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Amleto: la storia di come uno stato marcisce

un principe okQuesta è la storia di come uno stato marcisce”. Mette le cose in chiaro sin dalla prima scena Massimiliano Burini, regista e drammaturgo di Un principe, spettacolo della compagnia Occhisulmondo, visto ieri sera a Teatro Litta.

Lo spettacolo si ispira all’Amleto di William Shakespeare e ne segue fedelmente la storia, sintetizzandola al punto giusto. Non è dunque la trama a sorprendere lo spettatore, quanto la chiave di lettura. Presentata come una fiaba, introdotta dal classico “C’era una volta”, la messa in scena mantiene i canoni del racconto favolistico attraverso la rarefazione delle atmosfere e la stilizzazione dei personaggi, marionette senza fili e senza volti, nascosti da maschere bianche, dalle pose plastiche e i movimenti limitati. Interessante e particolarmente precisa la rappresentazione di Rosencrantz e Guildenstern come clown dai nasi e folte parrucche rosse dal momento che nell’opera questi due personaggi svolgono esattamente questa funzione.

Il focus centrale è posto sulla follia di Amleto, rappresentata da una corona di carta gialla che viene indossata e tolta all’occorrenza, suggerendo allo spettatore una connessione tra la follia distruttrice e il potere.

Che cos’è l’uomo più della bestia?” e “Perché viviamo?” sono le domande che Amleto pone. La risposta arriva poche scene dopo: a essere onesti, si rischia di morire di solitudine e il privilegio di essere la specie più evoluta non spetta agli esseri umani, bensì agli scarafaggi.

È accurato il lavoro di drammaturgia operato dallo stesso regista Massimiliano Burini che sintetizza il linguaggio shakespeariano introducendo pezzi di drammaturgia originale. Audace e particolarmente riuscita la decisione di non eseguire il famoso monologo “Essere o non essere”, lasciando cadere l’incipit nell’aria e dandone solo piccole suggestioni linguistiche in altre scene.

La regia rivela la stessa delicatezza, precisione e cura, basata sui dettagli: dalla disposizione delle figure in proscenio basata sulla scala gerarchica al momento della festa o alla caratterizzazione dei personaggi.

Bravissimi e precisissimi gli attori Daniele Aureli, Amedeo Carlo Capitanelli, Caterina Fiocchetti, Andriy Maslonkin, Greta Oldoni, Raffaele Ottolenghi, Matteo Svolacchia che con maestria danno vita a questi burattini senza anima con un lavoro fisico, a volte da mimi, davvero esplosivo. E un grande complimento va in questa sede anche a Francesco Marchetti “Skizzo” e a Elsa Carlani Cashmere per la realizzazione di costumi essenziali e astratti, giocati interamente sulle tonalità di rosso, bianco e nero che perfezionano ulteriormente il lavoro degli interpreti e che sotto le luci creano effettivi visivi particolari.

Il risultato è dunque un lavoro esteticamente e tecnicamente ineccepibile. Manca però complessivamente di slanci emozionali e variazioni di ritmo che aiuterebbero lo spettatore a meglio godere delle scene estremamente poetiche e sofisticate disposte all’interno dello spettacolo: dalla Terra che vola come un palloncino, al suicidio di Ofelia sulle note della “Ballata della ragazza annegata”, poesia di Bertolt Brecht cantata da Milva, e il suo successivo rappacificamento con il padre Polonio, fino al momento della recita in cui viene smascherato Claudio e del duello finale.

In scena fino a domenica 19 novembre.

Michela Giudici

Teatro Litta

Corso Magenta, 24 

Dal 15 al 19 novembre

Orari: dal mercoledì al sabato ore 20.30, domenica ore 16.30

Prezzi: intero 24 euro, ridotto under26 e convenzioni 16 euro, ridotto over65 10 euro e ridotto under12 10 euro

Per info e prenotazioni: 0286454545

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