Dal rap degli anni '80 alla trap italiana: un viaggio tra linguaggi urbani e identità culturale
Avevo 14 anni quando scoprii, attraverso la trasmissione radiofonica condotta da Jovanotti, la musica rap americana.
RUN DMC, PUBLIC ENEMY, LL COOL J, BEASTIE BOYS hanno accompagnato la mia adolescenza.
E ora, con mio figlio Edoardo, quindicenne, si ascolta la trap.
A parte qualche uso di parole più colorite, qualche concetto diverso, non è che sia cambiata di molto.
La musica urbana ha attraversato un lungo percorso evolutivo, trasformandosi da potente strumento di protesta sociale a specchio dei sogni e delle contraddizioni della nuova generazione.
Il rap, nato nei ghetti americani negli anni ’70 e diffusosi negli anni ’80, ha cambiato volto nel tempo, dando origine a nuove espressioni come la trap.
In Italia, questo percorso ha portato alla nascita di una scena musicale che ha rivoluzionato il modo di raccontare la realtà: da Sfera Ebbasta a Tony Effe, fino ai nuovi nomi emergenti, il linguaggio del rap è diventato simbolo di identità giovanile.
Negli anni '80 e '90, il rap era prima di tutto uno strumento di denuncia. I rapper americani come Public Enemy e N.W.A. raccontavano la brutalità della polizia, la povertà e l’emarginazione delle periferie.
In Italia, gli Articolo 31, Frankie Hi-NRG o i 99 Posse usavano la musica per parlare di politica, disagio sociale e valori.
Il linguaggio era forte, ma puntava alla riflessione.
La parola era usata come arma culturale, con testi profondi, giochi di parole e una certa complessità stilistica.
Oggi, con l’avvento della trap, i contenuti sono cambiati.
Il focus non è più sulla denuncia, ma sull’esaltazione dell’individuo, sulla conquista del successo personale, sulla vita lussuosa e sulla ribellione stilizzata.
Sfera Ebbasta, ad esempio, racconta il suo passato difficile, ma anche il modo in cui è riuscito a cambiare vita grazie alla musica. Le sue canzoni parlano di vestiti firmati, auto di lusso e status sociale, usando un linguaggio semplice, diretto, ricco di slang e riferimenti culturali giovanili.
Tony Effe, con la Dark Polo Gang, rappresenta invece una rottura ancora più netta con il passato.
I suoi testi non cercano di essere impegnati o profondi, ma puntano su uno stile provocatorio, ironico, quasi teatrale.
È il trionfo dell’estetica sopra l’etica, della forma sopra il contenuto, ma con una forte capacità comunicativa.
Il linguaggio è costruito per attrarre, colpire, diventare virale.
Nel passato, il linguaggio del rap era spesso complesso, con riferimenti colti o politici.
Nel presente, è più visivo, immediato, adatto a un pubblico social e veloce.
Ma entrambi – pur in modi diversi – raccontano una realtà.
Se ieri il rap era la voce del disagio collettivo, oggi la trap è la voce del successo individuale.
È cambiato il messaggio, ma non l'urgenza di comunicare qualcosa.
Il confronto tra il rap degli anni '80-'90 e la trap di oggi ci mostra come cambia la società attraverso il linguaggio musicale.
Da una cultura della protesta a una cultura dell’affermazione personale, il linguaggio si è trasformato, adattandosi ai nuovi codici giovanili.
Se Sfera Ebbasta e Tony Effe oggi parlano di lusso e libertà, è perché rappresentano una nuova generazione che vuole farsi sentire in modo diverso, ma con la stessa potenza comunicativa dei pionieri del rap.
Capire queste differenze non significa giudicare, ma riconoscere come la musica continua a essere uno specchio fedele del mondo che cambia.
Dalla saggezza antica ai beat moderni: la trap e la filosofia greca a confronto
Nel corso della storia, l’essere umano ha sempre cercato modi per esprimere il proprio pensiero, le proprie emozioni e i propri interrogativi sull’esistenza.
Due mondi apparentemente distanti, come quello della filosofia greca e quello della trap contemporanea, rappresentano due espressioni di questa esigenza: una raffinata e antica, l’altra cruda, diretta e profondamente legata alla realtà urbana.
Eppure, sebbene con linguaggi e strumenti differenti, entrambe parlano dell’uomo, della sua condizione e delle sue domande più profonde.
Questo saggio vuole esplorare i punti di contatto e le differenze tra la filosofia dei grandi pensatori dell’antichità e la musica trap di oggi, cercando di superare i pregiudizi e trovare una riflessione comune.
Linguaggi diversi, stesse domande
I filosofi greci come Socrate, Platone e Aristotele si interrogavano su concetti fondamentali come la giustizia, il bene, la felicità, l’identità dell’uomo.
Socrate, ad esempio, affermava: «Conosci te stesso», invitando ogni uomo a guardarsi dentro. Anche se con uno stile e una profondità molto diversi, i trapper di oggi pongono interrogativi simili. Nei testi di artisti come Lazza o Marracash, si parla di disagio esistenziale, della ricerca di un posto nel mondo, della solitudine, del successo come illusione.
Un verso emblematico di Sfera Ebbasta dice:
"Cercavo solo il mio posto nel mondo, cercavo me stesso, sembravo nascosto."
Una frase che richiama la stessa incertezza esistenziale affrontata dalla filosofia greca, pur in una forma molto più diretta e moderna.
Entrambi – pur lontanissimi – pongono al centro il tema della conoscenza di sé.
Il mito e il racconto personale
I filosofi greci usavano spesso il mito come strumento per spiegare concetti complessi. Platone, nel mito della caverna, racconta di uomini incatenati che vedono solo ombre e credono che quella sia la realtà. Solo uno riesce a uscire e scoprire la verità, ma quando torna a raccontarla, nessuno gli crede.
Allo stesso modo, nella trap, il racconto personale diventa mitico: il ragazzo di periferia che lotta per emergere è come un moderno Ulisse che attraversa ostacoli per trovare il proprio posto nel mondo.
"È la legge del più forte, non del più bravo."
Un’affermazione che denuncia un mondo ingiusto e competitivo, proprio come i sofisti greci mettevano in discussione la giustizia e l’ordine sociale.
Sfera Ebbasta canta:
“Sono tutti amici quando serve, un po’ meno amici se si perde, un po’ meno amici, un po’ più merde.”
Qui il successo viene descritto come un’arma a doppio taglio: ti libera economicamente ma ti isola socialmente.
Anche Platone ammoniva:
«Il denaro che corrompe l’anima allontana dalla verità.»
Per entrambi, l’apparente conquista del mondo esterno può causare una perdita interiore.
Verità e apparenza: Platone e la disillusione trap
Platone affermava che ciò che vediamo non è la vera realtà, ma solo una copia imperfetta delle idee. La vera conoscenza si raggiunge con la ragione, liberandosi dalle apparenze.
Nella trap, spesso l’apparenza – fatta di soldi, lusso e successo – viene mostrata per essere poi decostruita.
Sfera Ebbasta canta:
"Mi vogliono diverso ma ho giurato a tutti che sarei stato me stesso."
Un grido d’autenticità che richiama la ricerca platonica del vero essere.
Come Platone afferma nel Fedro:
«L’anima si cura con certi incantesimi: i discorsi belli e veri.»
E in un certo senso, la trap – quando è autentica – può essere vista come un “incantesimo” moderno, un modo per curare l’anima ferita, attraverso parole brutalmente sincere.
L’individualismo tra libertà e solitudine
Un tema forte nella filosofia greca è quello dell’autocontrollo e della ricerca della felicità interiore. Gli Stoici, come Seneca, insegnavano:
«La felicità non dipende da ciò che possiedi, ma da come reagisci a ciò che accade.»
Nella trap, invece, si esalta spesso un individualismo estremo.
Tony Effe, in Particolari sporchi, afferma:
“Sento un vuoto grande dentro, questo è il prezzo del successo. Dovrei sorridere di più, ma non ci riesco.”
Una frase che esprime perfettamente la solitudine del successo, l’isolamento dietro la maschera del personaggio.
Shiva dice in Ragazzi Miei:
“Il mio destino fra è il contrario di un cammino di pace.”
E Platone, nel Timeo, scrive:
«La parte migliore dell’anima è quella che ama la verità e riflette.»
Filosofia greca e trap sono due mondi che usano strumenti e linguaggi profondamente diversi, ma che a volte si ritrovano a riflettere sulle stesse domande fondamentali. Nonostante la distanza storica e culturale, entrambe cercano di dare un senso alla vita, di criticare la società, di esprimere il disagio e la ricerca di verità.
Come diceva Eraclito:
«Tutto scorre» (panta rei).
E Platone aggiungeva:
«La musica è una legge morale. Essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gioia e la vita a tutte le cose.»
Una frase che ci ricorda quanto anche la trap, pur con i suoi eccessi, sia parte di quel movimento umano che da sempre cerca di dare senso al dolore e forma alla realtà.
La trap non è filosofia in senso stretto, ma può essere letta come una forma contemporanea di pensiero, che nasce dal basso e parla a chi spesso non ha voce.
E forse proprio da questo dialogo tra antico e moderno possiamo imparare qualcosa di più sull’uomo e sulla sua eterna voglia di capire sé stesso.