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Ritornare alle emozioni partendo anche dalla scuola

alba

“Io non so parlar d’amore, l’emozione non ha voce…” canta il grande Celentano. Ed è proprio così. Davanti alle emozioni siamo tutti senza voce. Eppure, dovremmo ritornare a parlare di loro. A sentirle.

Chi non ha mai provato, appena alzato, l'emozione di un bel sogno ancora così reale, incastrato tra il cuscino e la realtà? Chi non ha mai goduto, davanti al mare, dell'emozione di un tramonto, desiderando essere luminoso come quel sole per diffondere il proprio bagliore intorno a sé? Chi non ha mai ascoltato davvero l'emozione dell'anima suggerirgli di seguire la propria vocazione?

Siamo nati per seguire le emozioni, non per soffocarle.mani

Così, un pittore, ascoltando le vibrazioni del suo animo, si ferma davanti a un campo di girasoli e ne coglie l’essenza. O un amante della natura decide di affrontare quattro ore di camminata per stupirsi della vista spettacolare di montagne immense e ritrovare in esse la sua immensità. Siamo umani, e perciò pieni di passioni, di emozioni, di battiti. E allora, perché ci chiudiamo dentro gabbie di pensieri che ci tolgono libertà, inchiodando le nostre passioni? Perché?

Forse, inghiottiti da doveri e obblighi, crediamo di poter rimandare l’ascolto del nostro io profondo.

Recenti studi delle neuroscienze considerano la scuola come un terreno fertile per coltivare una didattica delle emozioni. Insegnare l’ascolto delle proprie emozioni in classe permetterà una formazione umana più completa. Emozionare ed emozionarsi avvicina infatti la formazione alle persone, ne esalta le strategie, i risultati, gli orientamenti. Non basta solo impartire ripetitive nozioni; serve creare un clima di ascolto sereno e partecipazione costruttiva. Un “universal design for learning” che valorizzi un approccio pedagogico innovativo, utilizzando vari canali per l’apprendimento, come video, musica, teatro, visite ai musei, sport e digital learning.

E voi? Siete ancora capaci di emozionarvi? Di “seguire con gli occhi un airone sopra il fiume… e ritrovarvi a volare…”? Chiedetevelo.

IL LINGUAGGIO DELLE EMOZIONI 

Umberto Galimberti nel suo libro “Il linguaggio delle emozioni” costruisce un cammino straordinario nelle profondità del nostro vissuto e ci insegna a ritrovare il nostro spazio intimo, cioè lo spazio che si nega al pubblico e si concede solo a chi è degno di capire il nostro segreto profondo, che è spesso ignoto persino a noi stessi.
La nostra è un’epoca di spaventosa espansione della razionalità tecnica. Da un lato, questo impone la rimozione delle emozioni e, dall’altro, innesca una reazione di ritirata nel proprio sentimento, assunto come unica legge di vita.
A ciò si aggiunge la ricerca costante di visibilità e di notorietà, che trasforma le nostre emozioni in merci.
Ma allora siamo ancora capaci di riconoscere che cosa sia un’emozione?
Platone ci invita a privilegiare la mente razionale per governare le passioni del cuore . Ma il cuore, si dice, ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Galimberti osserva che "l'amore ci porta a entrare nella nostra follia dal momento che non è possibile controllare l'amore con la ragione”. Anzi prima che la mente giungesse a guidare, la vita dell’uomo era governata tutta dal cuore che promuove le azioni più rapidamente della ragione e prende decisioni immediate. Forse dovremmo quindi, secondo Galimberti, accettare le emozioni profonde che regnano dentro ognuno di noi. La paura non è angoscia, l'amore non è esperienza del chiarore razionale ma immersione in una zona d'ombra e follia dalla quale torniamo rinnovati, il sogno così come l'arte poetica o il regno della fantasia infantile sono porte dove si entra solo con una chiave : quella del cuore

amore

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