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Missione Svalbard 1971: racconto del Pioniere ENI

svalbard artic circleRacconto del Pioniere ENI Gildo Da Rold (classe 1927) che qualche anno fa ha voluto condividere con MilanoFree.it la missione effettuata per ENI alle Isole Svalbard nel lontano 1971.

Nell'agosto del 1971, mentre ero in vacanza con la famiglia nelle vicinanze di Cortina d'Ampezzo, venni avvisato telefonicamente di rientrare subito in sede. per partire immediatamente per le Isole Svalbard.

Io sapevo solo che in quella zona era in corso un rilievo sismico marino affidato ad una squadra contrattista, che aveva noleggiato, in Norvegia, una nave rompighiaccio, perché nella zona era presente, a larghi tratti, la banchisa polare.

Lasciai la montagna con dispiacere, poiché in quell'anno ci si stava molto bene. Il clima era buono ed i funghi porcini si trovavano con facilità. Rientrato in sede, trovai i biglietti aerei già pronti. Partii il giorno successivo, in compagnia del supervisore della squadra contrattista, avendo come prima tappa OSLO, in Norvegia, dove ci fermammo un giorno per procurarci certi documenti locali, necessari per poter entrare alle Svalbard.

Poche parole utili per illustrare brevemente la posizione, la storia e la natura dell'arcipelago delle Isole SVALBARD.
Situato fra 78° e 80° latitudine Nord a circa 1000 Km. dal Polo NORD e altrettanti dal CAPO NORD, estremo limite settentrionale della Norvegia, è l'arcipelago abitato(segnato in rosso sulla cartina della calotta polare) situato più a nord del mondo.
La capitale, LONGYEARBYEN, è abitata da norvegesi; 2 villaggi Pyramiden e Barensburg, centri minerari, sono abitati da russi. In tutto l'arcipelago ci sono circa 4000 abitanti (1300 norvegesi e 2600 russi). Un funzionario "sysselmann", nominato del Re di Norvegia, amministra l'arcipelago. Ha gli stessi poteri di un prefetto ed è anche capo della Polizia.
Gli annali olandesi del 12° secolo citano, per la prima volta nella storia, queste terre, battezzandole Svalbard (il cui significato è "Costa fredda").
Solo nel 1596 furono scoperte ufficialmente e nominate Spitsbergen (per la forma appuntita delle loro montagne), dal navigatore olandese Barents, che diede il suo nome anche al mare che le circonda. Nei secoli successivi l'arcipelago fu meta dei cacciatori di balene e di foche.
I "Trappers", cacciatori di pellicce, catturavano orsi e volpi, con l'ausilio di trappole. Nella prima metà del 20° secolo vennero scoperti ricchi giacimenti di carbone e la regione divenne anche oggetto di studio da parte di scienziati ed esploratori, Nansen, Amundsen, Nobile ed altri, interessati alla scoperta del Polo Nord. Erano terre ambite dai russi e da altre nazioni.
Nel 1920, con il Trattato di Parigi, le isole vennero assegnate alla Norvegia, che si impegnò a smilitarizzarle ed a permettere lo sfruttamento minerario anche ad altre Nazioni (fra le quali l'Italia). I Russi furono i primi a sfruttare le miniere di carbone a Barentsburg e Pyramiden, quest'ultima ora abbandonata.

Secondo i norvegesi, nelle Svalbard vivono 340 tipi di piante, che non superano i 40 cm. in altezza, trattandosi per la maggior parte di specie di fiori o licheni, che vegetano pochissimi mesi all'anno. Per ciò che riguarda la fauna, sono presenti molte specie avicole marine oltre a orsi bianchi e volpi, leoni marini e foche, che vengono regolarmente cacciate nel periodo di tempo nel quale la caccia è permessa. Sono presenti anche balene.

Riprendendo la storia della mia missione, il giorno seguente partimmo per Tromsoe. L'aereo, durante il volo, fece una piccola deviazione, poco prima della città di Trondheim, per passare sopra un fiordo nel quale giace affondata, da attacchi combinati di aerei e sottomarini inglesi nella 2^ guerra mondiale, la famosa corazzata tedesca "Tirplitz", molto ben visibile dall'alto. Il mattino successivo, un mio collega locale mi accompagnò nei negozi specializzati, per acquistare indumenti adatti al clima delle Svalbard.
Durante il periodo estivo, negli anni 70, l'arcipelago poteva esser raggiunto solo via mare, poiché il permafrost, terreno permanentemente ghiacciato, tende a sgelare nella parte più superficiale, diventando una melma che non permette atterraggi. D'inverno, era possibile arrivarci solo con aerei specialmente adattati per atterrare su terreni ghiacciati. Così, inaspettatamente, in mattinata ci imbarcammo su una nave da crociera norvegese, che durante l'estate faceva delle crociere, a date fisse, da Le Havre, sul Canale della Manica, alle Svalbard, facendo tappa nelle principali citta costiere della Norvegia. Per noi erano state riservate due cabine per il viaggio da Tromsoe alle Svalbard, andata e ritorno.

svalbard polo nordPer noi fu una magnifica sorpresa. La nave era piena di bella gente. Con noi, a Tromsoe, si erano imbarcati due ministri del governo norvegese (miniere e agricoltura?), più un gruppo di studenti norvegesi all'ultimo anno delle superiori, per un viaggio di studio. La prima cosa sorprendente fu vedere i norvegesi mettersi subito in fila davanti ad un baracchino chiuso. Appena superato il limite delle acque territoriali, si aprirono i battenti del baracchino e ci fu un vero assalto a vini, birre e liquori. La Norvegia, al tempo del mio viaggio, era a regime secco e le bevande alcooliche venivano distribuite con il contagocce. Per ogni fila di 10 persone che acquistavano alcolici, durante i periodi di vendita permessi, uno veniva sempre bloccato da un campanello che suonava (sempre in diverse posizioni di ogni fila di dieci persone) e doveva depositare sul banco la bottiglia che aveva scelto.
I nuovi imbarcati si distribuirono nella grande hall della nave, tutti seduti o sdraiati sul pavimento (ministri compresi). Era salito sulla nave anche un nostro geologo, destinato ad imbarcarsi in un battello che stava eseguendo un rilievo geologico, sul mare delle Svalbard, in contemporanea a quello geofisico. Saputo che era un geologo, gli studenti cominciarono a fargli domande, alle quali il nostro rispondeva sia in inglese che in francese.
Per circa 3 ore il geologo tenne la sua lezione, finché la nostra nave non attraccò ad Hammerfest, la città più settentrionale d'Europa. Al molo erano in attesa diversi pullman che imbarcarono tutti i passeggeri, noi compresi, diretti a CAPO NORD (vedi le foto: Hammerfest, quella con le renne è stata scattata nella zona più vicina a Capo nord), la punta estrema del continente europeo verso la calotta artica, abitata prevalentemente da lapponi.

svalbard polo nord2Queste foto sono state scattate, con il sole di mezzanotte, senza flash.
Ritornati a bordo, la nave proseguì il suo viaggio notturno verso l'Isola degli Orsi (Bjornoya), praticamente disabitata, situata a meta strada fra Norvegia e Longyearbien (Capitale delle Svalbard).
Superata Bjornoya (vedi foto nebbiosa) e un'altra piccola isola vicino alla costa, verso le due del pomeriggio arrivammo in vista del porto di Barentsburg, zona russa nella grande isola di Spitsbergen. In quest'area esistono notevoli giacimenti di ottimo carbone. In una delle due foto di può vedere, con una lente, una gigantografia di LENIN, su fondo rosso, dipinta su una parete di una delle case. Il muro di Berlino era ancora lontano dal cadere. Superata l'area russa, che era ubicata all'inizio del fiordo Isfjorden, alle 16 entrammo nel porto di Longyearbien e sbarcammo.

A questo punto ho pensato di inserire un flash, secondo me interessante, di storia italiana di 80 anni fa. Dall' altra parte del fiordo, quasi di fronte a Longyearbien, negli anni 20, funzionava una base italiana, dalla quale, il 22 maggio l928 partì, in direzione Polo Nord, il dirigibile Italia, guidato dal gen. Nobile. che, nel 1926, aveva già sorvolato il Polo Nord, guidando il dirigibile Norge, in compagnia del celebre esploratore norvegese Amundsen. Il dirigibile Italia trasportava, in totale, un gruppo di 16 italiani, che comprendeva motoristi, radiotelegrafisti, ecc. più un certo numero di persone che dovevano fare rilevamenti scientifici. Il polo Nord fu felicemente raggiunto il 23 maggio l928. Il giorno successivo, 24 maggio 1928, durante il viaggio di ritorno il dirigile ebbe dei problemi e precipitò sulla banchisa polare. Solo 9 partecipanti al volo, compreso il gen. Nobile, riuscirono a salvarsi dall'incidente. Si sistemarono in una tenda rossa, al riparo dei rottami del mezzo aereo. Dopo parecchi giorni di tentativi, riuscirono a rimettere in funzione un radio trasmittente. Il primo segnale radio venne captato il 3 giugno 1928, da un radioamatore russo di Arcangelo, che inizialmente non fu creduto. Solo il 17 giugno un ricognitore aereo sorvolò la tenda ed il 2O giugno un aereo paracadutò dei viveri sulla banchisa. Il 23 giugno un piccolo aereo militare svedese, attrezzato con gli sci, guidato dal sottotenente Einar Paul Lundborg, riuscì ad atterrare sui ghiacci. Caricò il generale Nobile(che non voleva partire e fu obbligato dai suoi a salire sull'aereo) e lo riportò alla base. Lo stesso Lundborg ritornò indietro per recuperare qualche altro superstite, Purtroppo nell'atterraggio l'aereo si fracassò ed egli rimase bloccato con gli altri. Anche Amundsen fece un tentativo di salvataggio con un aereo, sul quale c'erano dei soccorritori, ma il tentativo fallì e di questo gruppo non si seppe più nulla. Il 6 luglio il s.tenente Lundborg venne salvato con un aereo guidato da un suo collega svedese. L'undici luglio il rompighiaccio russo Krassim, raccolse 2 membri della spedizione italiana, che erano partiti dalla tenda, per tentare di arrivare a piedi alla Base italiana. Finalmente, il 12 Luglio 1928, lo stesso rompighiaccio russo riuscì a recuperare i rimanenti membri del Gruppo ed i rottami del dirigibile. L'odissea del dirigibile Italia era durata 50 giorni.

nave polo nordLa capitale delle Svalbard era, nel 1971, una cittadina con circa un migliaio di abitanti. Dal porto, in quegli anni, ci si arrivava percorrendo a piedi una strada, lungo la quale, un tubo d'acciaio, del diametro di oltre 40 cm., sistemato su bassi supporti. portava acqua calda da una centrale a carbone, alle abitazioni, che erano tutte mignon. C'erano le poste, la banca, l'ospedale, quanto occorreva per gli sport ed un piccolo aeroporto per gli elicotteri.

Sul lungo tubo, rivestito di materiale isolante, in caso di freddo, i passanti potevano sedersi per riscaldarsi. La zona occidentale delle isole Svalbard è raggiunta dalla corrente del golfo e quindi la temperatura non raggiunge quasi mai le punte estreme, che sono presenti invece nella loro parte orientale.
Per prima cosa andammo direttamente all'Ufficio del Sysselmann, per una questione di cortesia, ma lui era assente. Sua figlia svolse comunque degnamente i suoi doveri di ospitalità. In quella stagione, il sole di mezzanotte non tramontava mai, ed i negozi aprivano a mezzanotte, non ho mai capito il perché. La notte la passammo in un albergo anche lui mignon. Il mattino seguente un elicottero sbarcò il nostro gruppo sulla costa occidentale dello Storfjorden, vicino alla zona dove la nave Harmoni era momentaneamente ancorata, sulla quale fummo trasportati con una barca. La nave o meglio il rompighiaccio stava eseguendo rilievi sismici per valutare le eventuali potenzialità petrolifere nello Storfjorden. La temperatura in questa zona era già parecchio più rigida di quella di Longyearbien e spesso nevicava.
Le placche di ghiaccio galleggianti erano già presenti e s'infittivano sempre di più, man mano che la nave si allontanava dalla costa occidentale e si avvicinava a quella orientale del Fiordo.

Mi informai subito su quali erano i problemi che s'erano venuti a creare sul lavoro. Venni a sapere che erano legati più che altro al fatto che, non essendo il capo missione mai stato a bordo di una nave sismica, non conosceva quasi nulla su come si operasse la ricerca in mare. Gli addetti ai rilievi sismici, lavoravano senza sosta in turni di otto ore. Era chiaro che chi aveva finito il proprio turno, poteva fare quello che più desiderava per le rimanenti 16 ore della sua giornata. Otto ore erano riservate al sonno, per le altre 8, poteva stare all'aperto, leggere, scrivere a casa e fare del footing. In altre parole poteva fare ciò che desiderava. Tutto questo non era gradito al capo missione, che, ingiustamente, accusava coloro che erano sulla tolda, perchè non impegnati sul lavoro, di essere dei fannulloni. Per di più, si era creato fra l'equipaggio della nave ed il nostro rappresentante, un clima di tensione, a causa di quanto di seguito descritto. Questa nave, non essendo una nave specifica per i lavori sismici, aveva solo due cabine, una per il comandante e l'altra per il suo vice, come previsto dal codice marinaro.

I marinai dormivano invece sotto coperta, dove esisteva qualche letto un più per gli eventuali ospiti. Quindi il capo missione avrebbe dovuto anche lui dormire sotto coperta, come facevano tutti gli altri operatori sismici a bordo. Egli non volle accettare questo diktat e alla fine costrinse il secondo comandante della nave (l'unico che aveva una cabina a disposizione in coperta) a lasciargli il suo alloggio. Il capitano, suo malgrado, aveva dovuto cedere per non perdere il contratto, ma il suo vice, convinto di essere stato in un certo senso declassato, decise di farla pagare all'intruso. Appena questo entrava nella cabina, un paio di marinai, muniti di grossi martelli, quelli a punte multiple che servivano per scrostare la pittura esterna sulle navi, cominciavano a picchiare sulla lamiera della martellare la cabina, facendo un rumore infernale, L'occupante quindi non poteva dormire ed era costretto a stare all'aperto. A nulla gli serviva andare a lamentarsi con il comandante, perché questi affermava di non avere autorità in materia. Il contratto del suo secondo prevedeva la gestione dell'equipaggio e quindi egli poteva farlo lavorare come meglio credeva.

Io ero stato inviato a controllare se, dal punto di vista geofisico la squadra contrattista fosse all'altezza della situazione. Per tutto il tempo passato sulla nave ho potuto appurare che il lavoro si svolgeva con la massima serietà e professionalità pur essendo in una zona difficile a causa della presenza di ghiacci. L'unico vero problema sulla nave era il cibo, preparato da norvegesi per marinai norvegesi che, dal mio punto di vista, era veramente immangiabile. Non si può immaginare la quantità di grasso che galleggiava sopra il loro cibo. La birra che ci bevono dietro riuscirà in parte a farlo assorbire. Io ero abituato ad adattarmi, visto che il mio lavoro mi portava continuamente in zone nuove, con abitudine culinarie sempre diverse le une dalle altre, ma in questo caso non c'era verso.. Per fortuna il personale della squadra contrattista si era premunita e qualche volta, dopo la mezzanotte, era possibile mangiare un buon piatto di spaghetti. Anche il dormire nella stiva non era troppo simpatico. Dormendo nella parte anteriore della nave, (la parte posteriore meno rumorosa era riservata all'equipaggio) mentre si avanzava tra i ghiacci, c'era un rumore fortissimo, causato dalla chiglia della nave, che si sollevava e poi ricadeva una volta fratturato il ghiaccio. Ho passato molte notti senza chiudere un occhio.

placca ghiaccioUna mattina sulla tolda, c'era più animazione del solito. Una nave che nei giorni precedenti avevo visto in lontananza, si stava avvicinando. I marinai si salutavano, poi dalla nave, senza che questa si fermasse, qualcuno lanciò un sacco di plastica nero, simile a quelli che ora usiamo in casa, che sembrava pieno, che cadde sulla nostra tolda. Un marinaio corse ad aprirlo. Era pieno di gamberetti caldi, una vera goduria in quel periodo di cattivo cibo. Proveniva da una nave, il cui capitano era amico del nostro, adibita a pesca di gamberetti che venivano puliti, cotti e messi in scatola, direttamente sulla nave. Un paio di giorni dopo attraversammo un tratto di mare, nel quale navigavano solo piccole placche di ghiaccio. Su una di queste si vedeva una macchia nera (vedi foto).

Un marinaio corse nella stiva e ritornò con un fucile. Prese la mira, sparò e la macchia nera fece un salto. La foca era stata centrata in pieno. La nave di avvicinò alla placca di ghiaccio, 2 marinai armati di coltello scesero e in meno di 2 minuti liberarono la foca dalla sua pelle, che venne pulita all'interno. Poi carne e pelle vennero caricate sulla nave ed i due ritornarono a bordo. Dai festeggiamenti serali, sembra che l'equipaggio abbia gradito molto quel pasto. In seguito trovammo altre foche che non furono uccise e zone di mare completamente ricoperte di ghiaccio e spesso nevicava. Il comandante era una persona simpatica e spesso , nei momenti di pausa della giornata, gli piaceva fare due chiacchiere con me. Mi chiamava spesso per farmi vedere qualche orso bianco vagante o per osservare il mare. che specialmente verso la zona sud dello Storfjorden, chiamata le mille isole, aveva un colore diverso, per la presenza poco sotto il pelo dell'acqua, di scogli molto pericolosi. Inoltre era un buon meteorologo e le sue previsioni erano sempre rispettate. Si lamentava spesso perché una gamba gli faceva male. Erano passati circa 20 giorni da quando avevo lasciato l'Italia. L'elicottero venne a prenderci per portarci a Longyearbien. Un paio di ore dopo ci imbarcammo per ritornare a casa. Il Capitano soffriva per un aneurisma ad una delle gambe. La nave della spedizione alle Svalbard, ritornò in cantiere a Tromsoe ai primi di ottobre, per essere sottoposta a lavori di ripristino, onde poter riprendere gli impieghi per cui era stata costruita. Il Capitano mori pochi giorni dopo la fine della missione. La notizia della sua morte mi rattristò molto, perché come dice il poeta: "Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io partecipo dell'umanità; perciò non domandar mai per chi suona la campana. Essa suona per te!"

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