti a mano e con molta delicatezza, la raccolta avviene tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.
Secondo una leggenda greca le origini dello zafferano risalgono al giovane Crocus, perseguitato dagli dei a causa della sua straordinaria bellezza, che si innamorò della ninfa Smiliace. La ragazza però era la protetta del dio Ermes che, per vendicare l’offesa subita, trasformò il ragazzo in un bulbo dal profumo straordinario, che ben presto divenne noto in tutta la Grecia.
Le prime notizie sullo zafferano risalgono ai papiri egiziani del II secolo a. C e alla Bibbia, che lo cita come una delle spezie più pregiate nel mondo ebraico. Successivamente Omero nel XI e XII libro dell’Iliade parla dei suoi valori terapeutici, come pure in età romana Plinio e Virgilio, mentre Ovidio lo nomina nelle Metamorfosi.
Anticamente lo zafferano era coltivato tra la Barbaria, la Stiria e la Cilicia, e utilizzato dai Sidoni e dagli Stiri per colorare i veli delle giovani donne prossime alle nozze e dai sacerdoti come incenso nelle cerimonie religiose.
In seguito dall’Asia la coltivazione arrivò fino alla Tunisia, e quindi importata in Spagna, dove si diffuse soprattutto a Toledo e Valencia. Verso il 1320, durante il sinodo di Toledo, un domenicano, appartenente alla nobile famiglia abruzzese Santucci, iniziò ad interessarsi alla piccola pianta e alle sue numerose virtù, tanto che dopo il sinodo tornò nelle sue terre dei bulbi di zafferano.
Qui la spezia trovò un habitat ideale e la sua coltivazione portò a un prodotto di qualità superiore a quello delle altre nazioni; in poco tempo divenne uno dei prodotti più stimati dell’Abruzzo, tanto che i commercianti locali si aprirono ai mercati di Milano e Venezia.
Verso il 1317 la popolarità dello zafferano abruzzese era tale che il re angioino Roberto D’Angiò abolì le tasse sul prodotto con lo scopo di agevolarne il commercio.
Agli inizi del '500 numerosi mercanti tedeschi vennero in Abruzzo per acquistare lo zafferano, che in Germania era considerato una importante risorsa commerciale, mentre nello stesso periodo il re Ferrante d’Aragona concesse all’Aquila la possibilità di aprire un’Università, un commerciante di zafferano poté aprire una tipografia con i proventi del suo commercio e venne anche posta la prima pietra della Basilica di San Bernardino.
Sotto i Borboni i coltivatori di zafferano conobbero un nuovo periodo di splendore, tanto che nel 1830 si arrivò a una produzione di 45 quintali.
Durante la seconda guerra mondiale la produzione di zafferano ebbe un notevole rallentamento anche a causa dei soprusi dei piccoli commercianti, per poi, grazie all’opera di Silvio Sarra di Civitaretenga e della sua cooperativa, tornare a essere una delle produzioni più rinomate del mercato italiano e mondiale.
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