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Canzoni dell'emigrante: dall'Italia verso un futuro migliore

L'emigrazione è stata, e ancora lo è anche se in toni ridotti, un grande fatto storico che gli italiani hanno vissuto spargendosi in terre lontane. Quanti hanno affrontato le onde del mare e le acque degli oceani con la speranza di un futuro migliore! E quante vite, purtroppo, sono state preda del mare.addio bacio pix foto jonesee

Nei film o in documentari si vede e si racconta della partenza, del viaggio, dell'arrivo; difficilmente si parla delle canzoni, eppure anche queste facevano parte della storia quotidiana dell'immigrato. Dopo una breve ricerca vi voglio riportare alcune di queste canzoni, tralasciando le più note, come ad esempio "Mamma mia dammi cento lire", e riportando, alcune strofe, di quelle meno conosciute ma non meno significative.

Questa canzone si riferisce all'immigrato che parte per l'America. Sono infatti molte le canzoni che hanno come tema proprio questa Terra. Si intitola:

VUOI TU VENIRE IN MERICA?

Vuoi tu venir Giulietta

vuoi tu venir con me

vuoi tu venir in Merica

a travagliar con me.

Mi sì che vegnaria

se 'l fus da chi a Milan,

ma per andar in Merica

l'è massa via lontan.

 

Un altra canzone piena di nostalgia per aver dovuto lasciare la propria terra e i propri affetti è quella che dice:

IO SON PARTITO

io son partito in una sera al chiar di luna

sperando di trovar lontan un po' di fortuna

e nel partir tutto dovrò lasciare

questo è il destin di chi vuole emigrare!

Lassù in mezzo al freddo, freddo gelato

pensando a tutte quelle cose che ho lasciato

ma nel mio cuor mi vien la nostalgia

di dover lasciar la bella patria mia.

 Questa invece è in dialetto triestino e vede un emigrante contento di partire poiché la sua città natale è avara nell'offrirgli la possibilità di una vita dignitosa. La canzone dice così:

DOMANI SE IMBARCHEMO

Domani se imbarchemo,

partimo per l'Australia:

ti vederà Rosàlia,

che là staremo ben!

E dopo sei mesi

gavemo la caseta

che a Trieste, benedeta,

no se la gav'ria mai.

Triestini, fe fagoto

che 'l batelo xe in partenza:

Trieste resta senza

de un vero triestin!

 

Un canto trevigiano raccontava queste parole:

 

ANDIAMO IN TRANSILVANIA

Andiamo in transilvania

a menar la carioleta

che l'Italia povereta

no' l'ha bezzi (soldi) da pagar.

 

Oppure quest'altra di origine friulana che vede l'emigrante partire per la terra germanica.

CHISSA' IL MIO AMORE DOV'E'

Chissà il mio amore dov'è, dove va,

è in Germania a fare scodelle,

a fare piatti, a fare mattoni,

è in Germania a lavorare.

 

Adesso veniamo in terra della Brianza lombarda dove si cantavano queste strofe:

CIAPA LA ROCCA E 'L FUS

(ovvero prendi la rocca e il fuso)

Ciappa la rocca e 'l fus

che andiamo in California

in California a tappare i buchi.

Quando avremo tappati i buchi,

i buchi in California,

lasciaremo la California

e torneremo con rocca e fuso.

 

Anche l'emigrante napoletano, per la verità più nostalgico, ha le sue canzoni dedicate alla partenza del suolo natio. Una delle più note è "Santa Lucia luntana", tuttavia vi propongo quest'altra che dice così:

 

Partono i bastimenti

per terre assai lontane.

Cantano a bordo: sono napoletani.

Cantano mentre il golfo già scompare

e la luna in mezzo al mare

un poco Napoli gli fa vedere.

Quanti ricordi, ahimè

quanti ricordi!

E il cuore non lo sani

nemmeno con le canzoni:

sente voci e suoni

si mette a piangere

che vuole tornare.

 

Facciamo un salto in Piemonte, e precisamente a Torino, con una canzone che dice:

CIAO TURIN

Ciao Turin... io vado via

vo lontano a lavorar

io non so che cosa sia

ma il mio cuor sento tremar.

Cao Turin che nostalgia,

che sia vero non mi par

cara bella città mia

il doverti salutar.

 

Queste parole invece raccontano la tragedia subito dalla nave "Sirio", partita da Genova per il Sud America ma, a causa di un urto contro uno scoglio, affondava portando con sè 350 emigranti. La canzone dice così:

E DA GENOVA IL SIRIO PARTIVA

Il 4 agosto alle cinque di sera

nessuno sapeva il suo rio destin,

urtò il Sirio un orribile scoglio,

di tanta gente la misera fin.

Ci fu pure un vapore stranier

che da lungi vide il Sirio perir,

con destrezza di ver marinaio

i naufraghi dell'acqua levar.

 

Molto ancora ci sarebbe da raccontare, ma lo spazio di un articolo è tiranno, quindi qui mi fermo, soddisfatto di aver riportato in auge parole di un momento speranzoso e triste dei tanti nostri emigranti.

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