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Raccoglitori di favole nella Lombardia ottocentesca

Alla fine dell’Ottocento, dopo l’unità d’Italia, furono moltissimi gli studiosi che si dedicarono alla ricerca delle fiabe e delle tradizioni delle regioni italiana, come il toscano Gheraldo Nerucci con le Settanta novelle montalesi, il siciliano Giuseppe Pitrè con Fiabe e leggende siciliane e il romano Domenico Comparetti con Novelline popolari italiane.

Anche la Lombardia, nel suo piccolo, ebbe alcuni ricercatori che, nel 1956, sarebbero serviti a Italo Calvino per le sue Fiabe italiane, edite da Einaudi.fiabe italiane foto milanofree ai

Il più famoso rimane quell’eccentrica figura di scrittore e studioso che fu Vittorio Imbriani, nato a Napoli, il 27 ottobre 1840, da Carlotta Poerio, sorella del poeta risorgimentale Alessandro Poerio, e Paolo Emilio Imbriani, che visse la sua adolescenza tra Nizza e Torino, accanto al padre in esilio.

Scrittore e grande studioso della Storia nazionale, Imbriani venne avviato agli studi sul Petrarca e sulla letteratura cavalleresca da Francesco De Sanctis, inoltre dal 1860 condusse studi di filosofia, convertendosi a un assolutismo monarchico reggente uno Stato etico.

Nel 1878 sposò a Milano Gigia Rosnati, figlia minore della sua ex amante e nel 1879 nacque il primogenito Paolo Emilio II, che morì due anni dopo, nel 1881, quando nacque la secondogenita Carlotta, destinata anch'essa a una morte precocissima.

Ma la vita di Imbriani ebbe una brusca svolta con la malattia contratta nel 1880, una dolorosissima tabe dorsale, che lo ridusse progressivamente a una paralisi completa, però continuò a pubblicare e collaborare a riviste anche negli ultimi anni di vita.

Nel 1884 gli fu assegnata la cattedra di letteratura italiana dell'Università di Napoli, ma essendo la malattia ormai in uno stadio troppo avanzato non poté tenere alcuna lezione.

Vittorio Imbriani morì nel 1886, ormai devastato dalla sua malattia.

Deluso dalla situazione in cui versava l'Italia post-unificazione, Imbriani, dal temperamento inflessibile e bizzoso, sfogò la sua frustrazione scrivendo poesie, saggi, racconti, e opere di vario genere, ma non interruppe mai le ricerche e gli approfondimenti sulla Storia d'Italia e sulla lingua italiana, come dimostra il suo studio su Giambattista Basile, l'autore dello straordinario Cunto de li Cunti (Pentamerone).

Attento studioso della letteratura popolare, lo scrittore raccolse e pubblicò a più riprese fiabe, canti e novelle di tradizione orale, come La novellaja fiorentina, del 1871, raccolta di circa 40 fiabe e novelle toscane tramandate oralmente, poi ripubblicata con l'integrazione de La novellaja milanese nel 1877, oltre a Canti popolari delle provincie meridionali pubblicati per i tipi di Loescher (1871-72) e i XII conti pomiglianesi, pubblicati a Napoli nel 1877.

Nella provincia di Bergamo alcune fiabe vennero raccolte da Antonio Tiraboschi (1838-1883) che si occupò del suo dialetto natale raccogliendo proverbi, canti, aneddoti.

Il suo lavoro più noto è il Vocabolario bergamasco, pubblicato nel 1862, molto apprezzato all'Esposizione Provinciale del 1873, tanto che vinse la medaglia d'oro. 

Come collaboratore della collana Canti e racconti del popolo italiano, curata da Domenico Comparetti Alessandro D'Ancona, nel 1879 Isaia Visentini (1843-1909), studioso di folklore e insegnante di ginnasio e liceo diede alle stampe Fiabe mantovane, un ricco repertorio di leggende e racconti della provincia di Mantova. 

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