Papà, questo sconosciuto
Si avvicina la festa del papà. Per il 19 marzo sono pronte varie iniziative, soprattutto commerciali, ma la figura attraversa una crisi innegabile partita dagli anni Settanta, quando il femminismo esplose e sfondando alcuni tabù ne creò molti altri.
Per sviscerarne alcuni e demolirne parecchi, incontriamo Paolo P., padre e sociologo di fama. Uno che non teme di remare contro la corrente del pensiero unico.
- Come siamo arrivati alla situazione attuale?
"Bisogna andare al Sessantotto. Quando la rivoluzione culturale, che stravolse i valori del mondo occidentale, nella sua ossessionante campagna per demolire ogni autorità prese di mira il ruolo del padre.
- C'è differenza fra autorità e autoritarismo?
"Il secondo, come tutti gli ismi, è la degenerazione della prima, indispensabile, questa, per il buon funzionamento di qualsiasi società".
- Il femminismo c'entra?
"Eccome. Nella sua smania di equiparare la donna all'uomo, ha intaccato profondamente anche la struttura famigliare, demolendo il compito del padre".
- Che sarebbe?
" Quello di custode della famiglia. Non di capo, che è una sciocchezza. Bensì di garante dell'ordine che nella cellula primaria dello Stato dovrebbe regnare".
- Concetto oggi scomparso.
"Appunto. E infatti i figli, privati di una bussola così importante, vagano senza riferimenti. Anzi, di riferimenti ne hanno fin troppi. Ma tutti sbagliati".
- Un'asserzione che cozza contro i miti oggi di moda.
"Il mito pretende di plasmare la realtà alla favola. Ma contro i fatti - dicevano i latini - nessun ragionamento vale. Al presente, sbiadita - se non distrutta - la figura del padre, vaghiamo nel relativismo. Che è un altro ismo, sinonimo di caos".
- Vagheggia, perciò, un ritorno al passato?
"Per nulla. Soltanto un rimpatrio nel semplice buon senso. Che non è il senso comune di una determinata epoca, ma il perimetro dove scoprire le regole del buon vivere".
- Che sarebbero?
"Ogni tessera del mosaico deve essere incastonata al posto giusto perché la scena pensata dall'autore abbia un senso. Altrimenti uscirebbe una rappresentazione della pazzia".
- Affermazione forte.
"Ma vera. Ha in mente i quadri astratti....
-...quelli che ognuno interpreta a piacere?
"Appunto. Finché si tratta di dipinti, lasciamo correre. Però il reale non è interpretabile. In estate le foglie sono verdi; e se affermiamo che sono gialle, beh, abbiamo un disturbo psichico".
- Applicando il concetto al compito del padre, cosa succede?
"Un disastro".
- Come rimediare?
"Mi pone una domanda da un milione di euro. Bisognerebbe dare avvio ad una conversione radicale del nostro modo di vivere. Piano piano, visto dove siamo arrivati. Tuttavia senza arretrare di un millimetro una volta iniziato il percorso".
- Cosa augura a tutti i padri in occasione della loro festa?
"Di riacquistare la loro dignità, perduta nel corso degli ultimi decenni. E se permette, avrei un suggerimento per i figli. Chiamate papà, babbo, il vostro genitore. Non è un cambio di parola. Si tratta di una mutazione semantica. E smettetela di considerarlo come un amico. A voi servono delle guide. Per approdare al porto almeno della serenità, visto che la felicità è quasi sempre una chimera".
Mentre mi congedo, Paolo viene accerchiato dai suoi tre figli. Vogliono abbracciarlo, coccolarlo. E lo tempestano di domande. Esigono delle risposte. Pretendono - si, pretendono - delle istruzioni per affrontare la vita. Istruzioni, mica opinioni. Di queste son pieni i manuali degli spostati.
Gaetano Tirloni