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Chen Zhen. Short-circuits da Pirelli HangarBicocca

A partire dal 15 ottobre 2020 e fino al 21 febbraio 2021, gli spazi di Pirelli HangarBicocca ospitano la mostra “Short-circuits”, dedicata a Chen Zhen con la curatela di Vicente Todolí.

chen zhen short circuits mostra settembre pirelli hangar bicoccaAttraverso le sue opere, l’artista ha saputo superare il divario tra l’espressività orientale e quella occidentale, con lavori connotati da grande potenza visiva che raccontano e hanno anticipato la complessità socio-politica del mondo di oggi attraverso tematiche come la globalizzazione, il consumismo e il loro rapporto con la tradizione.

La mostra propone al pubblico, ben oltre 20 installazioni su larga scala realizzate da Chen Zhen negli ultimi dieci anni della sua carriera.

Short-circuits è un percorso espositivo attraverso opere estremamente rilevanti per e dell’artista, che rappresentano l’interdipendenza tra spirituale e materiale e mantengono al tempo stesso aperta la riflessione sull’azione purificatoria dell’arte e sui processi metaforici di malattia e guarigione.

Chen Zhen 

L’artista sviluppa la sua pratica dagli anni Settanta. Nato e cresciuto a Shanghai, in Cina, attraversa la Rivoluzione Culturale nella sua adolescenza, poi a partire da 1986 si trasferisce a Parigi, dove morirà nel 2000.

La sua arte parte da un orientamento iniziale verso la pittura per poi giungere alle installazioni. Queste caratterizzate dall’accostamento di oggetti quotidiani tra cui letti, sedie, tavoli, assemblati in composizioni che li privano della loro funzione originaria per entrare all’interno di una dimensione metaforica.

La produzione artistica di Chen Zhen riflette il desiderio dell’artista di trovare una sintesi visiva che integra le caratteristiche estetiche del suo Paese di origine con quelle dei luoghi con cui entra in contatto. Uno scambio costante tra pensiero orientale e quello occidentale. ed è da qui che diventa importante il concetto di transesperienze: termine che conia per sintetizzare tutto quell’insieme di esperienze vissute quando si lascia la terra dove si è nati e ci si sposta da un luogo all’altro.

Le vicende personali si aggiungono e segnano la sua evoluzione artistica: a 25 anni gli viene diagnosticata una forma di anemia emolitica. Questo va a influire sulla sua percezione del tempo e dello spazio e che lo porta a riflettere sulla tematica della malattia. Ne emerge una nuova sensibilità verso il corpo umano e sugli elementi che lo compongono, aprendosi a una riflessione sull’azione curativa e purificatoria dell’arte e sui processi di malattia e guarigione metaforici.

La mostra Short-circuits

Short-circuits è concepita come un’esplorazione immersiva nella complessa ricerca artistica di Chen Zhen. Il titolo prende spunto dal metodo sviluppato dall’artista, definito appunto il “fenomeno del cortocircuito”. l’opera, spostata dal suo contesto originale svela un nuovo significato giungendo a un processo che conduce l’artista a riflettere sul tema di contaminazione simbolica e culturale in quanto modalità di creazione artistica.

Il percorso espositivo parte da uno delle sue installazioni più rilevanti Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song), (2000). L’opera si compone di numerosi letti e sedie provenienti da diverse parti del mondo e ricoperti di pelli di vacca.

L’opera è tra le poche ad avere una connotazione performativa: in alcune occasioni può vedere l’aggiunta di danzatori che usano i movimenti del corpo come strumento meditativo e le cui percussioni richiamano i massaggi della medicina tradizionale cinese. L’utilizzo di elementi parte di contesti diversi caratterizza anche Round Table (1995): qui 29 sedie sono fissate nella superficie di un tavolo rotondo: da un lato questi oggetti sono simbolo di potere dall’altro rappresentano un invito all’unione  e all’armonia.

Altro tema centrale al lavoro di Chen Zhen è la trasformazione della Cina in una società consumistica e capitalista, rappresentata in questo contesto dall’installazione Fu Dao / Fu Dao, Upside-down Buddah / Arrival at  Good Fortune (1997). Il titolo dell’opera si ispira agli ideogrammi cinesi che indicano “buona fortuna”/”arrivo della fortuna”, un’indicazione che solitamente viene appesa alla rovescia nei luoghi pubblici e che è omofona dell’espressione “Budda capovolto”. Qui Chen Zhen approfondisce le riflessioni sull'uomo, la società e la natura, vista sempre più lontana dallo spirito del Buddismo. L’opera si compone di televisori, ventilatori, parti di carrozzeria, oggetti trovati e statuette del Budda capovolte, sospesi su una struttura rivestita di rami di bambù. L’artista riflette sui cortocircuiti prodotti dalla proliferazione dei beni di consumo di massa sulla società del suo Paese di origine. Il rapporto con la Cina e la sua modernizzazione sono il punto di partenza anche dell’opera Daily Incantations (1996), realizzata dopo un viaggio di ritorno nella sua città d’origine, dopo diversi anni trascorsi in Occidente, e di Prayer Wheel - Money Makes the Mare Go (Chinese Slang) (1997). La prima installazione è costituita da 101 orinali disposti a semicerchio e fissati ad un impianto in legno, ispirata dall’osservazione dell’artista di alcune donne intente di mattina a lavare dei vasi da notte vicino a un prestigioso hotel di Shanghai. La seconda è un ambiente immersivo al cui interno vi è una ruota di preghiera rivestita da antichi abachi cinesi e calcolatrici, ispirata da un viaggio in Tibet.

Si giunge a Le Rite suspendu / mouillé del 1991, che segna l’abbandono della pittura e alla pratica installativa. L’opera rappresenta un autoritratto, un’autocritica e un’autoriflessione. Significativa invece per la relazione tra elemento naturale e manufatto industriale, è Éruption future, realizzata nel 1992 e presentata per la prima volta a Milano.

La mostra, infine, presenta anche i lavori che indagano i concetti di malattia e guarigione, fisica e spirituale come Purification Room (2000), un ambiente domestico dall’aspetto apocalittico con mobili, pareti e oggetti coperti da uno strato di argilla: questa da un lato sembra annullare ogni spinta vitale e di crescita, dall’altro evidenzia gli elementi più essenziali e intimi della vita stessa. Infine Short-circuits si chiude con Jardin-Lavoir (2000): 11 letti, trasformati in vasche di acqua, ospitano oggetti quotidiani. Il tutto è sormontato da un sistema idraulico da cui sgorgano flussi di acqua: questa installazione evoca una sorta di “giardino di purificazione” in cui meditare e raccogliersi.

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