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MARINA ABRAMOVIĆ torna nel 2023 in ricordo del suo grande amore Ulay

marina ulay“Ci siamo solo io e te. Ci sono solo i nostri occhi e il nostro sguardo. Questa è vera comunione”.

(Marina Abramović)

Si passa la vita a cercare l’anima gemella finché un bel giorno eccola lì, davanti a  noi. La riconosciamo subito. 

Gli occhi si specchiano negli occhi e ogni cosa acquista senso.  Sembra di conoscerci da sempre.

 La leggenda del filo rosso (’Unmei no akai ito’, ovvero il filo rosso del destino), una leggenda popolare cinese molta diffusa in Giappone, dice che le anime gemelle sono connesse tra loro da un filo rosso che è legato al mignolo della loro mano sinistra. Niente e nessuno può distruggere quel filo: le due persone saranno destinate a incontrarsi e a sposarsi, nonostante ostacoli o opposizioni. 

Nei secoli, filosofi, psicanalisti e credenze popolari hanno contribuito alla diffusione del concetto di anima gemella. 
Quando si parla di anima gemella ci si riferisce solitamente a due persone tra le quali è presente un’affinità tale, spirituale e sentimentale così profonda. Questa anima è quella da amare, alla quale si collega il concetto di vero amore. Le anime gemelle  hanno bisogno di stare insieme per stare bene, sono complementari come due metà di una stessa mela.

 Il concetto di anima gemella è contenuto anche all’interno del Simposio di Platone, nel quale viene esposto il mito degli androgini. Platone  racconta che un tempo non esistevano gli uomini e le donne, ma degli esseri ermafroditi, con 4 braccia, 4 gambe e 2 teste. Tali creature  erano diventate cattive  nei confronti delle divinità: per questo furono punite e separate da un fulmine. Nacquero così gli uomini e le donne: il motivo per il quale si va alla ricerca dell'altra metà consiste proprio nel desiderio di ricongiungersi alla parte andata persa.

 L'anima gemella, secondo Freud, è la persona che possiamo trovare solamente dopo che abbiamo conosciuto noi stessi: amiamo ciò che siamo, amiamo ciò che siamo stati, amiamo ciò che vorremmo essere.

Nel momento in cui abbiamo imparato ad amarci in modo totale saremo pronti ad incontrare il nostro altro nel mondo.

«Il fatto che fossimo nati lo stesso giorno era più di una coincidenza. Fin dall'inizio, respirammo la stessa aria; i nostri cuori battevano all'unisono. Ciascuno finiva le frasi dell'altro, sapendo esattamente che cosa aveva in mente, anche quando dormiva Quell'uomo era tutto ciò che volevo, e sapevo che lui provava lo stesso per me Ci sono coppie che, quando iniziano a convivere, comprano pentole e padelle. Ulay e io cominciammo a progettare di fare arte insieme». Queste le parole della grande artista Marina Abramović .

Lei la sua anima gemella l’aveva trovata nella persona dell’arista Ulay, il suo grande amore. 

Marina e Ulay, diminutivo di Frank Uwe Laysiepensi, si conobbero nel 1976, presso la Galleria d’arte Appel di Amsterdam, capirono subito di essere predestinati. Erano nati lo stesso giorno e tutte e due avevano rotto la pagina nell’agendina del loro foglio di nascita. 

Pensarono in grande: una performance alla  Biennale di Venezia, nello stesso anno, il 1976. Si chiamava “Relation in space”, ispirati al pendolo di Newton: loro chiusi in una stanza per un’ora completamente nudi, percorrendo traiettorie incrociate ora lente ora più veloci per lasciare allo spettatore il compito di capire che tipo di relazione li legasse, se nei rispettivi confronti provassero odio ( come due pendoli che si sbattevano l’uno contro l’altro), oppure amore e se ci fosse, in definitiva, una differenza tra questi due sentimenti. Racconta Marina nel libro "Attraversare i muri" : “Il testo che avevamo scritto per il catalogo diceva: ‘Due corpi passano uno vicino all’altro toccandosi. Man mano che aumenta la velocità si scontrano’”.

“Una mattina ero a letto e sentì aprire la serratura, era Nesa, mio marito, era stato così lontano da me e non mi vedeva da mesi, ignorando l’esistenza di Ulay. Dopo 8 mesi con il mio amore presi coraggio e raccontai la verità. Divorziammo, In un paese comunista era semplice, bastava andare dal notaio e firmare un paio di documenti. Nesa si rese conto che doveva lasciarmi andare per la mia strada e partì”. 

L’amore totalizzante che  li teneva incatenati l’uno all’altra era così immenso da non riuscire a contenerlo, volevano esprimerlo attraverso performance indimenticabili con, al centro, il corpo. 

“Il giorno del nostro compleanno , il 30 Novembre 1976, io compivo 30 anni e Ulay 33, facemmo una performance intitolata ?Talking about Similarity”, Ulay estrasse un grosso ago vi attaccò del filo e si cucì le labbra. Io dissi ai miei amici : fatemi delle domande e io vi risponderò come fossi Ulay”. 

Ormai i due erano una persona sola. 

Pochi mesi dopo i due artisti  tornano a esibirsi insieme a Bologna nell’ambito della performance Relation in time, 1976.  Immobili per 16 lunghe ore, capelli uniti dalla stessa treccia , schiena contro schiena.  Il pubblico aveva accesso alla stanza solo negli ultimi 60 minuti, trovandosi di fronte due persone che sembrano una, inseparabili.

L’anno successivo, nel 1977,  sono a Belgrado, città natale di Marina. Cominciano a vivere in un furgoncino,  lei non vede suo padre da dieci anni, ma Ulay la spinge a mettere da parte gli screzi passati e  cercarlo. IL risultato è felicità pura: ”Subito mandò qualcuno a preparare un maialino allo spiedo. Tutti i vicini accorsero a celebrare il mio arrivo, ci fu un banchetto e tanti brindisi...sembrava la scena di un film di Emir Kusturica, cupa e ironica, ma anche calorosa e piena d’amore”. Racconta Marina nel suo libro. 

E dello stesso anno la performance  Breathing in/Breathing out.  Bocca contro bocca per venti minuti consecutivi, vogliono condividere il respiro, ma, allo scadere del tempo, Marina e Ulay svengono poiché in debito di ossigeno, dimostrando quanto pericoloso sia perdere la propria indipendenza.

Intanto  il loro legame si rafforza,  i due amanti progettano di percorrere da due estremità opposte la Grande Muraglia Cinese, per incontrarsi nel centro e lì sposarsi. 

Arte e Amore si intrecciano e confondono. 

Di nuovo a Bologna, nello stesso anno, Marina Abramović e Ulay realizzano Imponderabilia , 1977, Nudi disposti uno  di fronte all’altra presso la porta d’ingresso della Galleria d’Arte Moderna della città. Il pubblico diviene protagonista scegliendo dove rivolgersi mentre passa in mezzo a loro , verso il sesso maschile o il sesso femminile? Ma la  performance non  viene capita, considerata oscena in Italia, per la nudità dei corpi, è interrotta con l’arrivo della Polizia. 

Avviene poi a Liegi , nel 1978,  la performance AAA-AAA, nella totale assenza di spettatori. Marina Abramović e Ulay urlano l’uno contro l’altra con l’obiettivo di emettere il verso più lungo e più forte. Vincerà lei, ma nel frattempo tra  i due inizierà una sorta di lotta o prevaricazione silenziosa e sfiancante.

All’inizio degli anni Ottanta i due artisti realizzano una nuova performance, Rest Energy, 1980:

Marina Abramović e Ulay devono, con i loro corpi, mantenere una posizione che permetta a entrambi di generare una tensione su un arco la cui freccia è puntata direttamente al cuore di lei, mentre un microfono riproduce i battiti cardiaci che aumentano di intensità e frequenza. Il tema è: la fiducia tra gli amanti. “Stavamo acquistando una specie di personalità fusionale. A volte ci chiamavamo ‘collla’ e insieme eravamo ‘supercolla’. Ulay disse che non avrebbe mai colpito il mio cuore , perché era anche il suo”. 

Nel 1980 Ulay e Marina vanno in Australia. Ecco le pagine del diario di Marina: “Quest’anno festeggeremo il nostro compleanno nel deserto, attorno a un fuoco, il compirò 34 anni e Ulay 37, non mi sono mai sentita tanto giovane. A viaggiare si rimane giovani, perché non si ha il tempo di invecchiare. Adesso ci sono più di 40 gradi, dormiamo sotto le stelle e ci sentiamo come i primi abitanti di questo pianeta”. Nel gran deserto australiano Ulay e Marina restano mesi e mesi vivendo la vita degli aborigeni. 

Tra il 1981 e il 1987 Marina Abramović e Ulay, una volta tornati,  si cimentano in più edizioni della performance Nightsea crossing conjunction, replicata di volta in volta in un setting diverso. Gli artisti si costringono a digiunare e a rimanere in silenzio per sette ore, ai lati opposti di un tavolo. L’obiettivo è quello di dimostrare come la mente, nonostante l’apparente assenza di sforzo fisico, sia in continuo movimento per mantenere l’equilibrio. Sul tavolo un boomerang laminato d’oro, le pepite trovate nel deserto e un serpente vivo chiamato Zen; il serpente simboleggiava la vita e il mito aborigeno della creazione, gli oggetto il tempo passato nell’outback. Ma durante la performance Ulay avverte dolori lancinanti,  la sua milza si gonfia e lui perde 11 kg. Marina continua da sola. E’ il primo distacco tra i due. E niente fu più come prima. 

E’ il 1988 , la performance è Lovers: The Great Wall Walk. Partendo dagli estremi opposti della Grande Muraglia Cinese, Marina Abramović e Ulay percorrono a piedi l’intera struttura andandosi incontro: un modo per prendere del tempo e capire se, nonostante tutto, superare la crisi potesse essere ancora possibile. Ricongiunti a metà monumento dopo 90 giorni di cammino, lui lascerà lei per sempre.

Ma questa non è certo  l’ultima occasione in cui i due artisti incantano il mondo.  

E’ il 14 marzo 2010. Marina Abramović inaugura al Moma di New York la performance The Artist is Present,  in cui ogni visitatore ha a disposizione un minuto per sedersi, in rigoroso silenzio, di fronte a lei,  entrando così a far parte dell’opera d’arte. Una delle persone che sceglie di partecipare all’insaputa della Abramović è proprio Ulay: la reazione di entrambi è da brivido: nei loro occhi si legge il loro profondo amore, che è resistito, al di là del tempo e dello spazio. Contravvenendo alle regole, lei allunga le braccia per prendergli le mani. Gliele stringe. Certi amori non finiscono mai. Anche se tormentano. L'importante è portarsi dentro.

“Uno finiva le frasi dell'altro, sapendo esattamente che cosa aveva in mente, anche quando dormiva”, racconta nel libro la Abramović .  Quando ci si lascia si abbandona una parte di sé. Si é una copia di quel che si è stati. Ma non importa. Aver incontrato l'amore é comunque “bello”. Perché almeno uno dei due continuerà ad avere l'altro, dentro. Per sempre.marina abra

E’ il 2019 quando,  diretti dal documentarista Kasper Bech Dyg, scelgono di mettersi ancora, per l’ultima volta, uno di fronte all’altra, il film No Predicted End, può essere considerato una sorta di “testamento congiunto” dei due artisti. Professione e relazione personale si intrecciano così nelle loro memorie, fra silenzi, promosse e commozione, dando vita a un’intensa narrazione che include video d’epoca e interviste di repertorio. “È stato fantastico, è stato difficile, è stato un inferno, è stato amore, è stato odio, è stato tutto. Ma non ho mai dimenticato quel momento al MoMA in cui ho infranto le mie regole e non infrango mai le mie regole, mai, mai, mai, ma tu non eri solo un visitatore , eri la mia vita”, spiega Marina, stringendo ancora una volta le mani di Ulay. L’anno dopo Ulay muore di cancro, è il  2020.

Avrebbe dovuto inaugurare proprio  a settembre 2020 la retrospettiva Marina Abramović (Belgrado, 1946) alla Royal Academy of Arts di Londra, la più grande mai organizzata nel Regno Unito. Annullata a causa della pandemia, adesso la mostra è stata riprogrammata: l’evento si terrà dal 23 settembre al 10 dicembre 2023, e sarà una ricognizione su cinquant’anni di vita e arte della celebre performer.

La mostra comprenderà opere che ripercorrono la carriera dell’artista, insieme a nuovi lavori concepiti appositamente per la Royal Academy. Marina riproporrà Imponderabilia, tra le più celebri performance di Abramović realizzate insieme all’ex compagno di vita e d’arte Ulay. Oltre a Imponderabilia, la mostra londinese celebrerà altre performance storiche di Abramović: tra tutte, Rhythm 0 (1974), in cui il pubblico era invitato a interagire liberamente con il corpo dell’artista immobile e inerme; e The Artist Is Present (2010), al Museum of Modern Art di New York, in cui la performer ha retto, in assoluto silenzio, lo sguardo di tantissime persone (compreso Ulay) che di volta in volta si sedevano di fronte a lei.

“Nel ricordare quegli anni, penso alla totale libertà che abbiamo avuto. Sono stati alcuni degli anni più felici della mia vita”, scrive l’Abramovic nel suo memoriale per Ulay.

A ricordarci che l’Amore grande è per sempre.

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