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La magia e il sogno di Marc Chagall in mostra a Palazzo Reale di Milano

Dal 17 settembre 2014 al 1 febbraio 2015, Milano ospita, dopo tanti anni, una retrospettiva dedicata a Marc Chagall, il grande pittore ebraico bielorusso a cui la Fondazione Mazzotta aveva dedicato una mostra negli anni '90.

chagall-mostra-palazzo-realeOra è Palazzo Reale a ospitare una grande esposizione dedicata a Chagall (1887 -1985). La mostra è suddivisa per aree cronologiche e tematiche. Si inizia con il periodo "figurativo", degli esordi, in cui il giovane Marc guarda ancora all'esperienza dell'Impressionismo ma anche alle nuove tendenze dell'Espressionismo tedesco e della Bruecke, con i suoi tratti violenti, evidenti già nella sua prima opera, Le petit palais, del 1908, eseguita a Parigi.

Proprio Parigi fu la città in cui il giovane Chagall scoprì l'Avanguardia: nella capitale francese, erano presenti, nei primi vent'anni del '900, l'eredità impressionista, ma anche Cubismo, Futurismo, Dadaismo e i primi segni del nascente Surrealismo. In questo ambiente così cosmopolita, Chagall cominciò a eseguire opere come paesaggi e piccoli ritratti, ancora figurativi ma già, nel taglio, vicini alle Avanguardie. Sono esposte alcune vedute di Parigi che testimoniano questo passaggio. 

Nel 1921 Chagall tornò nella sua città natale, Vitebsk, nei pressi del confine con la Lituania. Marc cominciò a elaborare quello stile che lo contraddistingue ancora oggi tra gli appassionati d'arte, una maniera (di maniera si tratta, visto che riprende, superandole, tutte le Avanguardie storiche) che diventa cifra stilistica unita a profondi valori morali, legati alla sua fervente fede ebraica, e a elementi frutto del sogno e della magia, provenienti sia dalla Bibbia che dalla cultura popolare yiddish.

Chagall è forse un Magnasco del '900, fervente e religioso ma nello stesso tempo critico nei confronti delle credenze e anche un po' anarchico e ribelle. Il suo fu anche un impegno politico, visto che collaborò per una decina d'anni con il Partito Comunista russo dopo la rivoluzione del 1917, che lo risvegliò dall'incubo della Grande Guerra. In mostra ci sono anche opere di questa fase, che descrivono la vita contadina e il mondo ebraico della sua Vitesbk oltre ad altre di più ampio respiro sociale.

Dopo aver lasciato l'impegno politico con l'ascesa di Stalin, Chagall tornò a Parigi, dove iniziò a dipingere i quadri che lo hanno reso famoso: vedute della sua città, soprattutto con le cupole della Cattedrale ortodossa, dalle cupole a cipolla dorate, su cui un uomo e una donna volano, come se stessero abbracciando l'intera volta celeste: in mostra compaiono numerose versioni del Volo su Vitebsk. In questa fase, Chagall ha anche il cuore dalla sua parte: ha sposato una donna, Bella, che è non solo moglie, ma anche musa ispiratrice: sono esposti vari suoi ritratti, che spaziano dalla decostruzione cubista della figura a un repentino ritorno all'ordine e all'impressionismo. Con Bella vive anni di intensa creatività, in cui mescola cifre stilistiche ebraiche, russe (molti sono i rimandi all'arte popolare delle icone e della spiritualità ortodossa) e occidentali: basti notare come, in alcuni ritratti degli anni '20-'30, Chagall riprenda figure come Rembrandt, Velazquez e Hals che, in quegli anni, ha modo di vedere da vicino a Parigi. 

In fondo, Chagall è sempre stato un bambino, spontaneo e naif, come provano le sue scene di Volo su Vitebsk, con coppie, asini e suonatori di violino nel cielo della terra natale, simbolo di un focolare ebraico spesso agognato. Nonostante ciò, le nubi sul suo futuro si stavano addensando: il crescere dell'antisemitismo in Europa lo ha angosciato, fino all'esplosione del nazismo in Germania nel 1933. Le minacce al popolo ebraico, le leggi razziali e, poi, la Shoah hanno avuto un effetto devastante sulla creatività di Chagall: in mostra, le sale dedicate al periodo della Seconda Guerra Mondiale sono tra le più drammatiche.

Si vedono scene con cadaveri accatastati, riprese di danze macabre e di mostri quasi ripresi da Bosch, uniti alla figura di un Cristo che Chagall vede come Salvatore del popolo ebraico, come il Messia arrivato in Terra per la redenzione dopo la sciagura dello sterminio. Non a caso, siamo di fronte a opere di straordinaria carica realistica, come il Cristo crocifisso che indossa il taled, il mantello rituale ebraico al posto del perizoma di tradizione cristiana, o la scena di un ghetto durante un rastrellamento, in cui compare, per la prima volta nella storia dell'arte, la svastica nazista come simbolo del male assoluto. Chagall dipinse queste opere d'arte negli Stati Uniti, dove scappò a causa della minaccia nazista su Parigi. Forse, di fronte a queste opere, tra i capolavori degli anni '40, si può veramente parlare di Chagall come pittore più sincretistico del Novecento.

Un altro evento disastroso per Chagall fu, nel 1947, la morte della sua Bella, che lo allontanò per un po' dalla tela. Tornato in Europa, in Costa Azzurra, dove rimase fino alla mortem ritornò bambino e si avvicinò all'astrattismo, pur mantenendo una parvenza figurativa legata ai colori caldi tipici della macchia mediterranea che lui stesso amava. In quest'ultima fase, scopriamo uno Chagall "panico", ovvero che si identifica con la Natura, in una sorta di locus amoenus in cui tutti, uomini, animali e piante, vivono pacificati. Fiori e animali sono sempre stati elementi costanti della sua produzione artistica, ma ora si caricano di un grande significato simbolico.

Stefano

Marc Chagall. Una retrospettiva

17 settembre 2014 - 1 febbraio 2015

Palazzo Reale di Milano
Piazza Duomo, 12 Mialno

Orari:
lunedì 14.30 - 19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30
giovedì e sabato 9.30 - 22.30
Biglietti:
euro 12,00 singolo intero
euro 10,00 singolo ridotto
euro 6,00 ridotto speciale - scuole
euro 10,00 ridotto gruppi
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