Palazzo Borromeo: antica dimora patrizia di Milano
Di fronte alla chiesa di Santa Maria Podone si innalza il Palazzo Borromeo, una delle più antiche dimore patrizie di Milano. Il palazzo è citato come "grande, ricco di stanze e di ornamenti" nelle guide di Milano di Carlo Torre, di Serviliano Latuada e dell’abate Carlo Bianconi. Latuada, in particolare, si soffermò sui meriti della famiglia Borromeo, degni di una tale dimora (Descrizione di Milano, tomo IV, pp. 194 – 95).
L’edificio venne innalzato a fine ‘300 dai primi esponenti della famiglia “de’ Borromei” giunti a Milano come mercanti da Firenze e, per sei secoli, fu il perno della vita politica e religiosa milanese, visto che, nel palazzo, trascorsero la giovinezza molti esponenti delle istituzioni cittadine, nonché gli arcivescovi Carlo e Federico.
Nel ‘600 e nel ‘700 il palazzo si ampliò fino a occupare le case sulle vicine via Morigi e Gorani e ospitò una notevole pinacoteca con opere di artisti seguaci di Leonardo da Vinci. Durante il secolo dei Lumi, inoltre, Giovanni Benedetto Borromeo Arese sposò la patrizia genovese Clelia del Grillo, la quale, colta e poliglotta, diede vita anche a un importante salotto scientifico e letterario, a cui parteciparono anche Ruggero Boscovich e Antonio Vallisneri. Il palazzo mantenne una grande fama sino al 1943, quando le bombe alleate lo danneggiarono gravemente. Gli eredi lo abbandonarono, ma l’edificio fu ricostruito, il più possibile fedelmente all’originale, da Ferdinando Reggiori.
La facciata su Piazza Borromeo, ancora oggi presenta il fascino della dimora del primo ‘400 lombardo. Essa è totalmente in cotto, con mattoni a vista e finestre quadrate e rettangolari. Il portale è sicuramente antecedente al ‘400 ed è a forma archiacuta, con conci rosa e rossi alternati, ghiera con tralci di vite e cuspide sormontata da un dromedario. Due sono i cortili del palazzo: il primo è circondato da colonne ottagonali, mentre il secondo reca tracce di affreschi con motivi vegetali che incorniciano il motto dei Borromeo.
All'interno degna di nota è la decorazione della sala dei giochi: si tratta di una saletta in cui sono raffigurati, ad affresco, l’uso dei tarocchi e i giochi della palma e della palla. L’opera è databile intorno al 1450 ed è riferibile a Giovanni Zenoni da Vaprio d’Adda e costituirebbe il ciclo più importante del Gotico internazionale a Milano.
Il ciclo è anche una grande testimonianza dello stile di vita raffinato e cortigiano della Milano dei Visconti, oltre che un’esaltazione dei valori dell’epoca e una raffigurazione della realtà quotidiana. Anche altre sale, infine, vennero decorate tra ‘300 e ‘400, ma molti affreschi andarono distrutti sotto le bombe. Se ne conservano solo alcune tracce, come una nave in burrasca attribuita a Michelino da Besozzo oggi in un’altra sala del palazzo e alcuni lacerti attribuibili o a Michelino o allo Zenoni oggi alla Rocca di Angera.