Il Purismo di Lorenzo Bartolini in Mostra alla Fondazione Rovati
Nata nel 2022, la Fondazione Luigi Rovati è un’oasi di cultura situata nel cuore di Milano, su Corso Venezia, proprio di fronte al Planetario e a pochi passi dal Museo di Storia naturale. Intitolata al medico, ricercatore e imprenditore Luigi Rovati (1928-2019), la Fondazione porta avanti un originale connubio di Storia, Arte, Archeologia e Scienza, ispirato agli ideali del suo fondatore.
La sede è un elegante palazzo ottocentesco al civico 52 di Corso Venezia, costruito nel 1871 per il Principe di Piombino. Dopo numerosi passaggi di proprietà, nel 1958 l’edificio fu acquistato da Giuseppina Rizzoli, che affidò agli architetti Ferdinando Reggiori e Filippo Perego il compito di ristrutturarlo. Reggiori intervenne sulla facciata interna, mentre Perego ridisegnò gli interni, creando un’armoniosa fusione tra elementi ottocenteschi e spazi contemporanei.
Quando il palazzo smise di essere una residenza privata, nel 2016 lo Studio Mario Cucinella avviò una riqualificazione che si concluse nel 2022, trasformando gli ambienti in un moderno spazio espositivo.
Un Dialogo Tra antico e contemporaneo
Uno degli aspetti più affascinanti della Fondazione Rovati è il continuo dialogo tra antico e contemporaneo, reso evidente soprattutto nel piano ipogeo. Qui, grazie alla progettazione innovativa di Cucinella, le forme architettoniche curvilinee accolgono preziosi reperti etruschi provenienti da tutto il Centro Italia. Questi pezzi, per lo più appartenenti a corredi funerari, comprendono urne, sculture e vasellame. In un sorprendente accostamento, opere di artisti del XX secolo come Lucio Fontana e Arturo Martini si integrano perfettamente con i reperti antichi, creando una sinergia unica tra epoche diverse.
Anche il piano nobile, che conserva le tracce della vecchia dimora nobiliare, continua questo dialogo. Qui si possono ammirare vasellame e affreschi etruschi accostati alle opere di artisti come Andy Warhol e Luigi Ontani. Questo percorso permette di osservare come arte e archeologia possano convivere e dialogare, regalando al visitatore un’esperienza immersiva e multidisciplinare.
Mostra di Lorenzo Bartolini: Il Volto e l’Allegoria
Proprio al piano nobile, è ospitata la mostra dedicata a Lorenzo Bartolini (1777-1850), scultore toscano che interpretò, meglio di ogni altro, il superamento del Neoclassicismo verso soluzioni aperte alle prime tendenze romantiche. Dal 25 settembre 2024 al 16 febbraio 2025, è possibile visitare questa piccola selezione di opere dello scultore, selezionate dal curatore Carlo Sisi. Bartolini, nativo di Savignano, frazione di Vaiano, sull’Appennino pratese, dopo un periodo di apprendistato a Firenze, nel 1799 partì per Parigi, dove ebbe modo di conoscere colui che sarebbe diventato una fonte d’ispirazione, ovvero il pittore Jean-Auguste Dominique Ingres. Grazie alle committenze napoleoniche, tornato nella sua amata Toscana, nel 1807 venne nominato direttore dell’Accademia di Carrara ed entrò nel circolo degli scultori ufficiali dei Bonaparte. Con la Restaurazione, Bartolini, sia a Carrara che a Firenze, trovò molta ostilità, sia per il suo passato legato a Napoleone che per la sua sempre maggiore avversione al Neoclassicismo. Ciò non gli impedì, però, di ottenere importanti commissioni, specie da parte dei Lorena di Toscana. Ricercato per la sua illustre fama di ritrattista sia per figure a mezzo busto che per grandiosi monumenti funerari, nel 1839 divenne professore di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, incarico a cui aveva ambito per tanti anni e, nel 1847, ricevette la richiesta di scolpire un busto di papa Pio IX a Roma. Bartolini morì nel 1850 a Firenze ed è sepolto, ancora oggi, nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze, accanto a Benvenuto Cellini.
Opere in Mostra: tra Purismo e Rinascimento
La mostra, attraverso pochi pezzi, ci illustra come la concezione stilistica di Bartolini fosse ancorata a un Purismo radicale che guardava al passato glorioso della Firenze medicea, in particolar modo al Rinascimento, piuttosto che al modello più in voga all’epoca, quello di Antonio Canova. Il suo modo di scolpire è un costante rifiuto del Neoclassicismo e dell’idealizzazione della figura ispirata alla statuaria monumentale ellenistica e romana, ed è un sempre più progressivo riprendere le forme del passato calandole, però, nel presente: Bartolini è uomo del suo tempo, vive i fatti storici, politici e culturali a cavallo tra epoca napoleonica e Resturazione, ma interpretandoli con una sua sensibilità, che, specie nelle opere post-1814, formalmente, guardano ancora al passato ma si trovano perfettamente a loro agio nell’epoca in cui lo scultore vive, tanto da apparire, all’epoca, molto attuali. Per Bartolini, il Bello è relativo, non ideale (come era per Canova) e, per questo, la sua scultura si sofferma sulle intime riflessioni psicologiche dei soggetti ritratti, con uno stile che, indubbiamente, guarda più a figure come Ghiberti, Donatello, Cellini, ma anche Desiderio da Settignano. Per lo scultore, il dettaglio è fondamentale, come provato dalla resa delle acconciature femminili, rese alla perfezione, quasi “fotografica” nelle ciocche cadenti oppure negli chignon e nelle trecce in cui il lavoro sul marmo assume la forma di ricerca fisica nella materia.
Lorenzo Bartolini, Busto muliebre, Marmo, Fine della seconda decade del XIX secolo, Galleria Antiquaria Marletta, Firenze ©Guido Cozzi per Galleria Antiquaria Marletta
Punto di partenza è una delle opere più conosciute di Bartolini, La Carità educatrice. La versione in mostra è del 1846, ma la prima commissione è da far risalire al 1817, quando il Granduca di Toscana Ferdinando III la richiese per la cappella della sua villa a Poggio Imperiale, sulle colline sopra Firenze. L’opera risultava compiuta nel 1835 e, con il successore, Leopoldo II, trovò la definitiva collocazione a Palazzo Pitti, come provato dal piccolo dipinto in mostra che la raffigura al centro della sala in cui si trova, nella celebre dimora fiorentina. Il gruppo scultoreo, situato su un basamento a tronco di colonna, su cui sono scolpiti stemmi araldici, è notevole per la grazia del soggetto, ispirato sia al Quattrocento che alla Pittura di Raffaello, ma anche per il connubio tra il soggetto religioso della Carità cristiana, rappresentato dal piccolo che la donna tiene in braccio, e l’intento morale, rivolto all’educazione dei fanciulli, evidente nel dito della donna che indica il libro aperto al bambino che, con posa svogliata e indolente, sembra volerlo chiudere. Quest’ultimo particolare, a riprova del titolo della mostra, Il Volto e l’Allegoria, testimonia anche un’allusione alla filantropia dei Lorena nei confronti del popolo toscano. La perfezione formale, anche qui, è evidente nella ciocca di capelli che cade sulla nuca destra della figura femminile, quasi a segnare quel marchio di fabbrica dello scultore che si ripete in quei busti femminili esposti in mostra, che sono disposti quasi in dialogo tra di loro, come se si trovassero a un pranzo conviviale. Anche in questi, la perfezione formale si ripete, sia nelle acconciature che nei volti, a volte veri e propri omaggi al Rinascimento toscano.
A conclusione della mostra, si trovano tre gessi, bozzetti che Bartolini usò come opere preparatorie per sculture in marmo di maggiori dimensioni e che testimoniano la sua estrema precisione formale ma anche il lavorio di puntellatura per studiare il minimo dettaglio, che costituisce uno dei punti di forza della sua opera.
Informazioni Utili 📅
Titolo: Lorenzo Bartolini. Il volto e l’allegoria
Dove: Fondazione Luigi Rovati, Corso Venezia 52, Milano
Orari: Mercoledì-Domenica, 10:00-20:00
Biglietti: €16,00 (intero), €12,00 (ridotto)
Info: fondazioneluigirovati.org